Si tratta di un primo passo (ora servirà il sì del Senato) verso una legge che combatta lo spreco di cibo, in ciascuna fase: produzione, trasformazione, distribuzione e somministrazione. Siamo a metà del cammino e qualcosa ancora resta da fare, come ad esempio arricchire il testo con campagne di educazione alimentare nelle scuole, visto che il luogo dove sprechiamo di più è la famiglia. Infatti secondo l’osservatorio
Waste watcher di Bologna, il 43% di cibo viene buttato via nelle nostre case, bruciando 348 euro all’anno per ciascun nucleo famigliare.
Ma non solo. L’idea di fondo della nuova (speriamo presto) legge è che le eccedenze, come gli alimenti invenduti o scartati nella catena agroalimentare per motivi estetici o perché prossimi alla scadenza, non siano assimilate ai rifiuti ma vengano considerate cibo, che quindi può essere utilizzato a vantaggio delle persone indigenti. Di fatto si tratta di rendere più fluido, anche con benefit fiscali e agevolazioni burocratiche, tante buone pratiche già attive nelle nostre città.
Le leggi possono essere un grande aiuto, ma da sole non bastano. Recuperare il valore del cibo e sostenere la lotta agli sprechi - dal frigorifero di casa agli avanzi sul banco del supermercato - è una battaglia culturale che dobbiamo continuare a combattere. Lo dobbiamo alla nostra dignità di essere umani, a quanti oggi nel mondo non hanno ancora accesso a un cibo buono e giusto e a quanti un domani ci chiederanno che mondo abbiamo lasciato loro.