ArticoloDiario COP21

"Restituire ai popoli dell'Amazzonia la loro storia"

Equipe Ecojesuit
“Restituire loro la loro storia”, questo è lo scopo di Red Eclesial Panamazonica (REPAM), afferma il cardinal Hummes, delegato della Conferenza Episcopale Brasiliana per l’Amazzonia nel network meeting a Parigi, all’interno della COP21. Le diocesi dei nove Paesi del bacino del Rio delle Amazzoni si sono unite per dare supporto alla gente e alla vita dell’Amazzonia. “La storia dei popoli indigeni è stata distrutta, la loro vita è stata logorata dallo sfruttamento intensivo dell’area e delle sue risorse - ci dice -. Abbiamo il dovere di restituire a questi popoli la loro storia”. 

REPAM è una rete di solidarietà e fraternità, non un ente giuridico che svolge progetti. Cerca quella fraternità che rispetta l’integrità di tutti i gruppi che lavorano per aiutare i popoli indigeni. La Chiesa latinoamericana si è prodigata molto per vincere la povertà, ma la povertà è provocata dall’abuso e dallo sfruttamento che questi popoli subiscono dal sistema. La sfida per la Chiesa è compiere un’evangelizzazione anche culturale. Papa Francesco sta chiedendo cosa fare per i poveri dell’Amazzonia: le sfide sociali, etiche e spirituali non mancano. Negli incontri che ha avuto con i vescovi dell’Amazzonia la domanda che ha posto è questa: quale ruolo dobbiamo avere per essere una presenza positiva? 

La regione mette alla prova la Chiesa che, in nove Paesi dell’Amazzonia, lavora per i popoli indigeni e che deve “prendersi dei rischi ed essere un sostegno positivo”. Il Dipartimento Giustizia e Solidarietà della Conferenza Episcopale Brasiliana, la Commissione Episcopale per l’Amazzonia, la Conferenza Religiosa dell’America Latina e la Caritas America Latina sono tutti coinvolti in questa missione che impegna tantissime persone. La Chiesa deve essere parte integrante della regione, e sta facendo i conti con la realtà: i popoli indigeni sono i più poveri e devono poter avere la possibilità di un futuro diverso. 

Mauricio Lopez, segretario esecutivo della REPAM, ci ha spiegato l’obiettivo regionale di organizzazione e comunicazione attraverso i nove Paesi. Questa è una sfida per arrivare ad avere una struttura organica per un’assistenza pastorale pan-amazzonica, rivolta alla popolazione locale, per sostenerne gli interessi. Questo non può non essere parte di una strategia planetaria: da quest’area arriva il 20% dell’acqua e dell’ossigeno di tutto il pianeta, e dalla sua integrità dipende il corretto funzionamento della Terra. L’Amazzonia non è un angolo dimenticato del mondo: la sua acqua, la sua energia idroelettrica, i suoi minerali, le sue foreste (e la loro capacità di assorbire CO2) sono costantemente sfruttati. Ma il suo popolo, la sua biodiversità e i suoi ecosistemi – fondamentali per il mondo – sono altrettanto ignorati. 

Costruire un’agenda per l’Amazzonia richiede strumenti in grado di rispondere a ciò che succede, a cominciare dai diritti umani e da un’indagine che documenti la loro assenza: si deve lavorare con gli indigeni per definire i loro diritti nelle specifiche situazioni locali. Per garantire un buon livello di vita per le diverse culture presenti, un clima e un ambiente stabili, occorre investire in processi di capacity building. In seguito si rende necessaria la formazione delle guide pastorali proveniente da questo contesto culturale particolare. Infine la collaborazione riguarda altre tre aree: costruire una rete internazionale che ricerchi e mappi i bisogni; individuare azioni specifiche; comunicare la trasformazione sociale. 

La REPAM cerca un cammino di collaborazione e sostegno per i popoli indigeni dell’Amazzonia e di conseguenza un miglioramento della qualità della vita per tutti.

The Ecojesuit Team
(traduzione di Francesco Puliti)

5 dicembre 2015
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