Da Chávez a Maduro
2013: l’avvento al potere di Nicolás Maduro
Una nuova fase politica inizia in Venezuela il 5 marzo 2013, quando è annunciata la morte del presidente Hugo Chávez Frías. Senza la presenza dell’uomo forte, capace di aggregare i consensi intorno alle sue idee e dotato di un particolare carisma, la cosiddetta Rivoluzione bolivariana e i partiti politici che la sostengono, principalmente il Partito socialista unito del Venezuela (PSUV), si presentano alle elezioni senza il loro principale riferimento. Nello stesso tempo, l’opposizione, guidata da Henrique Capriles, cerca di capitalizzare il malcontento di milioni di cittadini, sapendo però che l’aspetto affettivo-emotivo non è a loro favore.
Dopo una campagna elettorale atipica, di breve durata e condizionata dall’eredità politica di Chávez, le elezioni presidenziali del 14 aprile 2013 sono vinte da Nicolás Maduro, che era Ministro degli Esteri dal 2006 e di fatto il delfino di Chávez. Con Maduro alla presidenza, le tensioni interne al chavismo si acuiscono, mentre una parte dell’opposizione politica e milioni di venezuelani ritengono che il Governo sia privo di legittimità. Il conflitto raggiunge livelli elevati, ai quali Maduro e la sua cerchia di potere reagiscono in modo duro.
2014: la violenza si allarga
«L’Osservatorio venezuelano dei conflitti sociali (OVCS) ha registrato tra gennaio e dicembre 2014 almeno 9.286 proteste, una cifra senza precedenti negli ultimi decenni, equivalente a 26 proteste al giorno in tutto il Paese». Questi dati mostrano quanto è accaduto in Venezuela nel 2014 e la debolezza del Governo di Maduro, che cominciava a fare i conti con la realtà che per anni Chávez era riuscito a mascherare attraverso vari mezzi: denaro, istrionismo e promesse non mantenute.
Un Paese in pieno conflitto e un potere esercitato attento solo all’autoconservazione non possono che portare a violenza, repressione e morte. Sempre l’Osservatorio venezuelano dei conflitti sociali denuncia che «la violenza e la repressione contro i manifestanti hanno raggiunto livelli senza precedenti nella storia del Venezuela [...] Da febbraio a giugno, 3.306 manifestanti sono stati arrestati, 973 sono stati feriti e 42 sono morti».
2015: una speranza politica che si è spenta
Il 6 dicembre si svolgono le elezioni parlamentari per rinnovare l’Assemblea nazionale. L’opposizione politica, raggruppata nella Mesa de la Unidad Democrática (MUD), ottiene una vittoria clamorosa, persino sorprendente per molti. La chiara sconfitta dei candidati filogovernativi è riconosciuta anche dal presidente Maduro: «Questo è uno schiaffo per svegliarci su ciò che dovremo affrontare in futuro» . Il futuro a cui Maduro si riferisce assume ben presto i contorni di un acuirsi degli scontri a livello politico, manifestazioni di piazza e interventi delle forze dell’ordine.
Il 2016 inizia, infatti, con una presa di posizione netta dell’appena eletto Presidente dell’Assemblea nazionale, Henry Ramos Allup: «Diciamo anche che, entro sei mesi dall’insediamento dell’Assemblea nazionale, proporremo un metodo, un sistema, per cambiare il Governo con mezzi costituzionali. Lo faremo» . Dopo questa dichiarazione, lo scontro tra Governo e opposizione si è intensificato. Per Maduro e i suoi alleati, la nuova Assemblea Nazionale va oltre i suoi poteri, volendolo rimuovere dal potere. Per i deputati appena eletti, proporre e rendere fattibile un cambio di Presidente fa parte della loro missione, legittimata dalle maggioranze che li ha eletti. In questo braccio di ferro a uscirne vittorioso è il Governo, che riesce a imporre una serie di controlli che ridimensionano le funzioni dei parlamentari e i loro margini di azione.
2019: un tentativo infruttuoso
Nel gennaio 2019, Juan Guaidó diviene Presidente dell’Assemblea nazionale. Pochi giorni dopo, è nominato Presidente ad interim del Paese, in base all’interpretazione di alcune norme giuridiche che, dal suo punto di vista e da quello di chi lo ha sostenuto, gli assicurano l’accesso al potere nel rispetto della Costituzione. L’impatto di questa mossa è significativo, soprattutto in termini mediatici e comunicativi, introducendo una nuova variabile nella già complicata situazione venezuelana. Diversi Stati hanno mostrato favore nei confronti del nuovo Presidente ad interim, tra cui la Colombia, gli Stati Uniti, il Canada, la Francia. Alcuni Stati lo riconoscono come legittimo Presidente del Paese, mentre altri Stati – tra cui Cina, Russia, Messico, Uruguay – continuano a sostenere il Governo di Maduro.
A distanza di alcuni anni, l’azione politica di Guaidó non ha prodotto alcun cambiamento reale. Al contrario, ha acceso il dibattito all’interno dell’opposizione sulla leadership e su come esercitarla e ha infiammato le tensioni tra Maduro e l’opposizione.
Note