Niente quorum

Chiara Tintori
Niente quorum, dunque. Che non vuol dire vittoria delle trivelle, perché se anche avesse vinto il sì le piattaforme non sarebbero scomparse dai nostri mari. 

La campagna referendaria si è nutrita di tanta, forse troppa, ideologia. Eppure la questione era talmente tecnica e di nicchia, da avere appassionato solo il 31% degli elettori (il quorum si è raggiunto solo in Basilicata). Bisogna riconoscere che il non aver voluto, fin dall’inizio, l’election day, accorpando il referendum con le prossime elezioni amministrative ha avuto il suo peso. Così come ha inciso l'assenza di un compatto e omogeneo comitato promotore: infatti il quesito era stato proposto da alcuni Consigli regionali e questi, in quanto enti della Pubblica amministrazione, non hanno potuto utilizzare mezzi e loghi istituzionali durante la campagna referendaria.

Alla fine di questa tornata elettorale tre questioni restano aperte. La prima risale al pasticcio di competenze tra Stato e Regioni in materia ambientale ed energetica. Non possiamo infatti dimenticare che tutto è nato dal “risentimento” di nove Regioni nei confronti del Ministero dello Sviluppo, per aver legiferato in materia energetica nel decreto Sblocca Italia (DL n. 133/2014, convertito nella L. n. 164/2014). Così il Governo Renzi ha provato a metterci una toppa, con degli emendamenti ad hoc sulla legge di stabilità (L. n. 208/2015), evitando di fatto 5 quesiti referendari su 6 che erano stati presentati. Su queste e analoghe questioni la diatriba tra il Governo nazionale e le autonomie locali è destinata a proseguire nei prossimi tempi.

La seconda questione riguarda l’utilizzo distorto dello strumento referendario: è chiedere troppo che non sia più strattonato come un sondaggio di gradimento sul Governo in carica? Nel 2011 il quesito sull’acqua pubblica fu da molti visto come un’espressione di voto contro il Governo Berlusconi, oggi il mancato raggiungimento del quorum è interpretato da altri come un rinnovo di fiducia all’esecutivo di Renzi. E anche il referendum costituzionale del prossimo autunno rischia di avere analoga fine…

La terza è quella che ci preme di più. Quale futuro energetico vogliamo per il nostro Paese? Ora sappiamo che ci terremo le piattaforme entro le 12 miglia dalle nostre coste fino all’esaurimento dei giacimenti: resta però auspicabile che sul tavolo del prossimo Consiglio dei Ministri vi sia una strategia coerente per procedere spediti sulla strada della transizione energetica, cioè la riconversione di energia a basso contenuto di carbonio e il miglioramento dell’efficienza energetica. Lo chiedono quasi 13 milioni di elettori e i cittadini di domani.


18/4/2016
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