La pandemia di COVID-19 si è dimostrata un evento devastante oltre ogni previsione sul piano della salute, dell’organizzazione sociale, della produzione e dell’economia, con impatto diretto sulla scansione del ritmo della quotidianità. E soprattutto con una capacità di penetrazione pervasiva, fin dentro le nostre case.
Proprio per questo la pandemia interpella e produce effetti anche nel campo del diritto, la cui vocazione primaria è proprio ascoltare e accogliere i fenomeni sociali nella loro dinamica evolutiva, per interpretarli, essendo «impensabile una dimensione giuridica come mondo di pure forme o di semplici comandi»; prima di essere potere, norma, sistema di categorie formali, il diritto è infatti esperienza, ed è attraversato da una tensione originaria a incarnarsi.
Solo attraverso un paziente e attento processo di compenetrazione del sociale, e quindi della vita di uomini e donne, il diritto ne può registrare il ritmo e l’orientamento per estrarne quel valore condiviso capace di saldare una comunità in un patto di reciproca fiducia, a garanzia della libertà e dei diritti di tutti, di ispirare l’assetto organizzativo e di orientare i comportamenti sulla base di norme, cui si aderisce in quanto espressione di un patrimonio storico, etico e culturale, costitutivo di una comune appartenenza. Anche nell’emergenza COVID-19, e per molti versi a maggior ragione, è necessario riflettere su come il diritto possa adempiere il suo dovere di giustizia e di servizio al legame sociale.
Misure di emergenza e tutela dei valori
Un esame, anche sommario, dei provvedimenti assunti durante le prime settimane di emergenza, quella che ci siamo abituati a chiamare Fase 1, offre in filigrana una serie di spunti importanti in questa direzione. Ne raccogliamo un paio di particolare pregnanza.
Non si può non partire dalla constatazione che la legislazione intesa ad affrontare con misure di potenziamento e di sostegno l’emergenza da COVID-19 dedica particolare attenzione al lavoro, a conferma di come esso rappresenti un pilastro dell’organizzazione sociale, economica e produttiva del Paese, nella linea dichiarata fin dall’art. 1 della nostra Costituzione e sulla base di una concezione che non lo vede come mera fonte di sostentamento, ma come ambito di realizzazione di ogni persona secondo le proprie competenze, creatività e abilità, e occasione per contribuire al «progresso materiale o spirituale della società» (art. 4 Cost.). Si radicano nell’esigenza di una speciale tutela del lavoro le misure adottate già con il Decreto Cura Italia, quali il divieto di procedere a licenziamenti collettivi o per giustificato motivo oggettivo, la previsione di ammortizzatori sociali straordinari e di misure di sostegno al reddito, l’incentivo al lavoro agile (smart working) e le misure per favorire la conciliazione tra attività lavorativa e vita familiare (congedi parentali, permessi retribuiti, bonus baby sitter, ecc.). Nel delicato contemperamento dei diritti fondamentali della salute, della tutela dell’iniziativa economica imprenditoriale, della dignità e della libertà del lavoratore e di riconciliazione con i tempi e le necessità della sua vita familiare (D.L. n. 18/2020, artt. 23- 26), è affermata la centralità della concertazione nell’affrontare le nuove esigenze organizzative delle attività lavorative
Un secondo ambito in cui emergono spunti degni di attenzione è quello della celebrazione dei processi, oggetto di un generale differimento a eccezione dei procedimenti cautelari riguardanti la tutela di diritti fondamentali della persona e di tutti quelli la cui ritardata trattazione possa produrre grave pregiudizio alle parti. Nei procedimenti non sospesi, «le deliberazioni collegiali in camera di consiglio possono essere assunte mediante collegamenti da remoto individuati e regolati con provvedimento del direttore generale dei sistemi informativi e automatizzati del Ministero della giustizia» (L. 24 aprile 2020, n. 27, art. 83, c. 12 quinquies). Si tratta di misure organizzative processuali ispirate a una libertà di forme, al servizio delle parti per una più snella trattazione delle loro ragioni con formalità essenziali di rispetto del contraddittorio, con più attenta considerazione del risultato effettivo di giustizia. Se ne potrebbe forse trarre una lezione in materia di giusto processo (art. 111 Cost.), che sappia coniugare il valore della regola processuale di garanzia con quello sostanziale dei diritti delle parti, in una significativa evoluzione da una concezione della norma processuale quale icona della regolarità del procedere, a una di essenzialità del suo corso verso un risultato di merito, quale tutela dei diritti del cittadino, nella declinazione di una giustizia solidale al suo servizio.
Verso un diritto solidale
In questa linea sarà necessario continuare a muoversi via via che dalla fase di emergenza si procede verso quella della ricostruzione. Il diritto sarà ancora chiamato ad accompagnare l’evoluzione della società a partire da una radice comune di attenzione ai diritti fondamentali della persona (appunto salute, lavoro, relazioni familiari, garanzia delle tutele processuali). È in questo senso che deve essere intesa l’espressione “diritto solidale” che si va accreditando tra i giuristi.
Non è casuale, ad esempio, che si sia avviata una riflessione sull’(in)idoneità delle categorie contrattuali che reggono la trama dei commerci e dell’economia ad affrontare un fenomeno inedito come la pandemia, che incide direttamente sulla valutazione della responsabilità da inadempimento contrattuale, o sul rispetto dei principi generali del comportamento secondo correttezza (art. 1175 c.c.) e di esecuzione in buona fede (art. 1375 c.c.). Una loro interpretazione alla luce del più generale principio di solidarietà sociale (art. 2 Cost.) può essere risorsa a disposizione dei giudici, per contribuire, a partire da una situazione inattesa e straordinaria, alla costruzione di un diritto che risponda a un’evoluzione solidale del sistema in termini di effettività e di rivitalizzazione dei valori di un’autentica democrazia.
Ma questo è compito eccedente l’ambito del diritto, cui esso può soltanto concorrere. Si tratta, infatti, del progetto di una nuova società, di cui il diritto può mettersi al servizio, ma che postula il rinnovo del patto di fiducia dei cittadini tra loro e reciprocamente con le istituzioni, per una partecipazione responsabile di ognuno. Una società davvero a misura di uomo esige proprio la fiducia come elemento fondativo: questa si rafforza quando gli elementi in comune tra le persone sono saldi e condivisi, mentre la disuguaglianza la indebolisce. Ma soprattutto la fiducia non può che fondarsi sul valore della persona in sé, a monte del ruolo ricoperto nella società, e, in quanto persona, titolare di diritti, doveri e responsabilità.
Proprio la dimensione della responsabilità è alla base di ogni percorso di costituzione della persona e di formazione della sua identità. Essa attinge linfa da radici profonde di fedeltà, di custodia, di ascolto di sé e dell’altro, tanto da rendere non solo plausibile, ma addirittura condivisibile la radicale affermazione del filosofo Emmanuel Lévinas: «Io sono nella misura in cui sono responsabile dell’altro». Ma questo richiede di restituire concretezza alla responsabilità, riportandola, secondo la lezione del filosofo Martin Buber, «dall’ambito dell’etica speciale, di un “dovere” liberamente sospeso per aria, a quello della vita vissuta». In questa prospettiva deve dunque essere perseguita una giustizia, che voglia davvero essere solidale, ossia salda in un vincolo di condivisione obbligante, con il destino dell’uomo. Ma perché si inveri, essa deve essere amata quale autentica dimensione umana della vita, perché, come afferma il filosofo Hans Jonas, «soltanto la vita rispettata nella sua integrità rivela se stessa».
L’invito resta quello della figura biblica della sapienza, che non si stanca di interpellare l’umano: «Amate la giustizia, voi che governate sulla terra» (Sapienza, 1,1); il monito è indirizzato non solo a una specifica categoria di governanti o di magistrati, ma a tutti coloro che, in varia misura e in diverse modalità, consacrano la vita a promuovere la giustizia sulla terra.