Un populismo senza popolo: è il controsenso generato dalla nostra miopia politica. Dalle radici contadine alla lotta operaia, secondo Marco Revelli, figlio del partigiano e scrittore Nuto Revelli e docente di Scienza della politica all’Università del Piemonte Orientale, le istanze politiche forti si sono sempre basate su identità forti: sociali, culturali, anche geografiche. Ma oggi è il tempo della fragilità, della dispersione, dell’incertezza e coloro che furono popolo invecchiano senza maturità, si arrabbiano senza speranze. E riempiono le piazze di uno scontento scoordinato, la fibrillazione dei dimenticati, di coloro che vivono al margine e sono stufi di pagare il benessere di chi occupa il centro della scena.
In un dialogo profondo con il giornalista Luca Telese, Marco Revelli racconta loro, gli esclusi. Dà voce e corpo al dolore e al disinganno di chi ha smesso di sentirsi parte della storia per tramutarsi nell’equazione geografica delle periferie. Privati di una cultura condivisa, bombardati dalle incitazioni all’odio di élite negative che perseguono il proprio progetto di potere e ricchezza, non sono più difesi da una sinistra che al «siamo con voi» ha sostituito il «si salvi chi può».
Queste pagine delineano, con chiarezza e passione, le ragioni di un tracollo civile. E indicano un’unica, impervia ma possibile, via di fuga. Contro le «passioni tristi», la volgarità del linguaggio e la violenza delle piazze; contro la disumana pedagogia che nutre i mostri, sui social e fuori: tornare a credere nel popolo. Questo populismo di ultimissima generazione che si appresta a inaugurare i nostri nuovi anni ’20, questo populismo 3.0, secondo Marco Revelli, ma a cui il suffisso «turbo» si adatta pienamente. «Un pò ovunque nell’Occidente della crisi, l’insorgenza populista che ha caratterizzato il passaggio al secondo decennio del secolo ha subito una sorta di “viraggio” a destra, sciogliendo le proprie ambivalenze dell’origine, abbandonando alcune tematiche più o meno libertarie, anticonformiste, socialeggianti» (pp. 197-198). Questo populismo 3.0 sembra aver risolto l’ambivalenza della prima età piegando decisamente a destra persino nei suoi riferimenti, nella simbologia che utilizza, nelle citazioni dei suoi leader: populismo oggi è sinonimo di sovranismo, identitarismo, neonazionalismo tendenzialmente autoritario e suprematista.