The Whale
Regia di Darren Aronofsky
Stati Uniti 2022, drammatico, 117 min.
Può una persona davvero salvarne
un’altra? O più radicalmente:
esiste una salvezza? Queste sono le
domande che emergono nel lungometraggio
di Aronofsky, vincitore di
due premi Oscar 2023, tratto dall’omonima
pièce teatrale di Samuel D.
Hunter. Dell’arrangiamento teatrale
il film conserva i tempi lenti, i lunghi
e drammatici dialoghi e il setting
fisso, l’appartamento del quarantenne
iperobeso Charlie. Professore
di inglese al college, dove insegna
solo online e senza mai attivare la
videocamera, Charlie vive recluso a
causa della massa corporea che gli
rende quasi impossibile ogni movimento.
In attesa della morte dopo
un violento attacco cardiaco,
Charlie cerca di ricomporre i pezzi
della sua vita andata in frantumi
con il suicidio del compagno Alan,
cercando di riconciliarsi con la figlia
adolescente Ellie, che odia lui
e il mondo intero per essere stata
lasciata sola con la madre. Nei limiti
angusti del buio e disordinato
appartamento mettono in scena il
loro dolore anche altri personaggi
feriti dalla vita: l’infermiera Liz, l’ex
moglie di Charlie Mary, e il giovane
Thomas, membro di una setta cristiana
millenarista, che tenta invano
di convertire Charlie. Circondato da
odio e sofferenza, Charlie condivide
i suoi sensi di colpa, rappresentati
dalla sua opprimente compulsione
a ingurgitare cibo fino a stare male
e dal suo ossessivo ripetere «mi dispiace», ma lotta per mantenere
una visione positiva dell’umanità.
Nel rifiuto netto di una visione religiosa
(distorta) di salvezza, rappresentata
dalla setta di Thomas,
e in un suo personale cammino di
espiazione che lo porta all’autodistruzione,
Charlie arriva a convincersi
che «le persone sono meravigliose
»: questa è l’autenticità, il
«qualcosa di originale» che cerca di
far emergere in chiunque incontri.
Nonostante il registro cupo che
domina la storia, sembra farsi strada
nelle vite spezzate dei protagonisti
uno sguardo diverso sull’umanità,
capace di penetrare l’apparenza
disgustosa di tante persone e situazioni,
capace di non dividere il mondo
in bianco e nero e di scoprire in
ognuno una bellezza inaspettata e
nascosta, per arrivare ad affermare,
secondo le parole di Charlie, che
davvero alla fine le persone sono
«incapaci di non amare».
Esiste dunque una salvezza? A
fine visione la domanda rimane
aperta alla speranza più tangibile
che il mondo sia un luogo migliore
di quello che appare.
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