Birnam Wood

Eleanor Catton
Einaudi, Torino 2024, pp. 440
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2025

Sembrava una farsa, invece è una tragedia. Questa frase potrebbe sintetizzare il terzo romanzo di Eleanor Catton, un thriller politico a sfondo ambientale che alterna l’ironia (soprattutto nella prima metà del racconto) a toni decisamente più cupi (nella seconda). All’inizio, sembrano esserci tutte le premesse per una satira sociale. Birnam Wood, la foresta che annuncia la caduta di Macbeth nell’omonima tragedia shakespeariana, nel romanzo è il nome di un collettivo ambientalista con sede a Christchurch, in Nuova Zelanda, dedito ufficialmente all’agricoltura biologica e, di nascosto, all’orticoltura abusiva su terreni privati. L’A. ci fa conoscere da vicino tre di loro: Mira, la leader del gruppo, tanto radicale nelle sue posizioni quanto pronta a compromessi morali; Shelley, perpetuamente sottomessa all’amica, dalla quale tenta invano di emanciparsi; Tony, aspirante giornalista e vanitoso teorico marxista. Tutti e tre sono venti-trentenni, di classe media o medio-alta, professionalmente incerti e affettivamente frustrati, alla ricerca dell’occasione che dia una svolta alla vita. L’occasione arriva con l’incontro con Robert Lemoine, miliardario statunitense che si dichiara interessato a investire nell’agricoltura sostenibile, ma con lo scopo segreto di avere una copertura per attività estrattive illegali in un’area naturale protetta. Che cosa nascerà dall’inconsueta alleanza tra gli orticoltori abusivi e di sinistra e il tecnocrate spregiudicato?

Quando la storia comincia a volgere al tragico, chi legge potrebbe aggrapparsi alla speranza di un’improbabile svolta narrativa, che ripristini in qualche modo l’atmosfera ironica delle prime pagine, quando si poteva discutere dei massimi sistemi in un ristorante biologico e sognare la rivoluzione, sapendo che nessuno si sarebbe mai veramente fatto male. Ma la realtà va in un’altra direzione e Robert Lemoine si rivela essere non lo stereotipo del riccone da commedia, ma un autentico criminale sociopatico. I lupi sono lupi e gli agnelli restano agnelli, sembra ricordarci Catton.

Il finale getta una luce tragica su tutta la storia che appare così segnata, dall’inizio, dal dipanarsi di una verità: l’accaparramento delle risorse, il saccheggio delle terre, la devastazione di ambienti e popoli, e la lotta di chi cerca di opporsi a tutto questo, sono una guerra non dichiarata che miete vittime (quasi 200 attivisti ambientali uccisi ogni anno nel mondo, secondo i rapporti dell’ONG Global Witness). I protagonisti del romanzo – simpatici, goffi, velleitari, coraggiosi a modo loro – diventano le maschere tragiche di questo conflitto.

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