Odierai il prossimo tuo. Perché abbiamo dimenticato la fraternità

Riflessioni sulle paure del tempo presente

Matteo Maria Zuppi con Lorenzo Fazzini
Piemme, Milano 2019, pp. 191, € 16,50
Scheda di: 
Fascicolo: aprile 2020

Con il titolo provocatorio di Odierai il prossimo tuo, chiaro rovesciamento del detto evangelico, è apparsa recentemente una pubblicazione del card. Matteo M. Zuppi, nata da alcune conversazioni avute con il giornalista Lorenzo Fazzini. L’A. avverte l’esigenza di individuare strade di fraternità concretamente percorribili, per contrastare gli atteggiamenti di chiusura e l’estendersi della conflittualità a tutti i livelli, che caratterizzano il nostro tempo e che portano all’erosione dei vincoli interpersonali e sociali.

Quali sono le cause dell’«odio crescente» che attraversa la nostra società? Zuppi ne individua due, tra loro strettamente connesse. In primo luogo, la paura. Essa affonda le sue radici nella percezione dell’altro come concorrente, come ostacolo o addirittura come potenziale nemico. Una paura alimentata dalle diverse forme di violenza (anche verbale) che ci circondano, ma pure volutamente amplificata da chi cerca di usarla per i propri interessi. La seconda causa è l’ignoranza dell’altro che, attraverso un uso spregiudicato dei mezzi di comunicazione, «viene costruito, descritto e denigrato ai nostri occhi» (p. 12) come presenza minacciosa da cui guardarsi e da cui difendersi.

Di fronte all’andazzo attuale è indispensabile creare spazi di incontro e di dialogo, dare vita a legami di solidarietà, porre gesti di fraternità. In questa prospettiva risulta determinante tenere vivo il riferimento a Gesù e al suo stile relazionale.

Zuppi riporta numerosi esempi di persone che, ispirandosi al Vangelo, sono state in grado di affrontare problemi complessi e hanno contribuito a trovare soluzioni praticabili. Ricorda il cammino da lui stesso percorso nella comunità di Sant’Egidio, la sua «scuola di fraternità». Un cammino che lo ha portato a svolgere un ruolo di primo piano nel processo di riconciliazione in Mozambico. L’accordo di pace tra il governo e la guerriglia, firmato a Roma il 4 ottobre 1992, costituisce un esempio eloquente di come «la fraternità ritrovata vince persino la guerra e le sue conseguenze […] Se esiste la fabbrica dell’odio (e c’è sicuramente, quando c’è la guerra) deve esistere anche un’altra fabbrica, quella in cui si costruisce la consapevolezza che non è possibile vivere senza l’altro» (pp. 150 e 152).

Lavorare per promuovere la fraternità è dunque possibile. Tutti, a qualunque credo appartengano, sono chiamati ad aprire varchi alla riconciliazione. Il cristiano, da parte sua, «crede con particolare energia, come un valore irrinunciabile, che apparteniamo a una sola famiglia. Da qui scaturisce la capacità di non fuggire davanti ai drammi, di non avere paura del conflitto, dell’alterità, di vedere oltre l’apparenza dell’altro, e di non rinunciare a guardare per paura di vedere e rimanere coinvolti» (p. 145).

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