Populismo e Stato sociale

Tito Boeri
Laterza & Figli, Bari-Roma 2017, pp. 49, € 9
Scheda di: 
Fascicolo: ottobre 2017
Che cosa minaccia l’Unione Europea? Tito Boeri, presidente dell’INPS dal 2015, non ha dubbi. «Il populismo, la possibile affermazione di partiti che offrono un messaggio semplice quanto pericoloso: interrompere il processo di integrazione europea e chiudere le frontiere agli immigrati, per meglio proteggere le persone più vulnerabili dalla sfida della globalizzazione» (p. X).

L’A., rielaborando la lectio magistralis tenuta il 27 marzo 2017 alla Biennale della democrazia, definisce chi sono i populisti, offre una spiegazione del loro successo elettorale, indaga la relazione con lo Stato sociale attraverso il fenomeno dell’immigrazione e ne discute le possibili riforme. Il populismo può essere definito come un’ideologia che considera la società composta da due gruppi monolitici contrapposti: il popolo e l’élite corrotta. Dunque i peggiori nemici sono i corpi intermedi della società civile. Vi è «una ragione economica (la perdita di reddito e di sicurezza) e una motivazione di tipo culturale (la sfiducia verso le classi dirigenti) alla base della resurrezione dei partiti populisti» (p. 11), che catalizzano consensi grazie all’immigrazione, «comodo capro espiatorio» (p. 15) nei tagli allo Stato sociale. In realtà i dati «ci dicono esattamente il contrario. In Italia, ad esempio, gli immigrati versano ogni anno otto miliardi di contributi sociali e ne ricevono tre in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa cinque miliardi per le casse dell’INPS» (p. 16).

Se i populisti offrono risposte sbagliate a problemi reali, l’unica soluzione è affrontarli rimuovendo l’iniquità, applicando le regole dello Stato sociale anche a chi ha posizioni di potere, ponendo in essere un solido patto fra generazioni, raggiungendo «chi ha davvero bisogno d’aiuto, senza disperdere risorse a favore di persone che occupano una posizione intermedia o addirittura medio-alta nella scala dei redditi» (p. 26), separando i problemi dello Stato sociale da quelli dell’immigrazione, che va affrontata a livello europeo.

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