Lunchbox
Ritesh Batra
India, Francia, Germania, USA 2013-Academy 2-Drammatico, 105 min
Ila ogni giorno cucina il pranzo per il marito, lo ripone in una lunchbox e lo consegna a chi glielo porterà, che per errore lo fa avere ad un’altra persona, Saajan. Suo marito non si accorge di ricevere cibo preparato da un’altra donna mentre Sajaan inizia a rispondere ai biglietti che Ila inserisce nella lunchbox, dando il via a un epistolario destinato a incidere sulle vite di entrambi.
A Saajan Fernandes, scontroso impiegato dell’ufficio reclami di un’azienda, prossimo alla pensione dopo 35 anni di grigio ma onorato servizio, cominciano ad arrivare i succulenti manicaretti che Ila cucina per il marito. La donna si rende conto dell’errore e invece di chiarire l’equivoco col fattorino, manda insieme al pranzo un biglietto per il misterioso destinatario. Fernandes risponde in maniera abbastanza fredda, dando però il via a un epistolario destinato a cambiare la vita dei protagonisti, due persone con dei vuoti da riempire. Fernandes infatti è vedovo e conduce un’esistenza piuttosto ritirata, mentre Ila si sente trascurata dal marito e neanche i pasti che lei cucina con infinita cura, quasi in una versione indiana e neorealista del Pranzo di Babette o di Come l’acqua per il cioccolato, riescono a farle ritrovare la strada per il cuore del proprio (si scoprirà infedele) consorte. Ma i treni sbagliati possono arrivare nelle stazioni giuste e forse sarà il cuore di Fernandes ad essere raggiunto da Ila. Prende così vita un lungo scambio di messaggi, che si trasformerà in un’affettuosa amicizia, fatta di brevi confessioni sulle loro solitudini, sulle loro paure, sui ricordi e sulle loro piccole gioie. Scriversi diventerà un modo per sentirsi vicini in una metropoli come Mumbai che spesso distrugge speranze e sogni. La consegna del pasto sarà il rito quotidiano che li unirà.
Lunchbox è un film sobrio, delicato e originale diretto dall’esordiente Ritesh Batra: una regia che prende immediatamente le distanze dalla commedia tipica di Bollywood, scartando alla radice eccessi, ridondanze e fatuità. L’autore sceglie infatti di concentrarsi sugli aspetti più profondi della narrazione, privilegiando l’interiorità dei personaggi, il loro bisogno di comunicare e, soprattutto di sentirsi meno soli. Quello che gli preme restituire, anche attraverso la costruzione della messa in scena, è il loro intimo sentire, il loro disagio di fronte a un’esistenza vuota e sempre uguale. Così il loro agire minimale – per lo più costituito dalle abitudini culinarie di lei e da quelle professionali di lui – si coniuga con il peso e il significato della parola scritta e della riflessione; e parallelamente si alterna, nel montaggio, alle riprese della vita cittadina, caotica e opprimente. La macchina da presa interviene dunque nel sottolineare ed isolare l’unicità della loro relazione epistolare, offrendo uno spessore, umano e spirituale, che risalta sullo sfondo metropolitano, freddo e indifferente. Un distacco che si esprime anche nei colori: tonalità di grigio e di colori scuri caratterizzano le immagini d’ambiente; mentre sfumature più calde, accoglienti e vivaci riguardano il cibo, nelle sue varie articolazioni. Lunchbox è un film in cui il rito quotidiano del cucinare e del pranzo viene elevato a strumento di conoscenza reciproca, di partecipazione emotiva, di vitalità, un vero e proprio linguaggio relazionale, che in un quotidiano “spendersi per l’altro” trova la strada di un’insospettabile apertura degli orizzonti.
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