Manrico (Riccardo Scamarcio) e Accio (Elio Germano) sono fratelli, ma non potrebbero essere pù diversi. Manrico è carismatico e inaffidabile, benvoluto dalla sua famiglia e ammirato da tutti; lavora in fabbrica, protesta per i diritti della classe operaia ed è molto attivo nel Partito comunista. Accio, il fratello minore, è tanto serio quanto irrequieto e ribelle; entrato in seminario a dodici anni, studia con passione le lingue e le culture classiche, ma la sua personalità problematica e la sua ansia di emergere lo portano ad abbandonare il cattolicesimo che, quasi per dispetto nei confronti del fratello maggiore, sostituisce con gli ideali fascisti, così perfettamente conformi al suo carattere bellicoso e alle sue aspirazioni.
Sullo sfondo dell’Italia in subbuglio degli anni ’60 e ’70, tra Latina e l’Italia settentrionale, i due fratelli si allontanano e si riavvicinano costantemente, facce opposte della stessa medaglia, in una “danza” che talvolta si impernia sui loro ideali, talvolta sulla famiglia che condividono; talvolta, invece, trova al suo centro Francesca, la ragazza di Manrico, per cui Accio sembra provare affetto ma anche frustrazione per la tenace fedeltà di lei a Manrico e la sua incapacità di accettarne il carattere imprevedibile. Mentre Manrico rimane devoto al comunismo per tutta la vita, Accio, che abbandona il fascismo dopo averne visto il lato più violento e si avvicina tiepidamente al comunismo, senza però perseguirlo fino in fondo, è lo specchio di un’Italia confusa e inquieta, contemporaneamente smaniosa di agire e insicura su come farlo.
«Il Sessantotto mi sembra di averlo passato in cucina a mangiare i quadrucci in brodo di mia madre.», dice Accio, che, per sua stessa ammissione, «si prende troppo sul serio» per potersi riconoscere in una singola ideologia. È un’affermazione particolarmente efficace anche per descrivere il tono del film che, pur trattando un periodo storico intrinsecamente vissuto all’ombra della politica, sembra spesso relegarla sullo sfondo, concentrandosi invece sui personaggi e sulle loro dinamiche; al punto che le ideologie in gioco, pur essenziali nello svolgimento della narrazione, non sono altro che note a margine, nel rapporto ricco di sfumature tra i due fratelli, così diversi, eppure ciascuno dotato di un’ineguagliabile conoscenza dell’altro.