Un ottimista razionale

Come evolve la prosperità

Matt Ridley
Codice Edizioni, Torino 2013, pp. 418, € 15,90
Scheda di: 
Fascicolo: giugno-luglio 2014
Ottimista e razionale. Anzi, ottimista perché razionale. Tale si definisce Matt Ridley, divulgatore scientifico americano già noto in Italia per alcuni volumi pubblicati, fra gli altri, da Instar e Adelphi. E il suo nuovo libro non a caso reca nel titolo il doppio aggettivo: perché si prefigge di dimostrare, dati alla mano, che gli scenari per il mondo non possono essere così cupi come molti “catastrofisti” (specie in una fase di prolungata crisi come l’attuale) li vogliono vedere.
Lo fa partendo dal presupposto che i molteplici e straordinari miglioramenti avvenuti, pur fra molte contraddizioni, negli ultimi diecimila anni nella qualità media della vita delle persone difficilmente potranno lasciare il posto a repentini cambiamenti in negativo.
Non è, quella di Ridley, una fiducia scriteriata nel progresso, ma una proiezione costruttiva sul futuro dell’umanità basata sull’analisi attenta e documentata delle trasformazioni (sociali, culturali, economiche, tecnologiche, politiche, ecc.) che hanno contraddistinto la nostra storia a partire dalla rivoluzione del Neolitico e con un’impressionante accelerazione a partire dalla Rivoluzione industriale. Ma soprattutto alla luce di una grande fiducia riposta nell’“intelligenza collettiva”, ovvero nella capacità dell’uomo di adeguarsi di volta in volta ai tempi assecondando i cambiamenti, mettendo a confronto conoscenze, studi, analisi per individuare soluzioni atte a superare problemi di approvvigionamento delle risorse, migliorare la produttività, individuare alternative a materie prime in via di esaurimento, ridurre l’inquinamento, ripensare gli stili di vita, ecc.
Ridley mette sotto osservazione anche i “grandi pessimismi” emersi a partire soprattutto dalla seconda metà del ’900 (la crisi demografica, quella petrolifera, il terrore delle pandemie, il timore dell’insostenibilità della crescita economica, ecc.); in particolare punta il dito sui due più inquietanti “spettri” che volteggiano sul mondo d’oggi: il surriscaldamento del clima e la fame che in Africa tiene in scacco circa 1 miliardo di persone. E di fronte ad essi conclude con la stessa incrollabile certezza: «La domanda non è se sia possibile proseguire sulla stessa strada di adesso, perché la risposta è ovviamente negativa, ma piuttosto quale sia il modo di assecondare al meglio la corrente di cambiamento necessaria affinché cinesi, indiani e africani possano vivere agiatamente come fanno oggi gli americani» (pp. 310-311).
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