Populismo di lotta e di governo

Manuel Anselmi, Paul Blokker, Nadia Urbinati (edd.)
Feltrinelli, Milano 2018, pp. 192, € 13
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2019

Il recente volume collettaneo Populismo di lotta e di governo raccoglie una serie di contributi di politologi su aspetti spesso periferici negli studi sul tema. La riflessione degli AA. tiene conto del recente successo di alcuni movimenti populisti in Paesi di democrazia consolidata (si pensi all’Europa o agli Stati Uniti), che ha reso il populismo un fenomeno globale e ha innescato un processo di cambiamento nel modo di intenderlo. Infatti, i populisti non sono più movimenti di contestazione e di opposizione, ma aspirano a conquistare la maggioranza dei consensi e a governare, intercettando il malessere della classe media provata dalla crisi economica e dalla globalizzazione.

In apertura del libro si evidenzia che alcune letture del populismo «mostrano insufficiente attenzione all’aspetto istituzionale, ovvero al rapporto polemico del populismo con la democrazia rappresentativa, le sue procedure e le sue istituzioni» (p. 11). In genere, è trascurato il «rapporto tra il declino della democrazia dei partiti e delle ideologie classiche e la riconfigurazione della politica secondo modelli che sono più personalizzati e si servono di un impiego massiccio dei mass media e di Internet nella costruzione del consenso» (ivi). In effetti, il populismo recente s’inserisce in un contesto di grandi trasformazioni della democrazia rappresentativa e del suo contenitore storico, lo Stato nazionale. Per questo la risposta al populismo non può essere il ritorno allo status quo ex ante della democrazia liberale rappresentativa.

Nel contributo iniziale, Nadia Urbinati si chiede che cosa rende il populismo diverso dalla democrazia, dato che entrambi sono fondati sul principio di maggioranza. Con categorie innovative, la Urbinati sostiene che il populismo sia un “parassita” della democrazia rappresentativa: «Esso cioè si alimenta dei principi e delle procedure della democrazia – il popolo, la maggioranza, l’elezione – e in questo senso è parassitario, cioè non mette capo ad un sistema politico autonomo o radicalmente esterno alla democrazia» (p. 17). Il populismo trasforma radicalmente i fondamenti tradizionali della democrazia, per cui una democrazia populista può certo esistere, ma con slittamenti di senso importanti, come nel caso della rappresentanza, usata per costruire e celebrare l’unità della volontà popolare e non per dare voce ai vari interessi, idee, richieste che nascono dalla società.

Sempre sui rapporti istituzionali tra populismo e democrazia, Paul Blokker si sofferma sullo specifico disegno di costituzionalismo promosso dal populismo (in particolare su alcuni temi come la sovranità popolare e il risentimento giuridico), che si collega alla tradizione costituzionalista radicale, rivoluzionaria ed emancipativa, ma la deforma a causa della sua interpretazione estrema delle regole del gioco democratico.

Originale è l’apporto di Debora Spini, che esplora il rapporto tra populismo e religione in Europa e Asia, facendo emergere il populismo come una forma di politicizzazione della religione che assorbe e trasforma tradizioni e simboli religiosi in vista dei propri fini.

Completano il libro, alcuni studi dedicati a temi rilevanti come il genere e il ruolo femminile nel populismo, l’antipartitismo, le esperienze neopopuliste latinoamericane, il rapporto con democrazia diretta, la democrazia e il ricorso alle piattaforme digitali, la tecnocrazia, l’euroscetticismo.

Il volume, raccogliendo contributi di alto profilo, costituisce un vero strumento di studio e di approfondimento per studiosi, studenti, cittadini desiderosi di comprendere le trasformazioni politiche del nostro tempo, senza ricorrere a risposte superficiali o frettolose.

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