Il 30 gennaio 2019 la Commissione europea ha reso disponibile un documento di riflessione intitolato Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 (https://ec.europa.eu/commission/publications/reflection-paper-towards-sustainable-europe-2030_en), per stimolare il dibattito sulle azioni da intraprendere nel quadro dell’Agenda 2030 dell’ONU (cfr riquadro) per garantire uno sviluppo effettivamente sostenibile dal punto di vista ambientale, sociale ed economico, ossia «in grado di soddisfare i bisogni della generazione presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future riescano a soddisfare i propri» (Commissione mondiale per l’ambiente e lo sviluppo, Nazioni Unite, Our Common Future, 1987, noto come Rapporto Brundtland). In questi termini, la sostenibilità è un orizzonte che implica un ripensamento dell’attuale modello di vita, produzione e consumo, per garantire la dignità e il futuro di tutti, creando le condizioni perché siano rispettati i tempi, la biodiversità e le risorse limitate del nostro pianeta.
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite
Nel settembre 2015, all’Assemblea generale dell’ONU, 193 Stati di tutto il mondo hanno sottoscritto il documento Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile (<https://sustainabledevelopment.un.org>). L’Agenda individua 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals, SDGs) da raggiungere entro il 2030, che si articolano in 169 target, raggruppati in 5 aree prioritarie (le 5 P): Persone, Pianeta, Prosperità, Pace, Partnership.
L’Agenda presenta alcuni aspetti innovativi di metodo e di sostanza:
- è stata accettata da tutti gli Stati, indipendentemente dal livello di sviluppo;
- afferma una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo (economica, sociale e ambientale): lo sviluppo sostenibile riconosce che la sconfitta della povertà, la lotta contro le disuguaglianze fra Paesi e al loro interno, la salvaguardia del pianeta, la creazione di una crescita economica duratura, aperta a tutti e sostenibile e la promozione dell’inclusione sociale, sono elementi legati fra loro e interdipendenti;
- richiede di incanalare le potenzialità di tutte le componenti della società verso la creazione di un futuro sostenibile.
Per le iniziative in atto in Italia cfr <https://www.minambiente.it/pagina/la-strategia-nazionale-lo-sviluppo-sostenibile> e <http://asvis.it>.
Non si tratta di una novità assoluta per l’Unione Europea (UE): l’obiettivo della sostenibilità è stato previsto in modo esplicito nel Trattato di Amsterdam (art. 3) del 1997. Nel giugno 2001, il Consiglio europeo ha adottato una prima Strategia della UE per lo sviluppo sostenibile (EU SDS), finalizzata a integrare tale obiettivo nelle politiche settoriali di competenza europea. Un punto di svolta è arrivato con l’adozione nel 2015 da parte dell’ONU dell’Agenda 2030, che ha fornito un quadro di riferimento strategico condiviso a livello internazionale sui temi presi in esame, al cui fondamento vi è la necessità di una visione integrata delle diverse dimensioni dello sviluppo. A partire dal 2015 le istituzioni della UE hanno quindi utilizzato i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs in inglese) previsti dall’Agenda 2030 come riferimento per tutte le politiche europee ed Eurostat monitora lo stato dell’arte e l’avanzamento verso tali obiettivi.
Il recente documento della Commissione fa il punto della situazione elencando, innanzitutto, tutte le decisioni già adottate dalla UE al fine di raggiungere gli SDGs, sia nel territorio europeo, sia attraverso la cooperazione con i Paesi in via di sviluppo. Gli ambiti sono numerosi: economia circolare; strategia per la crescita sostenibile nei settori marino e marittimo; bioeconomia; piano d’azione sulla finanza sostenibile; agenda urbana per la UE; pilastro sociale; consenso europeo in materia di cooperazione allo sviluppo, solo per fare alcuni esempi. Nel documento, la Commissione propone tre scenari per il futuro, evidenziandone i pro e i contro, fondati sulla premessa che gli Stati membri, le imprese e la società civile concordano sulla necessità di un maggiore impegno se si vuole assicurare un futuro sostenibile, conseguendo gli SDGs entro il 2030. Non solo: la UE, alla luce della propria storia e dei propri valori di fondo, avrebbe le caratteristiche per assumere un ruolo guida a livello mondiale, se tale fosse la volontà politica condivisa.
Il primo scenario propone che il raggiungimento degli SDGs sia realizzato al livello complessivo della UE, con un ruolo centrale delle istituzioni europee, avvalendosi di un approccio integrato per beneficiare del valore aggiunto derivante dalla condivisione degli SDGs e dalla coerenza tra i diversi settori e livelli di intervento. Le istituzioni UE definirebbero una road map vincolante, da attuarsi attraverso le politiche europee con il contributo delle politiche nazionali. Il secondo scenario lascerebbe agli Stati membri e alle autorità locali maggiore libertà nella programmazione degli interventi per realizzare gli SDGs, poiché un quadro strategico europeo vincolante potrebbe non tener conto delle specificità locali nei singoli Stati membri. In questo caso non ci sarebbero né vincoli collettivi né una visione europea trasversale: la conseguenza potrebbe essere una mancanza di coerenza nelle scelte per uno sviluppo sostenibile tra le politiche europee e tra quest’ultime e quelle nazionali. Il terzo scenario propone, infine, di prendere in considerazione gli SDGs a livello UE principalmente per le politiche europee di cooperazione allo sviluppo.
Verso un’Europa sostenibile entro il 2030 si inserisce nella riflessione avviata dalla Commissione nel marzo 2017 con il Libro bianco sul futuro dell’Europa, in cui si pongono alcune domande centrali: perché stiamo insieme? Che cosa vogliamo mettere in comune? Come farlo? Le questioni sollevate nel documento sullo sviluppo sostenibile inseriscono questa riflessione in un orizzonte più ampio, che si preoccupa di assicurare la possibilità alle generazioni future di vivere dignitosamente in un pianeta abitabile.