Agricoltura sociale: l'incontro fruttuoso tra due mondi

Negli ultimi 20 anni ha preso forma un’agricoltura che affianca alla produzione di beni alimentari quella di bene comune, inteso come qualità della vita delle persone e delle comunità. Si tratta dell'agricoltura sociale, in cui alla funzione produttiva propria dell’agricoltura si uniscono quella relazionale e quella riabilitativa o di cura (nel senso del verbo inglese to care, prendersi cura, oltre che curare).
Angela Galasso e Silvia Paolini, dell'Agenzia italiana per la campagna e l'agricoltura responsabile ed etica (AICARE), un network direttamente coinvolto in queste tematiche, tracciano una mappa del variegato mondo dell'agricoltura sociale, ne descrivono opportunità e rischi e delineano i possibili scenari di sviluppo. Di seguito la parte relativa al confronto tra Europa e Italia. Puoi leggere tutto l'articolo nel numero di ottobre di Aggiornamenti Sociali


Europa e Italia: due modelli a confronto

L’agricoltura sociale non è prerogativa italiana: nell’Unione Europea (UE) se ne stimano circa 6mila esperienze, con peculiarità diverse da Paese a Paese, identificate anche grazie a progetti europei di ricerca, tra cui SoFar - Social Services in Multifunctional Farms (VI Programma Quadro), la comunità di pratiche internazionale Farming for Health e la Cost Action 866 Green Care. 

In particolare, il progetto SoFar ha fornito una istantanea dell’agricoltura sociale nella UE, che mostra come nei vari Paesi esista un diverso grado di riconoscimento da parte delle istituzioni sociosanitarie e agricole. Ad esempio in Slovenia il settore è decisamente una novità, mentre nei Paesi Bassi ha avuto pieno riconoscimento all’interno delle politiche socioassistenziali, tanto da essere accreditato da parte del sistema sanitario. Il modello sviluppato nelle Fiandre ha piena legittimazione da parte del Ministero dell’Agricoltura, che offre un pagamento diretto compensativo alle aziende agricole che vi si impegnano. 

In Francia e in Italia ci sono pratiche legate a progetti riconosciuti dal settore socioassistenziale, che le sostiene. Il modello prevalente in Italia, tuttavia, si colloca a un livello di consapevolezza da parte dei soggetti pubblici crescente ma ancora contenuto; tale sistema si fonda sulla reputazione delle imprese di agricoltura sociale, capaci di intercettare un mercato “consapevole” (consumatore etico), in grado di condividere la responsabilità sociale del progetto di impresa, remunerandolo attraverso i propri acquisti.

In tutti i modelli, il passaggio dalla fase di novità, con pochi pionieri e progetti individuali, a quella di nicchia, in cui si formano gruppi di progetti locali stabili, quindi a quella di paradigma, con l’aumento di consapevolezza di nuovi stakeholder e accresciuta conoscenza del fenomeno, per andare infine a regime, con l’entrata in vigore di un nuovo sistema di regolamentazione, dipende essenzialmente dalla capacità dei policy maker di costruire specifici percorsi di cambiamento, capaci di sostenere questo processo.

Nel 2012 il CESE (Comitato economico e sociale europeo), riprendendo i risultati di SoFar, ha elaborato un parere di strategia sul tema dell’agricoltura sociale, tracciando le azioni da intraprendere e inserendola tra i settori beneficiari degli interventi dei fondi strutturali europei, che è però rimasto lettera morta in ambito comunitario.

In Italia l’agricoltura sociale rappresenta un modello ancora difficile da inquadrare, considerato che, a fronte di un elevato dinamismo informale, negli elenchi istituiti dalle 14 Regioni che hanno predisposto apposite normative, risultano registrate solo 93 imprese. Non esiste ancora una mappatura nazionale completa e univoca e quindi è difficile operare una valutazione esatta. Si è stimato il coinvolgimento di oltre mille aziende, diffuse su tutto il territorio nazionale, fra imprese agricole, cooperative sociali e aggregazioni fra soggetti diversi.

Il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria) ha organizzato un database di circa 1.200 operatori, attingendo a fonti differenti, sebbene non esaustive e non sempre coerenti con il dettato normativo attualmente vigente. La mappa interattiva on line di AiCARE (Agenzia italiana per la campagna e l’agricoltura responsabile e etica), network di ricercatori e consulenti per l’innovazione nello sviluppo rurale, descrive 170 esperienze di agricoltura sociale; il sito di Campagna amica, progetto sostenuto da Coldiretti, ne contiene 350; la mappa della Rete delle fattorie sociali, associazione in cui rientra Confagricoltura, riporta 42 esperienze; il Forum nazionale dell’agricoltura sociale, che esprime il proprio coordinamento in Agricoltura Capodarco, nella Confederazione italiana agricoltori e in altri rappresentanti di realtà della cooperazione sociale, ne censisce 69; un’indagine svolta dall’Università di Pisa nel 2014 aveva raccolto 130 aziende nella sola Regione Toscana. I dati e le mappe sono in continuo aggiornamento.


17 ottobre 2018
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