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Accendere luci nell’oscurità. L’impegno del movimento Magis per i giovani del Myanmar
La Repubblica dell’Unione del Myanmar è tornata alla ribalta delle
cronache mondiali il 10 gennaio 2022 con la notizia della condanna
di Aung San Suu Kyi, ex “consigliere di Stato”, a quattro anni di reclusione,
con l’accusa di importazione e possesso illegale di walkie-talkie e
violazione delle disposizioni per contenere i contagi da coronavirus. Premio
Nobel per la pace nel 1991 e leader della National League for Democracy
(NLD, Lega nazionale per la democrazia), Aung San Suu Kyi, per la sua
opposizione al regime, era stata agli arresti domiciliari più volte tra il 1989
e il 2010, per un totale di 15 anni di detenzione, e vi era tornata dopo il
1º febbraio del 2021, quando il potente esercito birmano, il Tatmadaw,
rovesciando il Governo con un colpo di Stato, ha di fatto reinstaurato nel Paese la dittatura militare, sbarrando di colpo la strada a un, pur precario,
cammino di democratizzazione.
In un clima di repressione sempre più violenta, aggravato da una
crisi economica ormai inarrestabile e dalla pandemia da COVID-19 fuori
controllo, sono i giovani, che
rappresentano anche demograficamente
la maggioranza della
popolazione birmana, a pagare il
prezzo più alto. Non sono messe a
rischio solo la loro vita e incolumità,
ma anche le loro speranze e la capacità
di dare un senso al loro futuro.
È in questo non facile contesto
che il movimento Magis e i gesuiti
in Myanmar si stanno mettendo
in gioco per aiutare i giovani, provenienti
dal variegato mosaico di
gruppi etnici ed appartenenze religiose che compongono il Paese, a vivere
questo tempo di crisi e ad aprire loro nuove prospettive di impegno e di
vita. [Continua]
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