«Ma la guerra quando arriva
da noi? Un giorno mio figlio
davanti alla TV mi ha fatto questa
domanda. Non mi ha chiesto se,
mi ha chiesto quando, sicuro che
prima o poi sarebbe arrivata anche
qui. Per provare a rispondergli ho
scritto un libro e poi ho incontrato
ragazze e ragazzi nelle scuole. L’ho
fatto per provare a raccontare con
parole semplici la cosa più assurda
che fanno gli esseri umani: la guerra
». Sono queste le parole con cui
la giornalista Francesca Mannocchi
introduce ciascuno dei sette episodi
del suo podcast Per esempio, la
guerra.
Il suo intento è subito chiaro:
parlare ai più giovani (alunne e
alunni dalla quinta primaria alla
seconda classe della scuola secondaria
di primo grado, già scuola
media) per aiutarli a interpretare le
immagini e i racconti delle guerre
che negli ultimi anni hanno invaso
ogni tipo di schermo a disposizione.
La Mannocchi lo dice immediatamente:
la guerra è una cosa
assurda, che non si può che condannare,
ma che trova le sue più
profonde ragioni in vicende storiche,
in stratificazioni di conflitti,
incomprensioni e rivalità tra i popoli.
Proprio queste ragioni vanno
indagate per far emergere quanto
sia insensato aggiungere dolore a
dolore, violenza a violenza. Ucraina, Afghanistan, Libia, Siria,
Libano, Iraq, Gaza sono i luoghi
straziati dalla guerra che la Mannocchi
e i giovanissimi studenti si
raccontano. La giornalista porta la
sua esperienza sul campo, la conoscenza
della Storia e la narrazione
delle storie minute delle persone.
Le ragazze e i ragazzi, che si sono
preparati all’incontro studiando
e riflettendo, ricambiano con la
curiosità, la freschezza del pensiero,
la profondità di giudizi limpidi, non
inquinati dalle esigenze della realpolitik.
Il dialogo che ne scaturisce
è sempre intenso e prezioso.
Non mancano i temi più personali.
Alla Mannocchi viene spesso
chiesto di parlare della paura che si
prova a vivere situazioni di pericolo
e di disagio estremo, del coraggio
necessario per raccogliere le storie
tragiche di chi ha perso le persone
care a causa della guerra, delle motivazioni
che le hanno fatto scegliere
di intraprendere una professione
così difficile, non solo per i rischi
che si corrono ma anche per la difficoltà
emotiva di prendere su di sé
il dolore delle persone per raccontarlo
a lettori e ascoltatori. Stimolati
dalla giornalista, anche le ragazze e
i ragazzi confidano i propri timori,
tra cui emerge l’ansia che la guerra
possa arrivare a sconvolgere anche
le loro vite, come succede a tanti
coetanei in alcuni Paesi e come
accadde in passato ai loro nonni. Questo podcast insegna come
sia possibile parlare ai giovani
della durezza della guerra, trovando
parole capaci di accompagnarli
ad accogliere con sensibilità ed
empatia l’esperienza di chi vive
quotidianamente le tragedie
dei conflitti. L’incontro con questa
umanità ferita e violata che
avviene attraverso il racconto li
coinvolge fino a far loro affermare
la necessità di coltivare la speranza
nella possibilità di costruire la
pace anche in situazioni in cui essa
appare irraggiungibile.