Non basta certo sbarcare su Tik Tok per conquistare il cuore e soprattutto il consenso dei giovani, che peraltro risultano essere i grandi assenti da questa campagna elettorale. Ne è convinto il vicentino padre Cesare Sposetti, gesuita, 38 anni, originario di Rettorgole (Caldogno), in servizio da un anno come redattore della rivista Aggiornamenti sociali e che sarà uno dei relatori al convegno che il nostro settimanale organizza sabato 17 settembre da titolo "Cattolici (e non). La sfida del voto". Lo abbiamo raggiunto al telefono per analizzare il possibile voto, o non voto, dei giovani alle imminenti elezioni politiche.
A 15 giorni al voto, che sensazione ha di questa campagna elettorale?
«A causa del voto anticipato che per la prima volta si tiene a settembre è una campagna elettorale compressa nei tempi: realizzata in agosto non è proprio il massimo e si sta molto polarizzando».
Che spazio è dato nel dibattito pre-elettorale alle giovani generazioni?
«Mi sembra ben poco. Paradossalmente c’è un grande uso da parte dei politici dei social, strumenti comunicativi tipici dei giovani, ma il loro target di riferimento non sembra siano i giovani».
Le giovani generazioni che atteggiamento hanno?
«Molti di loro sono anche disponibili a mobilitarsi su questioni di natura politica (vedi discorso ambiente e diritti civili) ma sono molto disillusi e scettici rispetto a questo tipo di politica partitica. Hanno forti dubbi sull’effettiva utilità della partecipazione alla competizione elettorale e sentono che non c’è un partito che davvero li rappresenti».
L’uso dei social da parte dei politici non serve dunque ad avvicinare i giovani?
«Sempre di più la politica si fa anche sui social. Ora stanno provando con Tik Tok, ma l’impressione è che i politici usino gli strumenti dei giovani, ma non li ascoltino davvero, anche perché alla fine sono una minoranza. La maggioranza che pesa elettoralmente è più anziana».
"I giovani non ci fanno vincere, dunque non perdiamo tanto tempo". È così?
«Esatto. Basti vedere la discussione sul voto ai fuori sede. È un grande problema degli under 30 e degli studenti universitari: sono fuori sede e per loro costa tanto tornare a casa per votare, eppure la politica non ha mosso un dito per risolvere il problema e rendere effettivo davvero il loro diritto di voto. Non parliamo poi degli Erasmus che vivono all’estero e che se non sono iscritti all’Aire non possono neanche votare».
Se lei deve incoraggiare un giovane ad andare a votare cosa gli dice?
«Il lamentarsi per come vanno i partiti è un gioco che dura oramai da tanto nel nostro Paese e diventa una scusa per non fare nulla per migliorare. Ci sono certo difficoltà, però è importante far sentire la propria voce e ragionare a partire da quello che c’è per costruire qualcosa di meglio. L’astensionismo non può essere la risposta a questa situazione difficile».
Lauro Paoletto
La Voce dei Berici