Morale artificiale. Nanotecnologie, intelligenza artificiale, robot. Sfide e promesse

Gianni Manzone
EDB, Bologna 2020, pp. 244, € 25
Scheda di: 
Fascicolo: giugno-luglio 2021

Del libro in questione risalta il titolo: Morale artificiale, come ricerca e promozione di una vita buona, per l’umanità e per tutti coloro che vivono nel mondo, non in maniera ideale e astratta ma attenta a scorgerne e delinearne le forme possibili, nella consapevolezza della problematicità di valutare e deliberare sui valori individuali e sociali che animano lo sviluppo tecnico-scientifico (plurali sono le visioni di essere umano, di bene, di società, di diritti e doveri, ecc.).

Leggendo e interpretando gli otto capitoli alla luce del titolo, cerchiamo di fare chiarezza sulle modalità essenziali con cui la disciplina morale (filosofia e teologia) può relazionarsi alle tematiche affrontate, alla ricerca di quei lineamenti basilari che disegnano un volto dinamico e ragionevole di possibilità eticamente ammissibili, scaturenti dagli strumenti ingegneristici utilizzati dalla tecnologia (a questi si riferisce l’uso del termine artificiale) e orientati al bene (salute, miglioramento della vita e della realtà circostante) di chi in prospettiva morale resta sempre soggetto e beneficiario del progresso da essi generato.

Che l’essere umano possa ancora dirsi agente e destinatario di un vero (perché pieno) sviluppo favorito dai mezzi tecnico-scientifici, non è chiaro né garantito. Da qui il sottotitolo del testo, che si sofferma nel dare risalto alle principali sfide e promesse derivanti da strumenti tecnologici (=nanot) sempre più intelligenti, dalle dimensioni sempre più piccole (per questo, il termine “nano”): si pensi all’uso di nanorobot virtuali che possono riparare, sostituire e aumentare funzioni fisiologiche, riducendo le disabilità e incrementando la qualità della vita, con il potenziale di incidere finanche sul pensiero umano attraverso reti neurali. Se da un lato, la crescente innovazione nanotecnologica (sulla cui definizione non c’è consenso condiviso) si impegna favorevolmente nel potenziare la funzionalità e l’efficienza delle nostre capacità umane, è verificato che da queste nuove modalità, in forza del potere a esse affidato, non sono esenti rischi, costi, paure e criticità, da dover affrontare e valutare adeguatamente. Un esempio fra tutti: un genoma prodotto artificialmente si può trapiantare in cellule viventi e l’essere ottenuto può ancora ritenersi umano?

Per poter rispondere a dilemmi simili, è imprescindibile dar luogo a una corretta riflessione morale che non può limitarsi solo a richiami nominalistici (l’appello alla dignità umana e ai valori) o a denunciare le deviazioni, i rischi e gli abusi di potere delle nanot (quando impongono la loro logica a chi le usa) o contrastare le minacce di visioni futuristiche radicali (chi ritiene che le nanot ci faranno evolvere in una nuova specie, il postumano/transumano/techno-sapiens), ma dovrà manifestare all’interno dell’attività nanot la sua valenza antropologicamente significativa (la nanot esprime e arricchisce l’essere umano nella sua profondità? E fino a che livello?) e le fondamentali istanze etiche che da essa scaturiscono. Tra queste ultime, rilevano i seguenti criteri, da discernere accuratamente nelle specificità delle singole situazioni: rispetto per le persone e per la loro integrità, per l’ambiente naturale e la sua salute, libertà, giustizia ed equità, esercizio della democrazia e della responsabilità sociale (come si accrescono e distribuiscono le opportunità di vita generate dalle nanot? I più deboli e bisognosi – anche il pianeta – sono protetti dalle innovazioni tecnologiche o continuano a soffrirne discriminazione?).

Gli stessi concetti etici subiscono un cambiamento di paradigma: ad esempio, le nozioni di agire (a cui si collega quella di etica), di mezzi e di fini, di libertà, consapevolezza e responsabilità. Infatti, se consideriamo quei nanorobot utilizzati in medicina per riparare cellule umane malate, operando in completa sinergia con il nostro corpo, chi può considerarsi responsabile del loro agire? Il progettista, il costruttore, l’utilizzatore? Quanto continuiamo a conservare la nostra specificità biologica e la complessità dell’esperienza e della coscienza umana? Ineludibile il dibattito pubblico e le responsabilità di governance per inquadrare e regolare gli sviluppi tecnologici in corso.

Se multiformi sono le questioni culturali, sociali, filosofiche, psicologiche, economiche, politiche, giuridiche, sollevate, per proseguire la riflessione, rileva l’affermazione: «La questione chiave è se noi abbiamo la libertà interiore e possiamo sviluppare la nanot in un modo che faciliti piuttosto che frustrare l’avventura umana» (p. 7). In tutto ciò, sullo sfondo, ma non da ultimo, quale può essere il posto riservato a Dio, il Dio creatore e alla creazione come Dio l’ha affidata alle mani operose e responsabili degli esseri umani?

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