Negli ultimi anni, il fenomeno
delle baby gang nelle grandi
aree urbane è al centro dell’attenzione e motivo di allarme sociale
nel nostro Paese. Isaia Sales ha dedicato un’accurata analisi alla situazione della città di Napoli, tenendo
in conto la singolarità della situazione dell’ordine pubblico «dovuta
innanzitutto alla qualità delle azioni criminali, alla “radicalizzazione”
violenta di una parte consistente
dei giovanissimi dei quartieri, a un
alto indice di recidiva da adulti dei
minori finiti nel circuito delle carceri minorili, alla “percezione” che si
ha della fase attuale» (p. 13). Attraverso una riflessione storica e attingendo ai lavori pubblicati in precedenza sulla camorra, l’A. riflette
sugli elementi che caratterizzano le
baby gang, evidenziando un tratto
in particolare: non è possibile distinguere nettamente, come avviene altrove, la criminalità minorile
da quella degli adulti, perché sono
entrambe espressione di una comune questione sociale.
Il volume può essere definito
un’opera letteraria di scrittura sul
fenomeno delle baby gang a Napoli, perché la riflessione appare chiaramente influenzata dai riferimenti
a libri e romanzi dell’Ottocento e
primo Novecento, ambientati in affollate metropoli europee come
Londra, Parigi e Napoli. Da questi
testi emerge un dato: la formazione
di «uno strato sociale privo di lavoro, di abitazioni decenti e di una
igiene dignitosa fu una caratteristica dell’inurbamento impetuoso che
segnò la crescita delle tre grandi
capitali europee, così come di altre
città» (pp. 57-58), facendo nascere
una nuova classe sociale marginale.
Mentre a Parigi e Londra lo sviluppo
industriale e urbano offrì possibilità
di integrazione sociale e lavorativa,
che ridussero nel tempo il peso delle “classi pericolose”, come venivano definite, a Napoli non accade lo
stesso. Questa nuova plebe divenne
una protagonista stabile della scena
urbana e lo è rimasta fino ai nostri
giorni.
Muovendo da un approccio di
tipo culturale, l’A. fa rilevare che i
minori delle baby gang sono ossessionati dalla fama, la “rinomanza”, cioè che il loro nome sia conosciuto tra i criminali, che si faccia
strada nel mondo sociale in cui
vivono. Per farsi un nome sono disposti a tutto: umiliare, offendere, mettere paura, ferire, ammazzare.
In quel mondo sei qualcuno solo
se gli altri hanno paura di te. I ragazzini che si vogliono mettere alla
pari con gli adulti avvertono la minore età come un peso, come una
dimensione inutile e insignificante
della vita. Per uscire dall’infanzia e
dall’adolescenza, per saltare una
fase della vita, ricorrono all’aiuto
delle armi.
A partire dall’analisi di quanto
accade a Napoli, secondo l’A., si sta
formando un fenomeno criminale
diverso da quello conosciuto fino
a qualche anno fa: «c’è la crudeltà
giovanile e il gangsterismo urbano,
c’è l’ideologia della violenza come legittimazione sociale. I giovani
sottoproletari di Napoli stanno
dando vita a un’inedita miscela di
violenza tradizionale e al tempo
stesso ideologica, di illegalità di
strada e affari milionari. Perciò
forse il termine più corretto per
definire questo fenomeno è gangsterismo sociale» (p. 170).
Attraverso il lavoro di scrittura,
Teneri assassini offre un quadro
chiaro sul fenomeno della criminalità minorile a Napoli, ma non si
limita a questo, adoperandosi per
trovare vie di uscita e di recupero
dei giovanissimi coinvolti nelle
baby gang.