Memoria di sacerdoti “Ribelli per amore” 1943-1945
Giovanni Barbareschi
Centro Ambrosiano, Milano 2018, pp. 352, € 16
La nuova edizione di Memoria di sacerdoti “Ribelli per amore” 1943-1945 (Edit. Centro Ambrosiano) di don Giovanni Barbareschi ci aiuta a non ignorare il passato. Il libro è focalizzato sul ruolo di 179 sacerdoti della Diocesi ambrosiana. Durante gli anni della guerra vengono arrestati 168 sacerdoti, in proporzione è la categoria più colpita. Nella sola Lombardia ne vengono deportati 14 e 8 sono uccisi dai nazifascisti.
La Resistenza è stato un fenomeno composito dove tutte le componenti non fasciste della società italiana si sono impegnate e schierate. Oltre ai comunisti, che hanno pagato il tributo di vite umane più elevato, ci sono anche i socialisti, gli azionisti, i monarchici, i liberali e naturalmente i cattolici, laici o preti che fossero. Il tratto distintivo della Lombardia è dato dalla capillarità, come emerge dal libro. Ovvero ogni oratorio, o quasi tutti gli oratori della Diocesi, hanno avuto il coadiutore impegnato nella Resistenza.
«Preti delle città e delle campagne, che raccolgono e distribuiscono la stampa clandestina per diffondere alcune idee allora proibite, che falsificano documenti per reagire all’ingiustizia e affermare che anche l’ebreo è una persona umana. Preti che sentono il dovere di seguire in montagna, nei nuclei partigiani, i giovani del loro oratorio ed assicurare loro l’assistenza religiosa» (pp. 24-25). È doveroso precisare che non tutto il clero, compreso quello ambrosiano, ebbe questo orientamento perché non è possibile «estrapolare – precisa Giorgio Vecchio – tanti esempi virtuosi e generalizzare il tutto». Anche in questa ristampa c’è un valore formativo per i giovani. «Oggi – scriveva padre Davide Maria Turoldo – abbiamo giovani senza ricordi: giovani astorici. Generazioni rapinate del dono della memoria; perciò incapaci, o almeno inadatte, a credere perfino in un loro definito avvenire. Non sanno nulla del passato, nulla sanno del futuro. Così rischiano d’essere alla mercé del cinismo o almeno dell’indifferenza».
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