Ti chiamo per nome
Storie di riconciliazioni possibili
Elena Parasiliti
Terre di Mezzo, Milano 2013, pp. 160, € 12
La sentenza di un giudice, di condanna o di assoluzione dell’imputato, è solo il primo passo verso il ristabilimento della giustizia violata da un presunto reato. Lo scopo della giustizia civile e penale dovrebbe essere quello di ripristinare la giusta relazione fra le parti in conflitto, ma non sempre viene raggiunto. Una vera conciliazione fra vittima e reo rientra nell’ambito della giustizia riparativa, quella che si ristabilisce quando chi ha subito il torto è disponibile a concedere il suo perdono al colpevole, il quale, da parte sua, riconosce il male commesso e si dispone a ripararlo secondo le modalità concordate con la controparte.
Accade spesso, invece, che la vittima voglia a tutti i costi farla pagare al reo, mentre questi non è minimamente disposto a riconoscersi colpevole; oppure si pratica un falso perdono sotto forma di oblio, rinuncia a denunciare il male subito, come se nulla fosse successo, a parte la rabbia e il desiderio di rivalsa che non vanno via. In queste situazioni c’è un’implicita negazione dell’altro, un non volerlo riconoscere nella sua personalità, cercare di annullarlo in qualche modo, farne sparire il nome.
Questo libro raccoglie una serie di storie in cui, invece, il faticoso percorso della denuncia e del riconoscimento del male fino al giusto perdono è riuscito: vittima e colpevole sono arrivati a pronunciare l’uno il nome dell’altro.
In appendice un elenco di Associazioni che stanno introducendo in Italia la pratica della mediazione, un percorso privilegiato per arrivare alla giustizia riparativa.
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