Nonostante gli sforzi intrapresi ormai da tempo da parte delle organizzazioni internazionali e degli Stati, la fame continua a essere una realtà che tocca troppe persone nel mondo. Secondo il recente rapporto congiunto delle Nazioni Unite Stato della sicurezza alimentare e della nutrizione nel mondo 2018 (<www.fao.org/state-of-food-security-nutrition/en>), negli ultimi tre anni il numero delle persone che soffrono per la fame e la malnutrizione è tornato a crescere, raggiungendo la cifra di 821 milioni (una persona su nove), riportando la situazione globale indietro di quasi un decennio. Il rapporto presenta anche altri dati preoccupanti sempre legati all’alimentazione e alla sua adeguatezza: dai problemi di obesità che riguardano un numero crescente di adulti (più di uno su otto al mondo) ai ritardi nella crescita dei bambini di età inferiore ai cinque anni a causa della malnutrizione (si stima che siano 151 milioni al mondo), ai gravi problemi di sicurezza alimentare sperimentati da circa 124 milioni di persone in 51 Paesi nel corso del 2017.
A livello internazionale è forte la consapevolezza che le questioni legate a un’alimentazione insufficiente o cattiva siano tra le principali sfide da affrontare nella lotta contro la povertà e le crescenti disuguaglianze. Lo testimonia in modo chiaro il secondo obiettivo dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, che si concentra proprio su questi aspetti, proponendosi di «porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare, migliorare la nutrizione e promuovere un’agricoltura sostenibile» (<www.unric.org/it/agenda-2030>).
Nell’impegno globale su questo fronte è presente – e svolge un ruolo significativo – anche l’Unione Europea (UE), la cui azione si aggiunge a quella realizzata dai singoli Stati membri. Come cittadini europei probabilmente siamo più attenti alle iniziative “interne” delle istituzioni europee, ossia quelle promosse nel territorio dell’Unione o nei singoli Stati membri; ma la UE è anche un rilevante attore geopolitico ed economico a livello mondiale. Per cogliere quanto sia importante questo aspetto è sufficiente scorrere la lista delle Conclusioni adottate nelle ultime settimane dal Consiglio della UE relative a temi di politica internazionale. Si va, infatti, da interventi più specifici, relativi alla situazione politica di alcuni Paesi, ad altri di più ampio respiro, in cui si affrontano temi come i cambiamenti climatici o la prevenzione e il contrasto del commercio illegale di armi leggere e di piccolo calibro, giusto per menzionare qualche esempio. In questi ambiti, le decisioni assunte dalla UE delineano un quadro unitario e condiviso per l’azione europea in conformità agli accordi internazionali esistenti e rendono possibile sia un maggiore coordinamento delle politiche condotte dai singoli Stati membri sia il realizzarsi del valore aggiunto costituito dall’intervento dell’Unione in quanto tale.
Nel caso della lotta alla fame e alla malnutrizione, l’impegno della UE si realizza su diversi piani. Dal punto di vista della strategia complessiva, un recente documento del Consiglio della UE (Rafforzare la sicurezza alimentare e nutrizionale mondiale, Conclusioni del 26 novembre 2018, in <www.consilium.europa.eu>) ha sottolineato la molteplicità di ambiti che sono coinvolti quando si affronta il tema dell’alimentazione e ha ribadito l’importanza della cooperazione se si vuole dare una risposta efficace: «la UE e i suoi Stati membri possono contribuire collettivamente a promuovere la sicurezza alimentare e nutrizionale attraverso un approccio multilaterale e multisettoriale che integri il tema della nutrizione in diversi settori, quali ad esempio l’agricoltura, la protezione sociale, la salute, l’istruzione, l’acqua, i servizi igienico-sanitari e l’igiene. La UE e i suoi Stati membri devono pertanto continuare a collaborare, continuando fra l’altro a promuovere la programmazione congiunta e i quadri comuni dei risultati a livello nazionale e anche con i partner, al fine di migliorare la coerenza e l’efficacia della cooperazione allo sviluppo» (n. 10). Si tratta di affermazioni non scontate né di routine in questo frangente storico, che vede la collaborazione tra Stati messa seriamente in discussione.
Sul piano delle linee di azione, la UE nel tempo ha elaborato vari programmi di intervento. Nel documento appena citato, il Consiglio ha individuato alcuni ambiti, che riassumiamo in poche parole chiave, in cui la UE è chiamata a intensificare l’impegno già in atto. Cambiamenti climatici: non basta prendere atto dei cambiamenti a livello del clima e del loro impatto sull’agricoltura e sull’approvvigionamento alimentare globale, ma bisogna anche operare per mitigarne quanto più possibile gli effetti, perché «le crescenti pressioni sulle risorse terrestri e naturali avranno ingenti ripercussioni sulla capacità dei sistemi agroalimentari di contribuire in modo sostenibile a un’alimentazione sicura, salutare e nutriente per popolazioni in rapida crescita» (n. 6). Questo ci porta alla seconda parola: agricoltura. Come è facile immaginare, l’agricoltura costituisce uno degli snodi centrali nella lotta alla fame e alla malnutrizione, anche perché circa il 70% delle persone che vivono in estrema povertà nel mondo si trova in aree rurali. Al riguardo la UE ritiene prioritario accrescere la sostenibilità delle pratiche agricole e lo sviluppo del settore agricolo nel mondo nel segno della resilienza e dell’innovazione. Si ricorda anche la protezione della biodiversità e degli ecosistemi e l’opportunità di «rafforzare il collegamento tra le piccole aziende agricole e le piccole e medie imprese e investire in particolare nella creazione di opportunità di lavoro nelle zone rurali» (n. 8), come via per promuovere il commercio agricolo regionale e ridurre la povertà estrema. Donne: il loro ruolo è troppo spesso sottovalutato o limitato, ma è cruciale nella gestione delle risorse naturali e nel garantire la sicurezza alimentare e nutrizionale; per questo il Consiglio ritiene necessario procedere a un approccio integrato, affrontando congiuntamente le questioni della sicurezza alimentare e della disparità di genere. Conflitti: tra le cause della crescita della fame nel mondo vi sono i conflitti e le violenze in vari Paesi e va preso atto del legame tra conflitto armato, insicurezza alimentare e minaccia di carestia. Anche in questo ambito è determinante il ricorso a un approccio integrato, che tenga insieme in un unico orizzonte gli aiuti umanitari, gli interventi per lo sviluppo e quelli per la pace. Qualità della vita: il Consiglio incoraggia la Commissione e gli Stati membri a sostenere i sistemi alimentari che garantiscono una sicurezza alimentare e nutrizionale sostenibile per tutti, contrastando i fenomeni di cattiva alimentazione (sovrappeso, obesità) oltre a quelli di insufficiente alimentazione.
Per sostenere le azioni programmate in questi ambiti, la UE ha stanziato 3,5 miliardi di euro nel Quadro finanziario pluriennale 2014-2020, di cui 2,49 miliardi sono già stati assegnati a programmi in materia di nutrizione tra il 2014 e il 2017. Oltre agli interventi realizzati direttamente, la UE coopera da tempo con le agenzie delle Nazioni Unite impegnate nella lotta alla fame anche dal punto di vista economico. Ad esempio, tra il 2007 e il 2017, la UE ha erogato più di 1,5 miliardi di euro per oltre 250 programmi guidati dalla FAO in 60 Paesi, aumentando il sostegno a seguito della crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008. Lo scorso mese di ottobre è stato siglato un ulteriore accordo con la FAO che prevede l’erogazione di un contributo di 70 milioni di euro a favore del Global Network against Food Crises, un programma avviato nel 2016 che promuove soluzioni sostenibili alle crisi alimentari.
È evidente che l’impegno europeo in questo ambito non si esaurisce con i programmi di cooperazione internazionale, ma passa anche attraverso l’insieme delle scelte politiche adottate in seno alla UE. L’art. 208 del Trattato di Lisbona obbliga l’Unione a tenere conto degli obiettivi della cooperazione allo sviluppo nell’elaborazione e attuazione delle proprie politiche quando possono incidere nei Paesi in via di sviluppo. Si tratta di una previsione fondamentale, perché riconosce la possibilità che le politiche europee in ambiti come l’agricoltura, il commercio internazionale o le risorse energetiche possano essere in contrasto con le azioni adottate dalla stessa Unione per ridurre le diseguaglianze e la povertà. Non si tratta di un’ipotesi, visto che gli esempi nel recente passato non mancano e rischiano sempre di ripetersi, come nel caso del ricorso ai biocombustibili o delle decisioni adottate in tema di protezione delle produzioni agricole europee, con i conseguenti riflessi a livello dei prezzi globali (cfr Caritas europea, The EU’s Role to End Hunger by 2025, in <www.caritas.eu>). La UE può evitare questi rischi e migliorare la propria azione nell’ambito della lotta alla fame – come in altri ambiti – grazie alla funzione di controllo delle istituzioni europee e internazionali preposte e al ruolo della società civile.
Le Conclusioni del Consiglio
Il Consiglio della UE, l’organo in cui siedono i rappresentanti dei Governi europei, può adottare delle Conclusioni, che sono atti di tipo politico attraverso cui il Consiglio nel suo insieme, quindi tutti gli Stati membri dell’Unione, decidono posizioni o impegni su un tema specifico, fornendo indicazioni sull’attività futura. Questi atti non sono vincolanti dal punto di vista giuridico, ma svolgono varie funzioni, tra cui: invitare uno Stato membro o un’altra istituzione europea a intervenire in una determinata materia; chiedere alla Commissione di preparare una proposta su un tema specifico; coordinare le azioni degli Stati membri negli ambiti di coordinamento flessibile; indicare, nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC), la posizione dell’Unione su un determinato evento o Paese; esprimere una posizione politica o valutare un evento internazionale a nome della UE; fissare una posizione coordinata tra la UE e i suoi Stati membri nell’ambito delle organizzazioni internazionali.