Accordo Ue-Turchia: immorale e controproducente

Maurizio Ambrosini
Prevedibili come l’arrivo della primavera, sono ripresi gli attraversamenti del mare dalla sponda Sud, i salvataggi e gli approdi. Eppure continuiamo a parlare di emergenza e di forme di accoglienza straordinaria. 

C’è un elemento paradossale nell’ossimoro di un’emergenza prevedibile e annunciata. Non riusciamo ancora ad accettare gli spostamenti di persone in cerca di asilo da guerre e persecuzioni come un tratto normale di un mondo globale in cui sono stati censiti 33 conflitti armati di maggiori dimensioni, oltre a molti altri minori. Crediamo di essere invasi da ondate gigantesche di migranti (in realtà, profughi), quando il Libano da solo ne ha accolti più di tutta l’Unione europea: 1,5-2 milioni.

Ma vi è un dato di attualità che drammatizza gli eventi in corso: gli arrivi dal mare in Italia erano in realtà diminuiti nel 2015 rispetto al 2014 (150.000 persone contro 170.000), per effetto della maggiore accessibilità della rotta balcanica. Ora stanno entrando in azione i controversi accordi tra Unione Europea e Turchia, e sono cominciati i respingimenti di profughi verso le sponde turche. La chiusura della rotta attraverso l’Egeo rischia di rilanciare la più lunga e pericolosa traversata dalla Libia.

Stiamo quindi iniziando a pagare il conto di accordi politicamente e moralmente discutibili, oltre che lesivi degli interessi italiani. Gli accordi con la Turchia hanno sollevato infatti pungenti critiche da parte di molte organizzazioni umanitarie: sono un espediente europeo per sottrarsi agli obblighi di accoglienza, rinnegando i valori fondamentali di cui l’Europa si fa paladina. Non vi sono garanzie circa il trattamento che la Turchia riserverà ai rifugiati, né sul buon uso delle ingenti risorse che l’UE si è impegnata a elargire: oltre 6 miliardi di euro, raddoppiati rispetto all’offerta iniziale. Senza contare le implicazioni politiche: libera circolazione nell’area Schengen per i cittadini turchi e accelerazione delle trattative per l’ingresso della Turchia nell’UE.

I leader europei sono in realtà spaventati dalle reazioni ostili della maggioranza dell’opinione pubblica nei confronti dei rifugiati. Una serie di responsi elettorali hanno esasperato questi timori, da ultimo quelli delle elezioni in alcuni länder tedeschi. Il punto è che si continuano a governare grandi fenomeni internazionali mediante istituzioni e politiche nazionali. Di qui i continui tentativi di scaricare l’onere su altri Paesi, mostrando agli elettori che si difendono i confini.

Questi accordi peseranno sulla memoria storica dell’Europa. Come ha scritto Amnesty International in un messaggio rivolto ai leader europei, “non è delle urne che dovreste preoccuparvi, ma dei libri di storia”.
06/04/2016
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