È stato questo il mio primo pensiero alle 4.28 di questa mattina, quando si è saputo che Trump aveva vinto in Ohio e veniva dato in vantaggio in Florida, ovvero due Stati chiave nella corsa alla Casa Bianca. Avrei preferito di gran lunga ricordare il 9 novembre per la caduta del muro di Berlino, non per l’ascesa di uno che ha fatto della costruzione di muri il mantra della sua campagna elettorale.
Per le donne e l'ambiente - cioè esattamente i due temi di cui mi occupo e di cui scrivo spesso in questo blog - vi sono guai (e grossi) in vista.
Il linguaggio offensivo e scioccante che più di una volta Donald Trump ha riservato alle donne, vantandosi di come le aveva trattate volgarmente, può mai essere quello di un Presidente degli Stati Uniti d'America? Indipendentemente dal simpatizzare per i repubblicani o per i democratici è umanamente deplorevole che decenni di lotte per la parità nei diritti umani vengano presi a calci. Sì perché nel suo programma elettorale ha scritto, tra l’altro, che abolirà il Lilly Ledbetter Fair Pay Act (il primo atto dell'amministrazione Obama) che vieta disparità di trattamenti salariali tra donne e uomini.
L'ambiente non se la passerà meglio, vista l'abolizione dell'Agenzia governativa per la protezione dell'ambiente (EPA). Non solo, per Trump l'Accordo di Parigi sui cambiamenti climatici (dic 2015) è carta straccia. Oggi sulla calda Marrakesh, dove si stanno svolgendo i negoziati della COP22 per dare concreta applicazione proprio a quell'accordo, si abbatterà qualcosa di simile all'era glaciale, paralizzando qualunque ambizione globale. E siccome tutto è collegato - ambiente, diritti umani, pace e sviluppo - l'alba di questo giorno rimarrà impressa tristemente nei nostri cuori.
La democrazia è anche questo e la storia non è mai abbastanza maestra. Da libere elezioni sono già venuti piccoli (e grandi) nefasti. Persa la speranza che il Congresso (a maggioranza repubblicana) equilibri le follie del nuovo inquilino della Casa Bianca, ce ne restano due: la prima è che il Trump presidente non sia il Trump della campagna elettorale, che possa abbassare i toni e - perché no - ritrattare molte delle cose dette, visto anche che la coerenza in politica non è più una virtù così diffusa.
La seconda speranza è di poter scrivere, fra quattro anni, della prima volta di una donna presidente degli Stati Uniti d'America, magari proprio di una ex first lady.