Oggi ricorre la giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, istituita dall’ONU nel 1999. Di «crimine di Stato» aveva parlato lo scorso giugno a Ginevra Rashida Manjoo, Special Rapporteur delle Nazioni Unite per il contrasto della violenza sulle donne, riferendosi all'Italia: “I femmicidi sono crimini di Stato tollerati dalle pubbliche istituzioni per incapacità di prevenire, proteggere e tutelare la vita delle donne, che vivono diverse forme di discriminazioni e di violenza durante la loro vita. In Italia, sono stati fatti sforzi da parte del Governo, attraverso l’adozione di leggi e politiche, incluso il Piano di Azione Nazionale contro la violenza - riconosce Manjio -, questi risultati non hanno però portato a una diminuzione di femmicidi o sono stati tradotti in un miglioramento della condizione di vita delle donne e delle bambine”.
È importante non dimenticare le dimensioni della violenza contro le donne nel nostro Paese: sono quasi 7 milioni le donne che hanno subito, nel corso della propria vita, una qualche forma di violenza fisica o sessuale (
dati Istat riferiti al 2014). In realtà non è possibile sapere il numero esatto delle donne che hanno subito violenze, perché questi dati sono relativi soltanto a coloro che hanno trovato il coraggio di denunciare l’accaduto alle autorità. Spesso infatti le donne che si affacciano a percorsi di accompagnamento e sostegno non riescono a compiere il passo della denuncia. Come scardinare il muro di silenzio e di fatto la solitudine che circonda le donne quando divengono vittime di violenze? Dove attingere la forza e quali strumenti occorrono perché qualcosa possa davvero cambiare?
Le strategie di sostegno per fortuna non mancano e sembrano essere in via di potenziamento, come quelle attivate nei pronto soccorsi di alcuni ospedali di Roma, Genova, Trieste dove dopo il riconoscimento della violenza è possibile avviare percorsi di fuoriuscita, individuando rifugi protetti. E prima? In città come Palermo, Napoli, Roma, Milano sono attivi spazi in cui portare le donne a prendere coscienza dei propri diritti, prestare loro ascolto e sostegno.
Crimine di Stato? Come la criminalità organizzata, è un’espressione che richiama la necessità di affrontare la violenza contro le donne in modo sistemico, certo professionalizzando la giustizia sull'argomento, ma anche mettendo in campo tutte le risorse necessarie per fare rete e potenziare le sinergie tra le diverse realtà che già si adoperano perché qualcosa cambi.
Crimine di Stato vuol dire aprire gli occhi, riconoscendo al di là degli episodi di cronaca, che il fenomeno si radica negli atteggiamenti quotidiani di ciascuno, laddove compiamo discriminazioni di genere tra uomini e donne.
La prevenzione ha sempre bisogno di un ambiente culturale favorevole e allora qualche domanda è bene tenerla aperta: in che modo promuovere una cultura quotidiana della reciprocità tra uomini e donne? Quali modelli femminili (e maschili) proponiamo ai nostri giovani? Come possiamo liberarci dagli stereotipi di genere? Come possiamo valorizzare le differenze, perché non vengano percepite come difetti?