Web e libertà di espressione

Rosario Sapienza
Il 16 giugno scorso la Grande Camera della Corte di Strasburgo ha reso, con un voto a maggioranza di quindici a due, l’attesa decisione sul caso Delfi AS contro Estonia (ricorso n. 64569/09), già deciso da una Camera della Corte il 10 ottobre del 2013. Un caso che ha destato grande interesse e nella trattazione del quale sono intervenute davanti alla Corte numerose associazioni a difesa della libertà d’espressione. 

Oltre all’opinione dissidente dei due giudici della minoranza, ben cinque dei quindici giudici della maggioranza hanno tenuto a presentare opinioni separate anche se concorrenti. Si è trattato dunque di una decisione che ha fatto discutere anche all’interno della Corte.

Questi i fatti: la società Delfi, che gestisce un importante portale internet in Estonia, si doleva della violazione del proprio diritto alla libertà d’espressione per avere dovuto rispondere dei danni arrecati a un soggetto, il signor L., che aveva ricevuto minacce e offese all’interno di commenti  pubblicati sul portale in relazione a un articolo relativo alle attività di una sua impresa di trasporti. Commenti che la società Delfi avrebbe potuto e dovuto (secondo la legislazione estone) rimuovere tempestivamente. 

La Delfi affermava però di non poter rispondere di scritti altrui (si trattava di commenti di utenti del portale e non di scritti commissionati dalla società che gestiva il portale) e che averle addossato tale responsabilità implicava una grave violazione del suo diritto alla libertà d’espressione. 

La Grande Camera ha però sostanzialmente confermato la decisione del 2013, riconoscendo che non c’era stata violazione del diritto alla libertà d’espressione e così, tra l’altro, ribadendo quell’atteggiamento sostanzialmente diffidente verso internet che già il 5 maggio 2011, nella causa "Editorial Board of Pravoye Delo and Shtekel c. Ucraina" (ricorso n. 33014/05), l’aveva portata ad affermare che le regole in materia di libertà d’espressione applicabili ai tradizionali mezzi di informazione non possono essere automaticamente valide per la comunicazione digitale.

Giusta cautela, forse, davanti alla grande novità rappresentata da internet. Dietro questa cautela, però, come non hanno mancato di notare i giudici dissidenti, potrebbe anche nascondersi l’avallo a una politica sostanzialmente censoria e dunque fortemente limitativa delle enormi potenzialità di sviluppo della libertà d’espressione nella rete globale.
07 luglio 2015
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