ArticoloSocietà civile

Quale futuro per i beni comuni? Idee e pratiche a dieci anni dal referendum sull’acqua

Fascicolo: giugno-luglio 2021

Il referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha scritto una pagina importante della storia della partecipazione politica in Italia: si tornava a superare il quorum del 50% degli aventi diritto, necessario a rendere valido il voto, dopo che 24 referendum nei 14 anni precedenti avevano fallito l’obiettivo. Gli elettori erano stati chiamati a pronunciarsi su quattro quesiti: uno contro la ripresa della produzione di energia nucleare, uno per l’abolizione della legge sul legittimo impedimento 1 e due relativi alla gestione dei servizi idrici. Il primo dei due quesiti sull’acqua chiedeva di abolire l’obbligo per le amministrazioni locali di bandire entro la fine dell’anno delle gare d’appalto per affidare la gestione del servizio idrico a società pubbliche, private o miste. Il secondo quesito proponeva di eliminare dal calcolo della tariffa idrica la remunerazione del capitale investito, fissata per legge a un tasso del 7%. Il combinato disposto di questi due quesiti avrebbe dovuto frenare la privatizzazione dei servizi idrici, a cui da ultimo aveva dato impulso il cosiddetto “Decreto Ronchi” del IV Governo Berlusconi, convertito in legge il 20 novembre 2009.

 

Il quorum venne raggiunto nonostante il silenzio dei principali mass media sui temi referendari, e tutti i quattro quesiti furono approvati con percentuali superiori al 94%. Il carattere eccezionale dell’evento risulta anche dal fatto che i due quesiti referendari sull’acqua sono gli unici nella storia repubblicana a non essere stati proposti da partiti politici, bensì da una vasta rete di gruppi e associazioni della società civile, raccolti nel Forum italiano dei movimenti per l’acqua (da qui in avanti “il Forum”), costituitosi nel 2003.

 

Il movimento italiano per l’acqua e le chiavi del successo referendario

Il movimento italiano per l’acqua aveva mosso i suoi primi passi attorno ad alcuni gruppi che alla fine degli anni ’90 si ritrovarono al Forum mondiale sociale di Porto Alegre. Ispirato dalla pubblicazione di Il manifesto dell’acqua dell’economista Riccardo Petrella (2001), il movimento italiano in prima battuta intendeva promuovere una nuova cultura dell’acqua.

 

In secondo luogo, il Forum riuscì ad aggregare una vasta ed eterogenea coalizione: gruppi attivi nella galassia allora detta No Global, ONG di cooperazione internazionale, comitati civici e gruppi di consumatori attivi localmente, diocesi e aggregazioni ecclesiali, settori dei sindacati, rappresentanti di enti locali. In alternativa alla personalizzazione della politica, per tenere unita questa coalizione il Forum non si affidava a un leader carismatico, adottando invece pratiche organizzative e decisionali orizzontali, fondate più sul consenso interno che sul voto di maggioranza. [Continua]

 

 

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