ArticoloSocietà civile
Quale futuro per i beni comuni? Idee e pratiche a dieci anni dal referendum sull’acqua
Il referendum del 12 e 13 giugno 2011 ha scritto una pagina importante
della storia della partecipazione politica in Italia: si tornava a superare
il quorum del 50% degli aventi diritto, necessario a rendere valido il
voto, dopo che 24 referendum nei 14 anni precedenti avevano fallito l’obiettivo.
Gli elettori erano stati chiamati a pronunciarsi su quattro quesiti:
uno contro la ripresa della produzione di energia nucleare, uno per l’abolizione
della legge sul legittimo impedimento 1 e due relativi alla gestione
dei servizi idrici. Il primo dei due quesiti sull’acqua chiedeva di abolire
l’obbligo per le amministrazioni locali di bandire entro la fine dell’anno
delle gare d’appalto per affidare la gestione del servizio idrico a società
pubbliche, private o miste. Il secondo quesito proponeva di eliminare dal
calcolo della tariffa idrica la remunerazione del capitale investito, fissata
per legge a un tasso del 7%. Il combinato disposto di questi due quesiti
avrebbe dovuto frenare la privatizzazione dei servizi idrici, a cui da ultimo
aveva dato impulso il cosiddetto “Decreto Ronchi” del IV Governo Berlusconi,
convertito in legge il 20 novembre 2009.
Il quorum venne raggiunto nonostante il silenzio dei principali mass
media sui temi referendari, e tutti i quattro quesiti furono approvati con
percentuali superiori al 94%. Il carattere eccezionale dell’evento risulta
anche dal fatto che i due quesiti referendari sull’acqua sono gli unici nella
storia repubblicana a non essere stati proposti da partiti politici, bensì
da una vasta rete di gruppi e associazioni della società civile, raccolti nel
Forum italiano dei movimenti per l’acqua (da qui in avanti “il Forum”),
costituitosi nel 2003.
Il movimento italiano per l’acqua e le chiavi del successo
referendario
Il movimento italiano per l’acqua aveva mosso i suoi primi passi attorno
ad alcuni gruppi che alla fine degli anni ’90 si ritrovarono al Forum
mondiale sociale di Porto Alegre. Ispirato dalla pubblicazione di Il manifesto
dell’acqua dell’economista Riccardo Petrella (2001), il movimento
italiano in prima battuta intendeva promuovere una nuova cultura
dell’acqua.
In secondo luogo, il Forum
riuscì ad aggregare una vasta
ed eterogenea coalizione: gruppi
attivi nella galassia allora detta
No Global, ONG di cooperazione
internazionale, comitati
civici e gruppi di consumatori
attivi localmente, diocesi e aggregazioni
ecclesiali, settori dei
sindacati, rappresentanti di enti
locali. In alternativa alla personalizzazione della politica, per tenere unita
questa coalizione il Forum non si affidava a un leader carismatico, adottando
invece pratiche organizzative e decisionali orizzontali, fondate più
sul consenso interno che sul voto di maggioranza. [Continua]
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