Cinquecento anni dalla Riforma protestante

In occasione del 500º anniversario della Riforma protestante, che ricorre il 31 ottobre 2017, facciamo il punto sullo stato delle relazioni tra cattolici e luterani. Quali passi sono stati compiuti nella reciproca comprensione dei punti dibattuti? Quali cantieri restano ancora aperti? Lo spiega Michel Fédou, gesuita, professore di Teologia al Centre Sèvres di Parigi, nell'articolo pubblicato sul numero di ottobre di Aggiornamenti Sociali. Di seguito il paragrafo centrale, dedicato ad alcuni temi rilevanti su cui si sono registrati progressi nel dialogo ecumenico. 


Il rapporto con la Scrittura, l’eucaristia, i ministeri

Oltre la questione della giustificazione, il dialogo tra cattolici e luterani ha consentito di progredire su altri temi rilevanti.

a) Il rapporto con la Scrittura

Si può anzitutto menzionare la comprensione del rapporto con la Scrittura. Su questo punto esisteva tradizionalmente una divergenza di fondo: i protestanti insistevano sull’autorità sovrana della Scrittura (sola Scriptura); i cattolici, pur riconoscendone l’importanza, sottolineavano anche l’importanza della Tradizione (e lasciavano talora persino intendere la presenza di due fonti della rivelazione, la Scrittura e la Tradizione; tale posizione però non rifletteva la posizione più sfumata del Concilio di Trento). 

Il primo documento della Commissione internazionale luterana-cattolica, Il Vangelo e la Chiesa (1972), include un’intera sezione sul tema «Vangelo e tradizione»; esso sottolinea che il primato spetta al Vangelo, ma che a sua volta il Vangelo è stato, sin dall’origine, oggetto di tradizione, poiché ci è pervenuto mediante la trasmissione degli scritti del Nuovo Testamento: «Fin dagli inizi il Vangelo di Gesù Cristo è stato oggetto di tradizione. Dall’annuncio del Vangelo e al servizio di tale annuncio sono nati degli scritti, che più tardi sono stati designati come Nuovo Testamento. Con questa presentazione la vecchia controversia teologica sul rapporto tra Scrittura e tradizione viene posta in modo nuovo. Non è più possibile contrapporre la Scrittura alla tradizione come se vi fosse estranea, poiché lo stesso Nuovo Testamento è il risultato della tradizione cristiana primitiva. Alla Scrittura, in quanto testimonianza della tradizione fondamentale, spetta però una funzione normativa per l’insieme della tradizione successiva della Chiesa» (Il Vangelo e la Chiesa, n. 17).

Indubbiamente questo non basta per risolvere tutti i problemi. Una domanda soprattutto si pone: che cosa permette di distinguere, nel corso della storia, gli sviluppi legittimi della tradizione da quelli che non lo sono? I luterani ricorrono qui alla Parola vivente della predicazione; i cattolici, invece, ricorrono congiuntamente all’esercizio dell’autorità del magistero e all’esperienza dei cristiani. Tutti però riconoscono che «l’autorità della Chiesa può essere solo al servizio della Parola e che essa non può porsi al di sopra della Parola del Signore» (ivi, n. 21). Per riassumere, è possibile dire che sulla questione esiste un accordo essenziale, benché sussistano alcune differenze circa la determinazione dei “criteri secondari” che autorizzino ad affermare che questo o quel determinato sviluppo della tradizione sia legittimo o meno. 

b) L’eucaristia

Su questo punto abbiamo un secondo testo molto importante elaborato dalla Commissione internazionale luterana-cattolica: L’eucaristia (1978), che testimonia un accordo su aspetti fondamentali: «molto di quel che prima ci divideva è stato oggi eliminato da entrambe le parti, e le differenze che ancora permangono si trovano in un ambito di comunanza» (L’eucaristia, n. 47). È importante sottolineare, in particolare, un accordo di fondo su un punto essenziale: «I cristiani cattolici e luterani riconoscono insieme la vera e reale presenza del Signore nell’Eucaristia» (ivi, n. 48).

Indubbiamente «nelle dichiarazioni teologiche permangono delle differenze sul modo della presenza reale e sulla sua durata» (ivi). Il linguaggio cattolico parla tradizionalmente di «transustanziazione»; mentre il linguaggio luterano parla piuttosto di una «presenza del Corpo e del Sangue di Cristo in, con e sotto il pane e il vino». Ma questa differenza non mette in causa, sostanzialmente, il riconoscimento della presenza di Cristo nell’eucaristia (cfr ivi, n. 51). È pur vero che la divergenza sulla durata della presenza reale per ora non è stata sormontata: secondo i cattolici, il dono della presenza eucaristica rimane oltre il momento della celebrazione (da qui la pratica dell’adorazione del Santissimo Sacramento), mentre tradizionalmente ciò non è ammesso dai luterani. Tuttavia il documento L’eucaristia indica alcune vie che permetterebbero di progredire: da parte cattolica, si dovrebbe ricordare che la prima intenzione della «riserva eucaristica» è la distribuzione agli ammalati e agli assenti; da parte luterana, si dovrebbe riconoscere che, da secoli, l’adorazione eucaristica ha occupato un ruolo rilevante nella devozione cristiana. 

Un’altra divergenza è stata spesso sottolineata a partire dal XVI secolo a proposito della nozione di “sacrificio”. Per la tradizione cattolica, in ogni eucaristia «si offre a Dio un vero e proprio sacrificio» per mezzo di Cristo, come affermato nel concilio di Trento, e la Chiesa stessa offre un sacrificio. Per la Riforma, invece, si teme che l’idea dell’eucaristia come sacrificio propiziatorio porti pregiudizio al carattere unico del sacrificio della croce. Anche su questo punto però, il dialogo ha permesso di progredire: secondo la dottrina cattolica ben intesa, il sacrificio della messa non ripete il sacrificio della croce (ma lo rende presente); e se i fedeli offrono a loro volta un sacrificio, è nel senso che, uniti a Dio, diventano partecipi del dono che Cristo fa di se stesso. 

Infine, circa la questione della comunione sotto le due specie, essa è stata in larga parte risolta da quando il concilio Vaticano II ne ha autorizzato la pratica (sebbene di fatto, la comunione sotto le due specie non sia poi così diffusa sia tra i cattolici che tra i luterani).

In sintesi, sull’eucaristia esiste ormai un accordo sostanziale; su alcuni punti sussistono ancora delle divergenze, ma esse restano in secondo piano rispetto all’acquisizione fondamentale, ossia il riconoscimento della presenza di Cristo nell’eucaristia.

c) I ministeri

Su questo argomento la Commissione internazionale luterana-cattolica ha prodotto un documento intitolato Il ministero pastorale nella Chiesa (1981), che riconosce, almeno su un punto, un notevole progresso. Nel XVI secolo i cattolici insistevano principalmente sulle funzioni sacramentali del prete (soprattutto sull’offerta del sacrificio della messa), mentre la Riforma sottolineava che il ministero aveva il compito di annunciare il Vangelo e di somministrare i sacramenti in conformità con il Vangelo; ora questa divergenza è sormontata: «Perciò attualmente le nostre Chiese possono dire insieme che la funzione essenziale e specifica del ministro ordinato consiste nel radunare ed edificare la comunità cristiana mediante sia l’annuncio della parola di Dio sia la celebrazione dei sacramenti, nonché nel guidare la vita della comunità nei suoi aspetti liturgici, missionari e diaconali» (Il ministero pastorale nella Chiesa, n. 31).
Rimane tuttavia una divergenza riguardo alla sacramentalità dell’ordinazione (la dottrina luterana tradizionale infatti non riconosce l’ordine come sacramento), ma il documento ammette se non altro questo: «Là dove si insegna che, mediante l’atto di ordinazione, lo Spirito Santo abilita per sempre con i suoi doni colui che viene ordinato per il servizio della Parola e del sacramento, ci si deve chiedere se non siano venute meno, in merito, le differenze che finora dividevano le Chiese» (ivi, n. 33).

Sussistono ancora altre differenze, in particolare quella ben nota per cui i luterani, all’opposto della Chiesa cattolica, ammettono l’ordinazione delle donne. A prescindere da quest’ultima questione, il problema di fondo consiste nel riconoscimento stesso dei ministeri esercitati nella tradizione luterana: secondo i cattolici, esiste un’insufficienza in questa tradizione (o come si dice più precisamente, un defectus ordinis), poiché i ministri protestanti non sono ordinati dai vescovi (secondo quanto esige la successione apostolica). 

Senza dubbio, quindi, il dialogo luterano-cattolico è molto meno avanzato sulla questione dei ministeri che su quelle ricordate in precedenza. Tuttavia il documento Il ministero pastorale nella Chiesa apporta queste precisioni: il defectus ordinis non significa che il ministero, così come esiste presso i luterani, non eserciti le funzioni essenziali del ministero istituito da Cristo; e i luterani, da parte loro, non negano che il ministero ecclesiale esista autenticamente nella Chiesa cattolica. Il documento pertanto conclude: il riavvicinamento già raggiunto tra le Chiese separate fa desiderare che «entrambe le Chiese riconoscano a vicenda i loro ministeri. Si tratterebbe di un passo decisivo per togliere lo scandalo della divisione nel convito del Signore. In tal modo i cristiani di entrambe le Chiese potrebbero rendere testimonianza al mondo, in maniera più credibile, della loro comunione nell’amore di Cristo» (ivi, n. 81). Bisogna aggiungere che, da allora, un nuovo documento ha permesso di approfondire la comprensione del significato profondo dell’«apostolicità della Chiesa», e che ciò può contribuire a far progredire la riflessione sui ministeri.


Documenti citati
Commissione congiunta cattolica romana - evangelica luterana (1972), «Il Vangelo e la Chiesa», in Enchiridion Oecumenicum 1, EDB, Bologna 1986, 556-588.
— (1978), «L’eucaristia», in Enchiridion Oecumenicum 1, EDB, Bologna 1986, 589-653.
— (1983), «Il ministero pastorale nella Chiesa», in Enchiridion Oecumenicum 1, EDB, Bologna 1986, 700-742.

31 ottobre 2017
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