Il 17 giugno 2020, Giovanni Grandi pubblica il seguente post: «Ci ferma un vicino e ci mostra (felice) questo biglietto, che ha trovato accanto a una sua pianta acciaccata.
Lo ha lasciato un amico di nostro figlio (undici anni), con firma e banconota. Il mio prossimo corso di Etica pubblica in università non potrà che partire da qui».
Allegata a queste parole vi è la foto del biglietto scritto da questo bimbo:
Buongiorno,
mi scuso per la pianta
l’ho colpita accidentalmente
con un pallone da calcio.
Ecco 5 euro per il danno.
«In una manciata di ore i retweet sono diventati migliaia e i like più di 15.000 […] Perché tanta risonanza per un semplice biglietto di scuse?» (p. 9). Forse perché a giugno dello scorso anno eravamo stati toccati nella nostra umanità dal COVID-19 e si era accesa in noi la nostalgia di relazioni oneste e pulite.
Grandi dice: «Ho pensato che quel bigliettino fosse capitato a proposito: un microepisodio di sussulto etico dentro una macroparabola collettiva di risveglio morale, entrata in quel momento in
una fase di coda» (p. 14).
Il filosofo triestino costruisce, a
partire da questo fatto, un libro
dove in ogni capitolo approfondisce
un tema di etica pubblica.
Il metodo è suggestivo: anziché
partire dai macroproblemi morali
per guadagnare poi il piano delle
pratiche e delle soluzioni soluzioni,
la riflessione muove da un caso
semplice, proponendo di individuare
progressivamente i problemi
che questo pone al mondo adulto.
Il primo capitolo mostra il nesso
tra pubblico e privato. «Per molti
studiosi non può essere ammessa
l’esistenza di una “doppia etica”,
come se al pubblico e al privato
potessero corrispondere due versioni
moralmente contraddittorie
di noi stessi: il disallineamento sarebbe
di per sé indice di patologia»
(p. 19).
Nel secondo capitolo, dal titolo
«Tra fake news e copiaincolla»,
Grandi si sofferma sui tanti giornalisti
che hanno rilanciato la notizia
del biglietto senza verificare le
fonti. Da qui nasce una riflessione
di tipo antropologico e l’invito ad
andare in profondità e non vivere
la vita «copincollando noi stessi
negli anni» (p. 29).
Vi è poi la riflessione sulla responsabilità,
a partire dal gesto del
bambino che ha lasciato il biglietto
e i soldi. Metterci la faccia e la firma
di fronte ai propri errori non
è scontato. Collegato a questo vi
sono le considerazioni sul “sentire”
e quindi sul “senso” di responsabilità.
«Sentire il male che è entrato o
che entrerà nella vita dell’altro è la
chiave che letteralmente accende la
responsabilità. Per questo il parlare
comune coglie qualcosa di profondamente
vero quando fa appello a
un “senso”, alla capacità di percepire
affettivamente, di lasciarsi toccare
e colpire da quel che sta toccando
e colpendo l’altro, causandogli
tristezza e sofferenza. L’etica è una
questione di decisioni, di gesti ma
certamente anche di sensibilità»
(p. 42). Vi è poi spazio per una riflessione
sul ruolo degli amici che
hanno aiutato il bambino a scrivere
il biglietto, non solo perché hanno
suggerito l’avverbio “accidentalmente”,
ma soprattutto perché non
sono rimasti indifferenti.
Non mancano pagine che, a
partire dalla figura del vicino – che
si prende cura dello spazio condominiale
– riflettono sul nesso tra
offensori e vittime, riprendendo il
pensiero di René Girard.
Un passaggio originale di questo
testo è nel capitolo «Esemplarità».
Vi è stato un apprezzamento generale
per il gesto del bambino, ma
Giovanni Grandi aggiunge: «Da un
singolo gesto, e senza conoscere
null’altro di chi lo ha compiuto, è
molto azzardato desumere la presenza presenza
o meno di solide qualità morali
» (pp. 65-66). Gli antichi erano
molto più prudenti di noi nell’indirizzare
sentimenti di ammirazione
e solitamente la cosa avveniva ex
post, quando la storia ormai era
tutta scritta e la vita completata.
Tutto il capitolo è ben costruito
nel mostrare come le vite siano più
complesse e a più tinte rispetto
a una visione univoca. Ogni vita
vede una lotta interiore tra bene
e male e per questo «dovremmo
fare attenzione a non creare degli
eroi con quei tratti di unilateralità
che rischiano di oscurare gli alti e i
bassi di ogni vita» (p. 70).
Le ultime due “lezioni” sono
sull’educare e sull’allenare le virtù
giorno dopo giorno, imparando a
discernere il bene dal male nella
quotidianità.
Il libro scorre veloce e si legge
piacevolmente e giunti alla conclusione
scopriremo che, per ciascuna
delle nove lezioni di etica pubblica,
l’autore fornisce preziosi suggerimenti
bibliografici per approfondire
i singoli temi. Giovanni Grandi non
si limita a citare testi, ma li contestualizza
facendo scaturire nel lettore
il desiderio di passare da questo
libretto agli altri volumi citati.