Barbara Jatta: «Più del genere conta la professionalità, anche in Vaticano»

Che cosa succede quando una donna assume la guida di prestigiose istituzioni culturali? Nella terza parte del nostro Dossier sull'empowerment femminile lo abbiamo chiesto a Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, e a Chiara Daniele, già direttrice della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli e ora consulente presso diverse istituzioni culturali.

Barbara Jatta, con una lunga carriera in Vaticano – «un ambiente maschile ma non maschilista» –, trasmette un’esperienza totalmente positiva, dove la professionalità supera qualunque differenza. Chiara Daniele, a partire dal suo vissuto professionale, denuncia invece un contesto lavorativo e sociale in regressione in tutto il Paese, in cui le donne sono costrette ad adeguarsi a stereotipi e modelli aziendali non inclusivi. 

Entrambe evidenziano da una parte la positività di uno stile di lavoro collaborativo, svolto “in rete”, dall’altra sottolineano però la necessità di individuare adeguati sostegni familiari e innovativi interventi legislativi e politiche sociali che contribuiscano a una migliore armonizzazione della vita familiare con quella personale e lavorativa. Lo stile di leadership femminile che entrambe le intervistate propongono è capace di conciliare la fermezza e la decisione della propria personalità con l’attenzione al dialogo e alla collaborazione. 

Questa doppia intervista - pubblicata sul numero di marzo - segue quelle ad Alessandra Smerilli e Alessandra Viscovi (sulla leadership femminile tra economia e finanza, pubblicata in gennaio) e a Elsa Fornero e Nadia Urbinati (sulla politica "al femminile", uscita in febbraio). Nel numero di aprile "rileggeremo" le sei interviste - tutte a cura di Chiara Tintori - con un articolo della Redazione, a conclusione del Dossier. 

Di seguito un estratto dell'intervista a Barbara Jatta. Qui puoi scaricare l'intervista integrale. 


Come vive le relazioni di potere all’interno del Vaticano?
Io non penso che il mio sia un ruolo di potere: di direzione sì, ma non di potere. Certamente è un ruolo importante e impegnativo dal punto di vista scientifico e anche di immagine pubblica del Vaticano, questo è inevitabile. Non c’è dubbio che sia un ruolo di governo, ma è anche una parte molto specialistica dell’attività della Santa Sede che in qualche modo rientra nelle mie competenze.

In passato ho lavorato molto bene con sei cardinali bibliotecari. Mi sembra di avere un ottimo rapporto con il cardinale Giuseppe Bertello, che è il mio diretto referente, Presidente del Governatorato, e così anche con il Segretario Generale del Governatorato, il vescovo Fernando Vérgez Alzaga. Io sono una persona molto schietta e diretta e quindi cerco di instaurare rapporti diretti; anche con le sfere alte e di potere vaticane ho sempre cercato di relazionarmi per quella che sono, senza false presentazioni di me stessa, cercando di essere concreta, nel rispetto delle diverse posizioni gerarchiche, ma in maniera molto tranquilla e serena. Mi sono sempre relazionata con i notabili della Curia in modo semplice e diretto. 

Non ha mai avuto la percezione di pregiudizi o comunque di difficoltà relazionali in quanto donna, nel momento in cui assumeva responsabilità?

No, la mia è un’esperienza bellissima e felicissima. Mi hanno sempre valorizzata e apprezzata, per questo sono grata a tutti quelli che l’hanno fatto. In generale anche qui ai Musei Vaticani sono stata ben accolta. Forse c’erano aspettative diverse da parte di alcuni, ma in linea di massima l’accoglienza è stata buona e questo mi dà la forza di trovarmi bene e sempre meglio dove sto.

Veramente, posso dire che a tutti i livelli, dalla Segreteria di Stato al Governatorato della Città del Vaticano e qui ai Musei, ma anche in altri dicasteri vaticani, l’impressione è di essere stata sempre ben voluta, come professionista ma anche come donna. Ho sempre lavorato in ambienti maschili ma non maschilisti. Questo è un bellissimo messaggio che la Chiesa in generale e la Curia Romana in particolare possono dare, perché non ho percepito discriminazioni in questo senso. Anzi, sento sempre più che la Chiesa è al passo con i tempi, perché ci sono tante donne che hanno ormai ruoli importanti: penso a una collega che si occupa del personale del Governatorato e gestisce migliaia di dipendenti, oppure a donne che negli stessi Musei Vaticani o nella Biblioteca Apostolica Vaticana ricoprono ruoli importanti dal punto di vista scientifico. L’ho visto anche recentemente a Gerusalemme, nella Custodia di Terra Santa: ormai le donne iniziano ad avere voce, possono dare il loro apporto e il loro contributo, anche se chiaramente non hanno il ruolo dei Francescani, perché questo non è possibile. Nel comitato scientifico della Custodia Francescana di Terra Santa, che si è riunito a Gerusalemme ai primi di settembre, su otto persone per il museo, sei eravamo donne, provenienti, oltre che da Roma, dal Louvre di Parigi e dal Prado di Madrid. Questo dimostra che si guarda sempre più alla professionalità e non al fatto di essere donna.

Questo è molto bello! Secondo lei molto è dovuto a Papa Francesco o già da prima era così?
Certamente Papa Francesco, anche con la mia nomina, ha voluto dare un segnale forte, un’accelerata. Credo si sia trattato di una sorta di messa in pratica di quello che lui continua a dire sulla necessità di riforma e di apertura della Chiesa. Però anche quand’ero alla Biblioteca Apostolica Vaticana partecipavo a missioni importanti, di rappresentanza, sia con Benedetto XVI sia negli ultimi anni del pontificato di Giovanni Paolo II. Lo interpreto come un adeguamento a una realtà inevitabile della nostra società: nella generazione di mia madre le donne lavoravano in una percentuale molto ridotta, al contrario nella mia sono poche le donne che non lavorano e sono convinta che per la generazione dei miei figli sia impensabile l’idea che le donne possano studiare per non lavorare.

Foto (©) Governatorato SCV - Direzione dei Musei


8 marzo 2018
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