Sulle sponde del Mediterraneo
Geopolitica, guerre, religioni
A. Cortesi, C. Monge
Edizioni Nerbini, Firenze 2017, pp. 114, € 13
Non è una questione da poco quella che riunisce i co-autori di questo libro, con il proposito di offrirci una raccolta di prospettive diverse ma complementari su una problematica spesso banalizzata.
In ogni capitolo si può identificare una domanda. «Che cosa ci insegna la storia?», si chiede Pietro Domenico Giovannoni. In merito al rapporto tra Oriente e Occidente, che cosa sappiamo, davvero, dell’islam, a eccezione di poche informazioni tramandateci perché rilevanti per il mondo occidentale? «L’islam frena il suo stesso sviluppo economico?», si chiede Sebastiano Nerozzi. Poiché questa ipotesi colliderebbe con la prosperità del mondo arabo prima del XVIII secolo, è necessario tenere conto di altri fattori, quali la sostanziale indifferenza dell’Europa dalla “corsa al petrolio” del 1930. «Perché non si parla della Siria?», riflette Francesca Paci. Sebbene anch’essa abbia avuto una “primavera araba”, non ha ricevuto la stessa copertura mediatica delle altre; inoltre, nel pieno del conflitto arabo-palestinese, gli interventi degli altri Stati sono stati scarsi e riluttanti, a causa dei molti interessi in gioco. «L’Islam è incompatibile con la democrazia?» si domanda Tania Groppi. La nuova Costituzione tunisina, che presenta elementi tipici delle Costituzioni europee (indipendenza della magistratura, apertura ai trattati internazionali, democrazia elettorale), sembra provare il contrario. Si termina con la domanda più pressante: «Si può avere religione senza violenza?». Cortesi e Monge contestano che ci sia un reale rapporto d’implicazione reciproca, analizzando invece gli elementi comuni alle religioni “compromesse” (maschilismo, convinzione esclusivista, pretesa di obbedienza).
Sono domande importanti, cui il volume non pretende di dare delle risposte definitive; l’obiettivo è, piuttosto, di orientare, cercando di «promuovere un rinnovato dialogo tra persone e popoli» (p. 11).
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