Il low cost (lett. «basso costo», d'ora in poi LC) è un fenomeno che ha mosso i primi passi quasi mezzo secolo fa nel settore del trasporto aereo. Era la seconda metà degli anni Sessanta, in America, e le compagnie avevano gli spazi aerei loro assegnati e non potevano farsi concorrenza. Nel 1967 venne fondata a Dallas (Texas, USA) la Southwest Airlines, nel contesto di un mercato estremamente regolato e poco concorrenziale, che però iniziò a operare solo quattro anni più tardi. Per affermarsi la società puntò su una politica dei bassi costi, giocando anzitutto sulla tariffa unica - in virtù dell'unica classe di passeggeri prevista -, sull'azzeramento del servizio di bordo, sulla vendita diretta dei biglietti, sulla scelta di aeroporti secondari più economici e meno soggetti a problemi di traffico.
Vent'anni più tardi, su iniziativa del magnate britannico Richard Branson, titolare della celebre etichetta discografica Virgin Records, venne fondata la Virgin Atlantic, prima compagnia aerea LC europea, il cui obiettivo - allora rivoluzionario - era quello di allargare il mercato del trasporto aereo al pubblico giovanile attraverso una marcata riduzione dei prezzi dei biglietti, ottenuta con il taglio dei servizi accessori, oltre che con l'efficienza e la puntualità. Sulla falsariga di questa si mosse di lì a poco la Ryanair, compagnia irlandese fondata nel 1991 da Tony Ryan, che dal 1996, con la liberalizzazione del traffico aereo del Vecchio Continente, ha contribuito a cambiare letteralmente volto al settore del mercato aereo, rendendolo accessibile alle grandi masse.
Ma se il fenomeno del LC è nato nei cieli, è stata la gravissima crisi finanziaria ed economica degli ultimi anni a mettergli per davvero le ali, estendendolo a molti altri settori economici, dalle banche alle assicurazioni, dall'automobile all'abbigliamento, dall'arredamento alla ristorazione e alla grande distribuzione, sfruttando ad esempio le possibilità offerte da Internet per eliminare i costi legati ai servizi d'agenzia o introducendo la possibilità di trasportare e montare in autonomia elementi d'arredo, tutti «servizi aggiuntivi» che contribuiscono a far aumentare i prezzi. La crisi ha impoverito una porzione cospicua della classe media occidentale e ha pertanto imposto profonde trasformazioni alle dinamiche e alle logiche dei consumi, con conseguenze importanti sugli stili di vita e sulla cultura stessa dell'acquisto. L'attenzione al prezzo, infatti, è diventata decisiva, ma non per questo ha cancellato l'importanza del valore e della qualità dei beni acquistati: ci si è resi conto che per spendere meno non occorre necessariamente comprare di meno, quanto piuttosto comprare meglio, guardando al valore reale dei prodotti, rivolgendosi alle aziende in grado di offrire il miglior rapporto qualità/prezzo ed evitando al contempo inutili sprechi.
In tal senso il LC si differenzia - o dovrebbe differenziarsi - dal cosiddetto cheap (parola inglese che significa al contempo «economico» e «scadente»), cioè il prezzo basso a qualunque costo, senza alcuna attenzione alla qualità, ai diritti dei lavoratori che producono il bene, alla legalità, all'impatto sull'ambiente, ecc. Diciamo «dovrebbe», perché in realtà il confine tra cheap e LC è sottile: infatti la riduzione dei prezzi attraverso l'«essenzializzazione» del prodotto, in qualche modo liberato da servizi aggiuntivi, si ottiene spesso con una forte riduzione del costo del lavoro, frutto sia del taglio della manodopera, soppiantata da Internet o scalzata da nuove dotazioni tecnologiche (è il caso delle casse automatiche in molti superstore), sia con una minore attenzione ai diritti dei lavoratori, spesso sottopagati, oberati e privi delle adeguate garanzie contrattuali.
Il prodotto LC si differenzia poi anche dalle promozioni, in quanto è un prodotto a sé stante, con caratteristiche specifiche - ad esempio in termini di riduzione dei servizi aggiuntivi, o di disponibilità solo tramite il canale commerciale del web - e non un prodotto convenzionale venduto a un prezzo ridotto per ragioni particolari, come i saldi o le offerte speciali.
Non è semplice, dunque, definire con precisione il fenomeno del LC, che può sovrapporsi con altre tipologie di vendita di prodotti e servizi a basso costo, come dimostra l'assenza di una letteratura scientifica e indipendente che ne descriva le caratteristiche.
Il low cost in Italia
Nel nostro Paese quello del LC è un mercato in forte crescita, anche se ancora marginale per volumi di fatturato. Nel 2010, stando ai dati forniti dall'associazione che riunisce le principali aziende del comparto, Assolowcost (ASSOLOWCOST, Rapporto annuale Assolowcost 2011, <www.assolowcost.eu>), il LC ha inciso per il 5% sul Prodotto interno lordo (PIL) italiano, con un fatturato complessivo di quasi 77 miliardi di euro, in crescita del 13,5% su quello dell'anno precedente. Un trend che tocca tutti i settori «storici» del LC, con un'impennata più marcata nelle assicurazioni on line (+15%), ma con ottime performance anche in segmenti merceologici relativamente nuovi come la distribuzione dei carburanti (+10%) o l'abbigliamento (+8%). Stando ad alcuni calcoli effettuati da Assolowcost, i margini di risparmio per le famiglie che scelgono la strada del LC sono importanti e consentono di colmare in buona parte la riduzione del potere d'acquisto dovuta alla crisi: per una famiglia di quattro persone, ad esempio, un paniere in cui il 50% degli acquisti riguarda prodotti LC garantisce un risparmio annuo di poco inferiore ai 4.500 euro, cifra che scende a 3mila euro per le coppie e a 1.950 euro per i single (Rapporto annuale Assolowcost 2010, <www.assolowcost.eu>).
I settori che sono stati maggiormente toccati dal fenomeno del LC sono quello bancario e assicurativo, il turismo e - limitatamente al fenomeno IKEA (Ingvar Kamprad Elmtaryd Agunnaryd) - l'arredamento. Nel caso delle assicurazioni, gli operatori on line non hanno dato particolare fastidio a quelli convenzionali del Belpaese, essendo anzi nella quasi totalità una loro gemmazione e dunque un modo di aumentare la penetrazione delle imprese tradizionali sotto marchi in parte diversi. Discorso diverso riguarda il settore bancario, in cui hanno fatto ingresso soggetti stranieri operanti esclusivamente su piattaforme Internet, con prodotti finanziari che spaziano dai mutui ai conti deposito, sparigliando non poco le carte e imponendo agli istituti tradizionali di lanciarsi sul web con propri marchi, mettendo sul mercato strumenti competitivi.
Il ruolo di Internet nella riduzione dei costi è stato e continua a essere determinante anche nel turismo, dove oltretutto la nascita di nuovi soggetti ha messo in crisi il comparto tradizionale. Ciò è avvenuto anzitutto nel settore dei voli, con Ryanair e le altre compagnie LC, ma ha poi toccato nel vivo anche il fatturato globale dei tour operator, messi a dura prova dalla concorrenza di alcuni portali per la confezione dei viaggi «fai da te».
Un cenno a parte merita indubbiamente il caso IKEA, il colosso svedese dell'arredamento, che ha in Italia il suo terzo fornitore di mobili e complementi per arredo dopo Cina e Polonia e che fattura, a livello mondiale, oltre 23 miliardi di euro (cfr Rapporto annuale Assolowcost 2011). Nello specifico, Internet non gioca alcun ruolo nel tener bassi i costi, poiché non è previsto l'acquisto on line; i prezzi vengono contenuti - ma con un buon rapporto qualità/prezzo - grazie a un modello di business che privilegia il design, l'ampiezza di gamma, la standardizzazione a livello globale con le conseguenti economie di scala, il coinvolgimento diretto della clientela nel trasporto e nel montaggio dei prodotti, l'assenza di intermediari e di siti di stoccaggio della merce, le grandi dimensioni dei centri vendita oltre, ovviamente, alla consueta politica di risparmio sui costi del lavoro, ottenuta con l'ampio ricorso ai contratti atipici, interinali, a progetto e, comunque, non a tempo indeterminato.
Per quanto riguarda il settore dell'auto, l'offerta LC riguarda per ora soltanto Dacia, marchio del gruppo Renault-Nissan che vale poco meno dell'1% dell'intero mercato italiano ma degno di nota per le strategie attivate dal gruppo in termini di economie di scala, sinergie industriali, distribuzione, logistica, componentistica, ingegneria, ecc. per poter immettere sul mercato prodotti interessanti, di buon valore, giocando sulla variabile «spazio» - le grandi dimensioni - quale punto di forza.
Meritano poi di essere segnalati l'abbigliamento e il settore delle prestazioni sanitarie. Nel primo caso il contenimento dei prezzi è spesso legato alla pratica di fast fashion (lett. «moda veloce»), vale a dire alla riduzione delle scorte attraverso la rotazione frequente di abiti e accessori sugli scaffali di negozi resi accattivanti anche grazie alla musica martellante di sottofondo; decisiva è anche la capacità di imitare i capi dei grandi marchi in tempi brevissimi.
Quanto infine alla sanità, il movimento LC è ancora in fase embrionale, ristretto per lo più all'odontoiatria, ambito fra i più colpiti dalla crisi per i costi che la caratterizzano e per la concorrenza dei dentisti dell'Europa orientale. Muovono i primi passi reti di studi consorziati o catene in franchsing. In Lombardia si segnala il caso di Amicodentista, un network di sette studi consorziati che riesce a ridurre i prezzi acquistando i materiali senza intermediari e in grosse quantità, servendosi di un laboratorio odontotecnico centralizzato, ottimizzando al massimo la «copertura» delle poltrone, razionalizzando visite e orari di ambulatorio, investendo sul marketing e la comunicazione, promuovendo soluzioni di pagamento diversificate e su misura dei clienti.
Opportunità e limiti
«Il valore simbolico che il made in Italy riesce ad apportare ad automobili, design, oggetti, turismo, ristorazione, film e libri non ha pari. Se la nostra economia potesse anche proporlo a un prezzo accessibile, allora sarebbe ancora più forte nel mondo». Sono parole di Severino Salvemini, economista dell'Università Bocconi di Milano (riportate in ASTONE F. - LACALA R., Italia low cost. Viaggio in un Paese che tenta di resistere alla crisi. Storie, segreti e indirizzi di chi ce la fa, Aliberti, Milano 2011, 117), che fotografano assai bene quella che si profila come la vera sfida che il nostro Paese deve affrontare e vincere per restare sul treno delle grandi economie mondiali: imboccare la via del LC di qualità per sfruttare il credito d'immagine che i suoi prodotti ancora vantano, regalando loro al contempo mercati assai più vasti in cui imporsi grazie a prezzi più abbordabili. Un obiettivo difficile da perseguire, però, per un Paese che dal 1994 cresce a ritmi lentissimi in virtù di radicati limiti strutturali, fondato su un tessuto di piccole e medie imprese che difficilmente si sposa con le logiche oligopoliste del LC di marca, e nel quale il dibattito sulle scelte di politica economica si concentra per lo più sul costo e la produttività del lavoro, lasciando sullo sfondo il concetto di produttività d'impresa, nel quale giocano variabili diverse e non meno importanti come, in particolare, l'organizzazione dei fattori produttivi.
Un'ultima riflessione critica merita il rapporto tra il LC e «l'etica della spesa». Il LC, facendo leva in molti casi su abilità particolari, quali la capacità di trasportare e montare autonomamente un mobile o quella di utilizzare Internet per un preventivo o un acquisto, crea o allarga il divario fra i consumatori: alcune opportunità di risparmio sono di fatto accessibili solo a pochi. Infine, se è vero che l'approccio LC all'acquisto si sposa bene con il clima di austerità e frugalità che ha giocoforza coinvolto un'ampia fetta della popolazione, costretta a fare i conti con portafogli sempre più vuoti, è anche vero che la logica del basso prezzo, unita a sottili strategie di marketing che fanno leva sulla gratificazione immediata data dalla sensazione di aver fatto un «affare» può spingere i consumatori, specie i meno accorti, nella direzione opposta, inducendoli addirittura all'acquisto compulsivo.
Per saperne di più
ASTONE F. - LACALA R., Italia low cost. Viaggio in un Paese che tenta di resistere alla crisi. Storie, segreti e indirizzi di chi ce la fa, Aliberti, Milano 2011.
BERSELLI E., L'economia giusta, Einaudi, Torino 2010.
FABRIS G., La società post-crescita. Consumi e stili di vita, Egea, Milano 2010.
GAGGI M. - NARDUZZI E., La fine del ceto medio e la nascita della società low-cost, Einaudi, Torino 2007.
RAMPINI F., Slow Food. Rinascere con saggezza, Mondadori, Milano 2009.
ASSOLOWCOST, Rapporto annuale Assolowcost 2011, in <www.assolowcost.eu>.
RISPENDO, blog di Marina Martorana, <http://rispendo.corriere.it/>.