Mio fratello rincorre i dinosauri è l’esordio nel lungometraggio di Stefano Cipani dopo la prova del cortometraggio While God is Watching Us: ne era protagonista un ragazzo disabile e affetto da una malattia incurabile.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo, opera prima (autobiografica) del giovane Giacomo Mazzariol, pubblicato da Einaudi nel 2016, arrivato oggi a oltre 150.000 copie vendute.
La trama è semplice come la famiglia Mazzariol: Giò è il quarto figlio, secondo maschio dopo Jack, fratello di Alice e Gaia. La sua nascita è stata un’attesa felice per tutti: per mamma e papà, una sfida controcorrente, considerando la loro modesta condizione economica e lavorativa e con già tre figli; per le bambine è l’arrivo di un ulteriore fratello con il quale imparare, anche a fatica, a relazionarsi; per il piccolo Jack di cinque anni l’attesa somiglia a quella della notte di Natale, quando sotto l’albero ti aspetta il miglior regalo della tua vita.
Il piccolo Giò (all’anagrafe Giovanni) nasce. In ospedale viene raggiunto dai fratelli accompagnati da una nonna troppo formale e piuttosto distaccata. Intanto, mamma e papà non hanno ancora visto il bambino perché, dopo il parto, è stato immediatamente portato in osservazione. Vengono convocati dalla dottoressa che emette quella che sembra essere una amara sentenza: «Vostro figlio è affetto dalla Sindrome di Down, mi spiace». Non pare vero a nessuno dei due. Nessuno spavento però, neppure smarrimento o angoscia, perché il resto della famiglia sta arrivando in ospedale. Decidono insieme che la notizia, infatti, sarà data a casa, quando, dopo un mese circa di ricovero ospedaliero, torneranno la mamma e il piccolo.
I primi dieci minuti di narrazione hanno il ritmo sostenuto di un video-game: dai movimenti degli occhi dei protagonisti, alla gioia sfrenata dei loro corpi che si muovono saltellando come in un cartone animato, con i piedi che non toccano terra. Il primo pit stop si ha all’arrivo a casa del piccolo Giò, che ancora gli spettatori non vedono ma che si immagina come un neonato silenzioso agli occhi di tutti i membri della sua famiglia. I volti di mamma e papà, quelli delle sorelle e del piccolo Jack, esprimono la bellezza del nuovo fratellino ma anche la meraviglia di fronte a qualcuno che rappresenta, fin da subito, una diversità. Gli spettatori diventano lo sguardo del piccolo Giò, il suo punto di vista, con occhi che, è probabile, fissano quelli di ciascuno, irriverenti e curiosi.
I genitori lo chiamano “speciale” e Jack vede già in quel nuovo fratello, arrivato da lontano, un supereroe, «come una tartaruga ninja». «Sarà meno agile di noi, meno veloce», aggiunge papà. Per Jack non c’è nessun problema, basterà avere la possibilità di giocare insieme. Ma mentre è con lui sul divano e sta guardando la TV, Giò diventa rapidamente paonazzo: è uno dei tanti episodi di dispnea improvvisa che avrà. Da questo momento, Jack diventa consapevole della diversità del fratellino e le scene successive raccontano il rapporto tra i due, fatto di complicità e di gioco, sia pure nell’attenzione necessaria e dovuta ai tempi e ai modi di Giò.
Nel film, come nel libro, non è Giò il protagonista, se non di riflesso perché è lui a generare le domande importanti e fondamentali del fratello Jack. La prima cosa che il film mostra è la tenuta del legame familiare: l’amore tra il padre e la madre si rafforza con l’arrivo di Giò, non è turbato dalla diversità del piccolo che pure comporterà un nuovo modo di gestire il tempo tra figli, lavoro e la scuola speciale per Giò. Anche per Alice e Gaia la crescita continua, aiutando maggiormente in casa ma pur sempre ricavandosi i propri spazi. È Jack l’unico ad accusare il colpo basso di una bugia detta dai genitori il primo giorno e così la menzogna si frantuma nella rabbia del giovane: «La verità è che mi avete fatto credere che era un supereroe. Siete dei bugiardi!».
Passano gli anni e Jack, ormai prossimo all’adolescenza, avverte con più insistenza la presenza ingombrante della diversità di Giò da gestire, rispetto a se stesso e al mondo. È finita la scuola media e si trova a dover scegliere con il suo amico la nuova scuola superiore. Questa dipenderà anche dalla scelta di Arianna, sua compagna di classe della quale è innamorato. Il primo amore di una adolescenza inquieta, tra l’impegno in un collettivo scolastico, la routine faticosa della famiglia che deve tenere presente i bisogni di Giò, l’hobby della musica: suonare la batteria nel tempo libero assecondando la presenza divertita di Giò.
Mio fratello rincorre i dinosauri parla innanzitutto di una famiglia compatta, modestamente preparata a livello culturale, tanto da decidere che ogni questione privata vada affrontata in un luogo pubblico, come il parcheggio di un grande supermercato, ma nell’assenza di rumori e di voci che potrebbero distrarre. Il parcheggio disabitato, nelle ore di chiusura, è lo spazio perfetto per riflettere insieme, potendo anche alzare la voce, sfogarsi. Ci si può anche accampare sotto la pioggia torrenziale, riparati dentro l’auto, fino a far emergere non tanto la soluzione del problema, quanto la sua causa, per poterla affrontare al meglio. Ed è qui che Jack riuscirà a confessare la sua paura della morte. Perché, se è vero che le persone affette da Sindrome di Down hanno alte probabilità di sviluppare ogni tipo di patologie – ritardo mentale, anomalie cardiache, malformazioni gastroenterologiche, malattie polmonari, epilessia – allora il rischio della morte è più vicino, dietro l’angolo, nonostante l’apparenza tranquilla. Per l’adolescente Jack, le domande sono tante, tra tutte: «Giò avrà amici? E una fidanzata? Chi si occuperà di lui, quando voi non ci sarete più?».
I genitori consolano le lacrime sincere di quel figlio che cresce e inizia ad avvertire il senso di responsabilità, prima di tutto nei confronti di se stesso. È lui infatti che, quando gli viene chiesto quanti sono in famiglia, davanti alla sua amata Arianna, in un collettivo studentesco, dà per morto il fratello, per non doverne parlare, per evitare lo sforzo di cercare le parole per dire la diversità di Giò. Tuttavia, Jack non è un adolescente narcisista né superficiale. È, piuttosto, il vero eroe del film, per il suo impegno a diventare un uomo migliore, in un tempo nel quale la gara è ad avere prestazioni migliori degli altri.
Ecco perché, in Mio fratello rincorre i dinosauri, la diversità al centro dell’attenzione non è tanto quella di Giò, quanto quella di Jack, che per diventare grande dovrà farsi umile e dire la verità, tutta la sua verità più intima.
Nonostante la maggioranza della critica abbia interpretato il film di Cipani come la risposta italiana a Wonder di Stephen Chobsky (USA 2017), c’è una differenza profonda fra le due storie. Se in Wonder la macchina da presa insisteva sul viso del piccolo August, affetto da una grave malformazione facciale, per raccontare i suoi sentimenti, le sue emozioni e reazioni, in Mio fratello rincorre i dinosauri lo sguardo resta su Jack, che nel fratello vede lo specchio della propria vulnerabilità, di quella finitezza che tutti dobbiamo imparare ad accettare.
La diversità di Giò offre la possibilità di riflettere su chi siamo noi davanti alla diversità, quali parole siamo capaci di usare, quali sentimenti siamo in grado di provare. Giacomo Mazzariol, giovane autore dell’omonimo libro autobiografico, nel video intitolato The Simple Interview, distribuito su YouTube nel 2015 in occasione della giornata mondiale della Sindrome di Down, ha messo in scena un’ironica simulazione di un colloquio di lavoro con il piccolo Giò; concludeva con le parole: «Dentro ogni persona c’è un mondo unico. Non guardate gli altri soltanto con i vostri occhi. Siate autentici, siate spontanei. Restate semplici, restate veri».
La verità della quale il film vuole parlare è senza dubbio quella di un adulto di fronte alla sofferenza: una volta smascherata la bugia dei genitori che avevano presentato Giò agli altri figli come un essere speciale, dotato di superpoteri, Jack diventerà l’adulto capace di amare la fragilità, l’ingenuità del fratello che «quando è in un corridoio, corre. Perché nei corridoi si corre». Grazie a questa esperienza sarà in grado di apprezzare i sentimenti di Arianna che, dapprima arrabbiata per le menzogne dette da Jack, alla fine si mostra paziente e affettuosa verso quel ragazzo pieno di talenti e delicatezze. Per entrambi, si tratta di imparare ad amare, con tenerezza e sincerità, nella speranza di costruire qualcosa di buono nella loro giovane vita.