Sembrava una farsa, invece è una
tragedia. Questa frase potrebbe
sintetizzare il terzo romanzo di
Eleanor Catton, un thriller politico
a sfondo ambientale che alterna
l’ironia (soprattutto nella prima
metà del racconto) a toni decisamente
più cupi (nella seconda).
All’inizio, sembrano esserci tutte
le premesse per una satira sociale.
Birnam Wood, la foresta che
annuncia la caduta di Macbeth
nell’omonima tragedia shakespeariana,
nel romanzo è il nome di un
collettivo ambientalista con sede
a Christchurch, in Nuova Zelanda,
dedito ufficialmente all’agricoltura
biologica e, di nascosto, all’orticoltura
abusiva su terreni privati.
L’A. ci fa conoscere da vicino tre
di loro: Mira, la leader del gruppo,
tanto radicale nelle sue posizioni
quanto pronta a compromessi
morali; Shelley, perpetuamente
sottomessa all’amica, dalla quale
tenta invano di emanciparsi; Tony,
aspirante giornalista e vanitoso
teorico marxista. Tutti e tre sono
venti-trentenni, di classe media o
medio-alta, professionalmente incerti
e affettivamente frustrati, alla
ricerca dell’occasione che dia una
svolta alla vita. L’occasione arriva
con l’incontro con Robert Lemoine,
miliardario statunitense che si dichiara
interessato a investire nell’agricoltura
sostenibile, ma con lo
scopo segreto di avere una copertura
per attività estrattive illegali in
un’area naturale protetta. Che cosa
nascerà dall’inconsueta alleanza tra
gli orticoltori abusivi e di sinistra e
il tecnocrate spregiudicato?
Quando la storia comincia
a volgere al tragico, chi legge
potrebbe aggrapparsi alla speranza
di un’improbabile svolta
narrativa, che ripristini in qualche
modo l’atmosfera ironica delle
prime pagine, quando si poteva
discutere dei massimi sistemi in un
ristorante biologico e sognare la
rivoluzione, sapendo che nessuno
si sarebbe mai veramente fatto
male. Ma la realtà va in un’altra
direzione e Robert Lemoine si
rivela essere non lo stereotipo
del riccone da commedia, ma un
autentico criminale sociopatico. I
lupi sono lupi e gli agnelli restano
agnelli, sembra ricordarci Catton.
Il finale getta una luce tragica
su tutta la storia che appare così
segnata, dall’inizio, dal dipanarsi di
una verità: l’accaparramento delle
risorse, il saccheggio delle terre, la devastazione di ambienti e popoli,
e la lotta di chi cerca di opporsi a
tutto questo, sono una guerra non
dichiarata che miete vittime (quasi
200 attivisti ambientali uccisi
ogni anno nel mondo, secondo i
rapporti dell’ONG Global Witness).
I protagonisti del romanzo – simpatici,
goffi, velleitari, coraggiosi a
modo loro – diventano le maschere
tragiche di questo conflitto.