Sostenibilità equità solidarietà

Un manifesto politico e culturale

Maurizio Pallante
Lindau, Torino 2018, pp. 188, € 16
Scheda di: 

«Questo libro si rivolge a chi pensa che i partiti esistenti non siano in grado di indicare soluzioni efficaci per superare la crisi ecologica, la crisi economica, il degrado della vita sociale, l’aggravamento delle tensioni internazionali» (p. 10). Se questa è l’ambizione, il volume ha una platea molto ampia di potenziali lettori. Una precisazione è d’obbligo: non si tratta «di testi esaustivi [...], ma di riflessioni che devono essere implementate, integrate, corrette» (p. 141).

Maurizio Pallante, esperto di economia ecologica e tecnologie ambientali, si cimenta nella narrazione guidato da tre parole chiave, trasversali all’intero testo.

La prima è sostenibilità. Quando nei primi anni ’70 i problemi ambientali si affacciarono sulla scena internazionale fu subito chiaro che il nuovo modello di sviluppo «per essere buono doveva essere sostenibile e/o durevole; che non bisognava confondere lo sviluppo, che ha una valenza qualitativa, con la crescita economica, che ha una connotazione esclusivamente quantitativa» (pp. 42-43). A distanza di più di quarant’anni, l’A. riconosce che questo non è avvenuto, anzi afferma che fino a quando lo sviluppo dell’economia coinciderà con la crescita della produzione di merci – termine ricorrente nel testo, anche se un po’ circoscritto e desueto –, lo sviluppo sostenibile resterà un ossimoro, al massimo aumenterà la sostenibilità di alcuni processi produttivi. «Per consentire all’umanità di avere un futuro, la sostenibilità deve sostituire lo sviluppo come riferimento di tutte le scelte produttive [...]. La parola sostenibilità esprime un concetto tanto preciso quanto ignorato: la necessità di evitare che la produzione e il consumo di merci oltrepassino i limiti della compatibilità ambientale» (p. 49). Poiché questi limiti sono già stati superati, non resta che accompagnare tutto ciò che può essere migliorato, come ad esempio la riduzione dei consumi delle risorse non rinnovabili, con un cambiamento del sistema dei valori «che liberi gli esseri umani dalla gabbia dell’identificazione del benessere col consumismo e li porti a riscoprire la dimensione spirituale, l’importanza di relazioni umane significative, la solidarietà, la creatività, il fascino della bellezza e dell’armonia» (p. 50). L’A. individua due settori strategici in cui sperimentare la sostenibilità: il settore energetico e quello di gestione dell’acqua potabile. In entrambi l’impegno principale è quello di ridurre gli sprechi (in Italia le reti idriche perdono mediamente il 65% dell’acqua depurata), aumentando l’efficienza. «La decrescita selettiva degli sprechi è l’unica via d’uscita da una crisi che da troppo tempo genera problemi al sistema economico e sofferenze umane gravissime» (p. 79).

Qui entra in gioco la seconda parola, equità. «Chi si propone di promuovere una maggiore equità sociale e una maggiore compatibilità ambientale non può non impegnarsi contro l’aumento dei debiti pubblici e per l’adozione di stili di vita che escludano il ricorso ai debiti per comprare più di quanto non consenta il proprio reddito» (p. 55). Ecco perché l’A. valuta positivamente la scelta dell’Unione Europea di porre dei limiti ai debiti e ai deficit pubblici degli Stati membri. Inoltre una maggiore equità tra i popoli non è possibile estendendo ai Paesi in via di sviluppo il nostro modello economico. Si tratta di cambiare passo e sistema di valori per un’equità destinata alle generazioni presenti e future, alla specie umana e a tutte quelle viventi, perché solo questa equità estesa può consentire di raggiungere la compatibilità ambientale e solo quest’ultima può consentire di realizzare l’equità. Poiché la vita di ogni essere vivente è sostenuta dall’insieme delle sue relazioni, per perseguire l’equità occorre superare l’antropocentrismo deviato, attraverso una riconversione del progresso tecnologico, non più orientato al consumo di merci, ma alla cura. Un esempio è quanto sta avvenendo nei confronti dei migranti, a cui il volume dedica un capitolo, anche se non perfettamente riuscito. Riproponendo citazioni decontestualizzate tratte da interviste, articoli di giornali e Rapporti, si denuncia l’insopportabile ipocrisia dell’accoglienza. Emerge una contraddizione tra il «dovere etico» (p. 94) di alleviare una sofferenza e l’affermazione che «se ci si limita ad agevolare l’accoglienza dei migranti si rafforzano le cause che li inducono a emigrare» (p. 90). Come se il «dovere intellettuale» (p. 94) di capire le cause dei flussi migratori, «a cui consegue l’impegno politico di provare a rimuoverle» (ivi), non possa convivere con il dovere dell’accoglienza.

Infine la solidarietà, che sembra fare da collante tra le prime due parole (sostenibilità ed equità). «Non hanno capacità di futuro i cambiamenti introdotti nel sistema dei valori e negli stili di vita tradizionali che hanno indotto a: «[...] sostituire le relazioni comunitarie fondate sulla solidarietà con rapporti sociali fondati sulla competizione» (p. 120). La solidarietà è presentata come quel valore che «favorisce gli scambi non mercantili fondati sul dono e sulla reciprocità» (p. 149). In questa direzione, il sottotitolo del libro – «un manifesto politico e culturale» – chiama in causa la creazione di un soggetto politico che, incarnando il suo programma sui valori della sostenibilità, dell’equità e della solidarietà, sia «la proiezione a livello istituzionale di un patrimonio di idee maturate nel confronto tra una pluralità di associazioni collegate tra loro non da vincoli organizzativi, ma da una comune volontà di costruire un paradigma culturale incentrato su quei valori: associazioni di volontariato sociale, associazioni culturali, gruppi religiosi e di ricerca spirituale, imprenditori e professionisti» (p. 150) e ancora agricoltori, gruppi di acquisto solidale, artigiani, insegnanti, operatori sanitari, ecc.

Dinnanzi a un libro in grado di offrire spunti di riflessione assonanti con l’ecologia integrale, segnaliamo il limite di chiudere con alcune considerazioni sul significato politico del referendum costituzionale del 4 dicembre 2016. L’appendice dedica ampio spazio alla vicenda, per lo più con domande retoriche: un’operazione ricca di voli pindarici, che non si amalgama del tutto con l’intera struttura del volume.


Ultimo numero

Rivista

Visualizza

Annate

Sito

Visualizza