«Possiamo creare organizzazioni libere dalle patologie che fin troppo spesso si riscontrano nei luoghi di lavoro? È possibile reinventare le organizzazioni per progettare un nuovo modello che renda il lavoro produttivo, soddisfacente e ricco di significato?» (p. 27). È questa la domanda di fondo sollevata dal testo di Frederic Laloux, consulente di grandi aziende e già partner di McKinsey, società internazionale di consulenza manageriale. Il libro racconta la storia di dodici organizzazioni appartenenti a vari settori (manifatturiero, energetico, alimentare, metallurgico, terziario, sanitario e scolastico) e dislocate in varie aree geografiche, che hanno messo in campo una possibile risposta. Come lavorano queste organizzazioni? Che cosa hanno in comune? Intorno a queste domande si sviluppa l’impianto narrativo dell’intero volume, un libro “pratico”, che si inserisce, con i pregi e i limiti del caso, nel vasto filone letterario destinato prevalentemente agli operatori del mondo del lavoro (leader d’impresa, responsabili, consulenti e formatori) e interessante per l’accurata ricerca sul campo condotta dall’A., per le intuizioni e le proposte operative che ne sono seguite e per le questioni di fondo sollevate.
Nella prima parte del libro, Laloux passa in rassegna i diversi stili di collaborazione e di leadership succedutisi nel corso del tempo, senza preoccuparsi dell’accuratezza storica della sua lettura, per mettere in evidenza come ogni fase di sviluppo evolutivo dell’umanità abbia comportato un nuovo modello organizzativo e modi radicalmente diversi di lavorare e di collaborare per conseguire obiettivi comuni. Ognuno di questi modelli, con le sue luci e le sue ombre, ha segnato il raggiungimento di traguardi che hanno migliorato la qualità della vita delle persone e degli organismi sociali. «Se l’evoluzione fosse musica, gli stadi dello sviluppo umano sarebbero le note musicali, che vibrano a una certa frequenza. Gli esseri umani rappresenterebbero le corde musicali, capaci di suonare tante note diverse. La gamma di note che gli individui sarebbero in grado di suonare dipenderebbe dalla gamma di tensioni che essi hanno imparato ad accogliere» (p. 65).
Qual è la partitura musicale che sta emergendo dalle tensioni che questo momento storico ci consegna e che siamo chiamati ad accogliere? Come tradurle in modelli organizzativi attenti alla persona e al benessere collettivo? I modelli attualmente impiegati per organizzare produzioni o servizi tendono a separare il decidere dall’agire. Solitamente, poche persone definiscono le strategie, decidono e controllano, e molte altre eseguono. Le occasioni di coinvolgimento dei lavoratori nei processi decisionali sono in generale scarse. Accade spesso che le risorse e i talenti di ciascuna persona non siano valorizzati e che, di conseguenza, il contributo di ognuno al raggiungimento dello scopo comune rimanga nell’ombra. Questo comporta una grave perdita per l’organizzazione stessa, che affronta le sfide con una sensazione di scarsità di risorse e inadeguatezza. Promuovere collaborazione e coinvolgimento in organizzazioni così strutturate non conduce a esiti positivi: il malessere permane e, in termini di qualità di vita, efficacia ed efficienza, i risultati sono molto limitati.
Le dodici organizzazioni studiate dall’A., alle cui storie è dedicata la seconda parte del libro, hanno letto in profondità le tensioni emergenti e messo in discussione i loro modelli organizzativi, creando così le condizioni per adottare configurazioni radicalmente nuove rispetto al passato, mutando il modo di concepire l’organizzazione stessa. Per queste aziende, l’organizzazione è un organismo vivente, dotato della capacità innata di percepire le necessità dell’ambiente in cui è immerso e di rispondervi con immediatezza. È un’organizzazione che apprende da quel che vive, divenendo naturalmente capace di riconfigurare la sua azione in modo adeguato alle sfide che intende gestire.
Tre sono le caratteristiche che attraversano i nuovi modelli organizzativi praticati. La prima è l’articolazione in unità autoorganizzate, che lavorano attraverso un sistema di relazioni paritarie, senza necessità di gerarchie. Per prendere decisioni più rapide e migliori non sempre è utile far riferimento a una figura di vertice, occorre piuttosto costruire una leadership d’impresa diffusa, in grado di captare e processare più efficacemente i segnali emergenti dal contesto di riferimento e di presidiare sul campo la realizzazione dello scopo che l’Azienda si è data. Un altro fattore chiave è definito dall’A. con il termine di «pienezza» nel luogo di lavoro: le persone sono incoraggiate a vivere il loro lavoro in modo pieno e autentico e a lasciar cadere “la maschera professionale” che separa la vita dal lavoro, per essere ed esprimere pienamente loro stesse. Si possono così liberare forze vitali che nessun intervento di engagement potrà mai attivare. In molte di queste organizzazioni viene previsto un tempo dedicato all’emersione e alla gestione dei conflitti. Delle modalità specifiche di condurre le riunioni aiutano a rendere possibile un livello di comunicazione generativo. Programmi di rotazione delle attività permettono a ciascuno di sperimentare se stesso in più ruoli e di immergersi maggiormente nel proposito dell’organizzazione. Infine, le realtà studiate da Laloux, in quanto concepite come organismi viventi, sono dotate di una vita e di una direzione propria, che egli chiama proposito evolutivo e che è costantemente messo a fuoco e rigenerato da un processo di ascolto non solo di tutti coloro che lavorano all’interno dell’organizzazione, ma anche dei clienti e dei destinatari dei servizi offerti e del contesto in cui si opera.
Il processo mira a identificare collegamenti e divergenze tra ciò che individualmente ci si sente chiamati a fare e quanto si può realizzare collettivamente. L’agire dell’organizzazione emerge così da un nucleo vitale profondo che è personale e collettivo insieme. La crescita di ciascuno è contestualmente crescita dell’organizzazione e il perseguimento della propria vocazione personale incontra ciò che l’organizzazione aspira a realizzare. Il cambiamento e la trasformazione avvengono quindi naturalmente, perché mossi da un’autenticità che potenzia l’organizzazione, che attira le persone, consentendo loro di esprimere motivazioni e talenti. In quest’ottica, il compito del leader d’impresa è di creare le condizioni perché ciò accada. Invece di segnare la direzione e impegnare considerevoli energie per fronteggiare “le resistenze al cambiamento”, egli guida attraverso l’ascolto, intuisce dove l’organizzazione è pronta ad andare e ne asseconda il cammino. Non servono strategie, il rischio sarebbe di impiegare preziose risorse nel cercare di adeguare la realtà a un’idea: per favorire il processo di orientamento del cammino verso la meta occorre solo una profonda chiarezza d’intento.
Nell’ultima parte del libro sono descritte, con minuzioso dettaglio, le condizioni necessarie, le strutture e i processi implementati dalle dodici organizzazioni studiate, ciò che ha consentito loro di crescere e conseguire risultati significativi. Favi, un’azienda francese del settore metallurgico ha resistito a due recessioni senza licenziare nessuno dei suoi dipendenti. Buurtzorg, un’impresa olandese di assistenza sanitaria domiciliare, nata nel 2006 con una piccola squadra di infermieri, nel 2014 ha raggiunto il numero di 9mila persone operative, nonostante le riduzioni di spesa pubblica per la sanità. Esbz, una scuola protestante di Berlino, ha ricevuto un riconoscimento internazionale per il suo programma di studi innovativo e il suo modello organizzativo.
Ciò che la storia di queste realtà ci consegna è di indubbio interesse, tante sono le possibilità liberate: la centralità della persona, la valorizzazione di risorse e talenti personali a servizio del benessere collettivo, la creazione delle condizioni materiali perché i luoghi di lavoro consentano la crescita personale di ciascuno. I risultati sono trasparenza, coinvolgimento e partecipazione, uniti a una maggior efficienza d’impresa e a livelli d’impiego in crescita. Tuttavia, sembra debole la consapevolezza di quale cultura e quali opzioni di fondo sostengano e nutrano in profondità un tale modello organizzativo, rendendo più profondamente efficace la sua azione e più immediata e agevole la sua implementazione.
Reinventare le organizzazioni è un libro peculiare nell’ampia letteratura dedicata a questi temi, non solo per le domande che consegna al lettore (i modelli organizzativi che utilizziamo sono adeguati ad affrontare le sfide che stiamo vivendo?) ma, soprattutto, per l’impianto metodologico sotteso all’emergere delle questioni stesse e alla loro disamina. L’intera ricerca è animata da una visione integrale dei fenomeni in atto all’interno di un’organizzazione. Strutture, processi e pratiche organizzative sono considerati da quattro diversi punti di vista. In primo luogo nella loro dimensione tangibile, misurabile, esteriore e nella loro dimensione intangibile (costituita dai pensieri, dai sentimenti, dalle sensazioni ad essi legati). Sono considerati inoltre come fatti in sé (nella loro dimensione soggettivamente riferita alla persona che li attiva) ma anche contestualizzati in uno spazio più esteso (la dimensione collettiva). Il che significa che un’azione organizzativa efficace è quella capace di tenere insieme tutte le dimensioni citate. La sua efficacia va misurata essenzialmente nella sua capacità di mettere simultaneamente in movimento tutti e quattro i livelli: la dimensione interiore ed esteriore tanto della singola persona quanto dell’insieme, i comportamenti (strutture e pratiche), la cultura dell’organizzazione e il suo agire nell’ambiente in cui opera.