L'utilizzo di Internet e la cronaca recente ci hanno abituati a termini che iniziano con il prefisso «wiki», dalla consultatissima Wikipedia al controverso WikiLeaks. Il termine, in origine un vocabolo hawaiano che significa «rapido», identifica un sito web collaborativo, i cui contenuti possono essere modificati con facilità, pur nel rispetto di alcune regole, grazie al ricorso a un software che rende particolarmente agevoli gli interventi di qualunque utilizzatore e che è alla base dell'aspetto grafico omogeneo che accomuna tutti i wiki. Le modifiche sono registrate in una cronologia, che permette di confrontare e ricostruire in ogni momento le versioni via via apparse. L'adozione del termine «wiki», ispirata proprio da questa facilità d'uso, si deve a Ward Cunningham, programmatore statunitense, che nel 1995 creò il primo wiki della storia, il Portland Pattern Repository, a sostegno di una comunità di sviluppatori di software.
I wiki appartengono a quella categoria di applicazioni informatiche note come social software, che consentono un elevato grado di interazione tra gli utenti e per questo attirano quanti sono interessati allo sviluppo di risorse Internet in comune. Adottano infatti un modello di comunicazione «da molti a molti», consentendo l'integrazione dei contributi in un unico testo, di cui tutti coloro che intervengono sono coautori. Si differenziano quindi dai blog (cfr SIINO A., «Blog», novembre 2005, in <www.aggiornamentisociali.it>), che ricorrono a un tipo di comunicazione unidirezionale «da uno a molti», e dai forum, in cui gli interventi dei partecipanti su uno stesso argomento appaiono in successione cronologica.
Conoscenza condivisa e intelligenza collettiva
Lo scopo dei wiki è condividere, scambiare, immagazzinare e ottimizzare la conoscenza in modo collaborativo. Alla base vi è la convinzione che esista un'ampia base di conoscenza diffusa che ha bisogno di essere resa facilmente accessibile per poter progredire a vantaggio di tutti: i wiki rappresentano l'ambiente in cui diventa possibile condividere il sapere, che si accumula «dal basso» attraverso la continua aggregazione di miglioramenti senza alcuna forma di intermediazione o di autorità, secondo un processo descritto sulla base dell'analogia con la crescita degli organismi viventi.
Questa interpretazione democratica e partecipativa della conoscenza è centrale nella filosofia wiki, così come la sua natura di bene collettivo sottratto alla circolazione commerciale: sia il software utilizzato dai wiki, sia i loro contenuti sono disponibili gratuitamente; i contenuti possono essere copiati, modificati e distribuiti senza alcun costo, a patto che ne sia indicata la fonte e che siano mantenute le medesime condizioni di circolazione gratuita, e quindi che nessuno possa ricavarne un guadagno. Da questo punto di vista, i wiki si situano all'interno di quel movimento che, avvalendosi soprattutto dello strumento Internet, propugna una visione radicalmente alternativa rispetto a quella dominante in materia di diritti d'autore e tutela della proprietà intellettuale. A questa stessa visione si ispirano il software libero od open source (cfr BECCARIA A. - MAZZONI L., «Software libero», febbraio 2005, in <www.aggiornamentisociali.it>) e il copyleft; quest'ultimo neologismo, nato in contrapposizione a copyright, il termine inglese per «diritto d'autore», sostituendo «right» - che significa anche «destra» - con l'opposto «left» (sinistra), identifica un regime di gestione della proprietà intellettuale in cui l'autore, anziché riservarsi ogni diritto sulla circolazione della propria opera, indica ai fruitori, attraverso un sistema di licenze, a quali condizioni possono utilizzarla, modificarla e distribuirla ulteriormente. Siamo dunque agli antipodi della concezione mercantile della conoscenza, incarnata dall'apparato dei brevetti, che nella nostra società ha trasformato il sapere in strumento di potere e di guadagno e che rappresenta un serio ostacolo all'accesso dei Paesi e degli strati sociali più poveri a opportunità indispensabili di sviluppo (cfr BENEDETTO XVI, lettera enciclica Caritas in veritate, 2009, n. 22).
Viene riproposta invece una visione della conoscenza come bene comune condiviso, che ci sembra fondarsi sulla percezione dell'esistenza di un legame di solidarietà che unisce autori e fruitori. Coloro che sviluppano i wiki concepiscono se stessi e gli utilizzatori non come individui atomistici che entrano in rapporto attraverso strumenti contrattuali, ma come membri di una community (comunità), che tramite Internet aggrega persone sparse in tutto il mondo in vista di un progetto condiviso, lo sviluppo di un determinato wiki, che ne concretizza il bene comune.
Wikipedia: opportunità e rischi
Il wiki per antonomasia è senz'altro l'enciclopedia libera on line Wikipedia, uno dei dieci siti più «cliccati» della rete: nata il 15 gennaio 2001 su iniziativa di Jimmy Wales e Larry Sanger, è attualmente gestita dalla Wikimedia Foundation, una fondazione senza fini di lucro con sede a San Francisco (USA), che promuove anche numerosi altri progetti collaborativi basati su wiki. Secondo i dati più recenti, le wikipedie (le versioni di Wikipedia in lingue diverse) attualmente attive sono 278, con un totale di oltre 18 milioni di voci e quasi 2 milioni di immagini. La versione più ampia è quella inglese (3,6 milioni di voci), seguita da quella tedesca (1,2 milioni), francese (circa 1,1 milioni), polacca (circa 795mila) e italiana (circa 792mila). Il carattere democratico e orizzontale dello strumento, oltre all'assenza di scopi di lucro, si manifesta anche nell'esistenza di versioni in lingue assai poco diffuse (come l'afar, con 6 voci, il cheyenne, con 62, o il figiano con 130) o addirittura scomparse (tra tutte la versione latina, con oltre 52mila voci) o «rivitalizzate» da appassionati (come l'antica lingua celtica della Cornovaglia, parlata oggi da alcune migliaia di persone, la cui wikipedia conta circa 2mila voci). In questo modo, in un mondo segnato da potenti forze di omologazione, Wikipedia si rivela anche uno strumento di tutela e promozione, o almeno di testimonianza, della «biodiversità» culturale, di cui la pluralità delle lingue è espressione. In questa ottica merita segnalare le numerose wikipedie regionali italiane: tra le varie, quella piemontese conta quasi 38mila voci, quella lombarda circa 20mila, quella napoletana 13mila, quella tarantina quasi 9mila, quella sarda 2.500.
Così come è un esempio delle potenzialità dei wiki, Wikipedia mette in evidenza anche i rischi impliciti nel modello di condivisione orizzontale della conoscenza che li accomuna. L'apertura a chiunque della possibilità di intervenire sulle voci pubblicate, senza la supervisione di un'autorità scientifica o altre forme di controllo dell'attendibilità delle informazioni, non fornisce alcuna garanzia dell'assenza di errori e imprecisioni, inseriti anche in buona fede da autori non sufficientemente esperti. Non mancano poi le possibilità e anche i casi concreti di autentico «vandalismo», informativo e informatico: anche dopo un intervento di correzione, nulla impedisce che i contenuti siano riportati alla versione precedente o che nuovi errori vengano introdotti, magari volutamente. L'episodio più noto riguarda il giornalista americano John Seigenthaler: nel 2005 per quattro mesi la sua biografia, inserita in Wikipedia in forma anonima e a sua insaputa, lo ha indicato tra le persone coinvolte negli assassini dei fratelli Kennedy. In seguito a questo caso la wikipedia in lingua inglese non ammette più interventi di utenti non registrati.
Tuttavia, la libertà e la facilità di intervento permettono a chi trovi eventuali errori di correggerli, e dunque la qualità dell'informazione offerta è soggetta a un continuo affinamento: opera una forma, anche potente, di controllo sociale da parte della community. I teorici della filosofia wiki vedono in questo processo di continuo miglioramento della qualità dell'informazione offerta dai wiki una riformulazione in chiave dinamica della nozione di attendibilità, intesa come verificabilità e possibilità di correzione da parte della community e non più come impegno dell'editore tradizionale, su cui incombono i rischi, anche economici e penali, della pubblicazione di dati non corretti.
Questo però non impedisce che in un preciso momento l'utente non esperto possa trovarsi esposto a equivoci, magari con conseguenze anche gravi: pensiamo al caso di informazioni mediche non corrette. Non a caso, la home page di Wikipedia (per la versione italiana cfr <http://it.wikipedia.org>) avverte esplicitamente i propri utenti del rischio, sempre presente, di trovarsi di fronte a contenuti inaffidabili, invitandoli a verificare le fonti indicate, a controllare la cronologia delle versioni e la discussione fra i diversi autori intervenuti, e a confrontare le informazioni con quelle di altre fonti indipendenti.
Un «falso» wiki: WikiLeaks
Viste le caratteristiche orizzontali dei wiki, non esiste un loro censimento o catalogo e non è possibile indicare quanti siano, tanto che si vanno sviluppando i cosiddetti «wiki di wiki», ovvero wiki in cui reperire informazioni sui wiki disponibili sui diversi argomenti, e motori di ricerca che operano sui contenuti dei wiki catalogati. Gli usi dei wiki sono i più vari (esistono ad esempio guide turistiche wiki, con pagine compilate da comuni viaggiatori) e trovano anche applicazioni professionali o aziendali (ad esempio la pubblicazione di manuali e procedure che richiedono frequenti aggiornamenti), didattiche o nelle nuove forme di giornalismo partecipativo (citizen journalism). Tra questi, sebbene non si configuri come un wiki in senso proprio, in quanto non sono ammessi interventi di modifica a quanto pubblicato, è possibile inserire anche WikiLeaks (<www.wikileaks.ch>), fondato nel 2006, con sede in Svezia e diretto dall'ormai noto Julian Assange. In realtà, si tratta di una casella virtuale in cui chiunque può depositare documenti riservati (di amministrazioni pubbliche, imprese e altre organizzazioni) che il sito renderà pubblici dopo averne verificato l'attendibilità.
L'obiettivo è di rendere trasparente quello che normalmente resta nascosto, permettendo ai cittadini di esercitare un più penetrante controllo democratico. In questo senso va la pubblicazione di materiali relativi alle guerre in Afghanistan e Iraq che documentano numerose uccisioni di civili, che le autorità avrebbero certo preferito non veder circolare. La trasparenza invocata a giustificazione della propria esistenza contrasta però con la segretezza che circonda le modalità operative di WikiLeaks: non si sa come si procuri i documenti (ad esempio se ricorra anche a intrusioni illegali in archivi informatici), come proceda alla valutazione della loro attendibilità e da dove provengano le risorse che ne coprono i costi. Nella società dell'informazione WikiLeaks ripropone pertanto quesiti fondamentali sul senso di segretezza e trasparenza, sui confini, etici e legali, della professione giornalistica, e su quali siano i requisiti minimi della democrazia rispetto alle possibilità di controllo dei cittadini sulle attività del loro Governo.
In conclusione, anche nel caso dei wiki, le novità tecnologiche si presentano come una fonte di opportunità, ma non sono esenti da rischi, e ripropongono in forma nuova quesiti etici, giuridici e politici che da sempre accompagnano la promozione dell'autentico bene comune. Con queste domande occorre confrontarsi per un uso responsabile delle nuove possibilità che ci vengono aperte.
Per saperne di più
ALONSO E. D., «Una reflexión sobre WikiLeaks», 8 febbraio 2011, in <www.miradaglobal.com> (anche in inglese).
KLOBAS J., Oltre Wikipedia. I wiki per la collaborazione e l'informazione, Sperling & Kupfer, Milano 2007.
SANTORO E., Web 2.0 e medicina. Come social network, podcast, wiki e blog trasformano la comunicazione, l'assistenza e la formazione in sanità, Il Pensiero Scientifico Editore, Roma 2009.
SHIRKY C., Surplus cognitivo. Creatività e generosità nell'era digitale, Codice, Torino 2010.
SPADARO A., «Etica "hacker" e visione cristiana», in La Civiltà Cattolica 2011 I 536-549.
SPADARO A., «Wiki. Utopie e limiti di una forma di "intelligenza collettiva"», in La Civiltà Cattolica 2005 III 130-138.
«Wiki», in Wikipedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Wiki>.
«Wikipedia», in Wikipedia, <http://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia>.