Cli-fi, ossia climate fiction (per
assonanza con sci-fi): è un
sottogenere della fantascienza dedicato
ai tentativi di sopravvivenza
delle società umane su un pianeta
le cui condizioni ambientali sono
state gravemente compromesse
dai cambiamenti climatici. Il filone,
che conta pietre miliari come la
trilogia MaddAddam di Margaret
Atwood e le opere pionieristiche di
James Ballard degli anni ‘60, intreccia
avventura catastrofista, speculazione
scientifica e analisi sociale.
Il poderoso romanzo di Markley,
che descrive il collasso ecologico
e sociale degli Stati Uniti dal 2013
alla fine degli anni ‘30, si colloca in
questa tradizione, ma con un taglio
realistico che concentra tutta
l’attenzione sul modo in cui una
società democratica può affrontare
una serie di sconvolgimenti
ambientali che portano al limite di
rottura la tenuta delle istituzioni.
Nell’arco di un quarto di secolo,
la narrazione segue le vite parallele
e intrecciate di personaggi quanto
più possibile diversi tra loro: Anthony
Pietrus, scienziato del clima
catapultato nella politica; Kate
Morris, leader di un movimento
ambientalista radicale deciso a
causare un terremoto nel sistema
politico statunitense; il suo partner,
Matt Stanton, che rappresenta
l’anima introspettiva del romanzo;
Ashir al-Hassan, geniale matematico
in lotta con la propria neurodivergenza;
Keeper, un emarginato
destinato al ruolo di chi subisce gli
eventi senza possibilità di esserne
protagonista; Shane Acosta,
una donna ispanica che invece
ha deciso di prendersi un ruolo
nella storia formando un gruppo
dedito al sabotaggio delle infrastrutture
dell’industria petrolifera;
Jackie Shipman, figlia del Midwest
proletario, la cui carriera straordinaria
al servizio del settore petrolifero
non la metterà al riparo dalla catastrofe; il reverendo Andrade,
infine, un pastore protestante che
rischia la vita per contrapporre la
radicalità evangelica al fanatismo
dei gruppi paramilitari nazionalisti
e pseudocristiani. Ciò che accomuna
personaggi così diversi è
l’essere, ciascuno a modo proprio,
figure tragiche nel senso originario
del termine, cioè vite esposte
a un destino soverchiante,
in lotta per
sopravvivere ma
soprattutto per
trovare e lasciare
agli altri il senso
di quella lotta
contro l’impossibile.
Il tutto
intercalato da
articoli di giornale,
interviste,
rapporti sullo stato
del clima e minute di
riunioni politiche.
Markley, già noto in Italia per
il romanzo Ohio (Einaudi 2020),
anch’esso racconto di vite parallele
sullo sfondo della recente
storia del suo Paese, con Diluvio
coltiva l’obiettivo ambizioso di
tracciare un grandioso affresco
della società statunitense di
fronte ai cambiamenti climatici,
con le sfide etiche e politiche,
le derive ideologiche, i rigurgiti
del fondamentalismo religioso
e del suprematismo bianco. Nel
romanzo c’è molto, forse troppo.
Non mancano ripetizioni, banalità
e cadute di stile. Ma l’operazione
di mettere il lettore di fronte
a un destino che non risparmia
nessuno e che richiede scelte,
forse radicali, sembra riuscita. La
vicenda del movimento Fierce
blue fire di Morris – personaggio
tanto affascinante quanto disturbante
– solleva riflessioni e pone
domande sul modo in cui i movimenti
per la giustizia climatica
possono essere significativi sulla
scena politica attuale. Infatti, nel
racconto risuonano i dibattiti di
questi anni sulle strategie: dall’uso
del sabotaggio teorizzato
da Andreas Malm
(Come far saltare un
oleodotto, Ponte
alle Grazie
2022) e messo
in pratica da
gruppi come
lo statunitense
Earth Liberation
Front,
alle prassi di
resistenza civile
nonviolenta sostenute
dal fondatore di
Just stop oil! Roger Hallam
(Altrimenti siamo fottuti, Chiarelettere
2020).
Molto interessante il fatto che,
diversamente da molta narrativa e
cinematografia catastrofiste, in Diluvio
non ci sia un evento epocale
che separa un “prima” e un “dopo”
nella storia della civiltà; viene ritratta
invece – e questo è più credibile
e più spaventoso – la lenta deriva
della politica e della società. Dov’è
la speranza – possiamo chiederci
– in questa odissea al rallentatore?
È nella capacità umana di resistere
e di sacrificarsi, chi in nome
della scienza, chi della politica e chi
anche del Vangelo. La lotta, allora,
diventa già un’esperienza di salvezza
in quanto ci permette di restare
umani quando la storia minaccia di
distruggere la nostra umanità.