L’Europa e la sua ombra. Un continente di fronte alla responsabilità del futuro

Gilles Gressani, Giorgia Serughetti
Bompiani, Milano 2023, pp. 112
Scheda di: 
Fascicolo: marzo 2024

Si avvicina l’appuntamento delle elezioni per il Parlamento europeo, e forse mai come in questa occasione l’esito pare incerto, non solo con riferimento a quali forze politiche prevarranno alle urne, ma anche a quale potrà essere il futuro del progetto europeo stesso. Questo è l’interrogativo principale oggetto del presente volume, che rappresenta la trasposizione editoriale degli interventi dell’ultima edizione delle “Martini lecture”, promosse dal Centro “C.M. Martini” in collaborazione con l’Università degli studi di Milano-Bicocca e la Fondazione Carlo Maria Martini, con il patrocinio dell’Arcidiocesi di Milano, tenutasi presso la stessa università il 24 maggio 2023. In essa sono intervenuti Giorgia Serughetti, ricercatrice di filosofia politica dell’Università di Milano-Bicocca, e Gilles Gressani, presidente del Groupe d’études géopolitiques dell’Ecole Normale Supérieure di Parigi e fondatore della rivista di geopolitica le Grand Continent.

Entrambi gli interventi si concentrano sulle recenti crisi vissute nel continente europeo (il filosofo francese Edgar Morin le ha riunite efficacemente nel termine “policrisi”), fra cui la crisi finanziaria del 2008, la crisi dei debiti sovrani del 2011, la cosiddetta crisi dei rifugiati del 2015, la più recente pandemia e l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, che avrebbero gradualmente portato a un’originale rinascita del nazionalismo nel continente europeo, nella sua declinazione contemporanea del “sovranismo”. I sovranismi sarebbero caratterizzati in particolare dalla crescente ostilità verso un nemico esterno, riconosciuto nei migranti. Curiosamente, questi nuovi nazionalismi non sarebbero ora interessati al fallimento tout court del progetto europeo, quanto al tentativo di «rendere il nazionalismo endogeno (e non esogeno) alla cooperazione europea», che invece era proprio nata con l’intenzione di «lasciarsi il nazionalismo alle spalle» (p. 25). In questo senso, l’Europa che cerca ancora di mantenere forme di integrazione (specialmente economica, ma anche nell’ambizione di esercitare una più decisa influenza geopolitica globale) si scontra sempre di più con la propria “ombra”, che la vede «rinserrata nello sciovinismo del benessere, spaventata dalla disperazione che preme ai suoi confini» (p. 28). Tale visione è stata anche forse inavvertitamente esplicitata da alcuni rappresentanti delle istituzioni europee stesse, come Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, che ha affermato che «L’Europa è un giardino. Abbiamo costruito un giardino. Tutto funziona... La maggior parte del resto del mondo è una giungla, e la giungla potrebbe prendere il sopravvento sul giardino » (pp. 69-70). In questo senso, si intravvede forse, in modo già inquietante, la fine della felice eccezione degli ultimi decenni, che ha visto un’Europa finalmente libera da conflitti dopo secoli di guerre, a fronte di un concetto di politico che torna oggi in tutta la sua «brutalità, nella nudità della sua violenza » (p. 47).

La riflessione potrebbe chiudersi dunque in un quadro a tinte fortemente fosche. In quest’ottica, si apprezzano ancora di più le conclusioni degli AA., che traggono anche ispirazione dalle riflessioni che il Card. Carlo Maria Martini espresse sull’Europa, che non può essere considerata «solo una storia di valori da ricostruire» (p. 97), secondo una visione nostalgica e in definitiva irrealistica. Fondamentale secondo loro appare più che mai oggi uno sguardo profetico sul futuro, capace di cogliere anche nella realtà dell’immigrazione «una grande occasione etica e civile», a seconda di come sarà governata (p. 98). È significativo che l’appello finale sia dunque quello di rinnovare la speranza, quella speranza che caratterizzava i primi passi del progetto europeo, nato dalle macerie di una guerra mondiale, e che oggi caratterizza quel sogno, che curiosamente «oggi vive, più che nei palazzi di Bruxelles e Strasburgo, nel desiderio di chi attraversa le frontiere» (p. 43).

Con questa consapevolezza, anche le prossime elezioni europee potrebbero diventare l’occasione per frenare il crollo considerato quasi ineluttabile del progetto europeo e per dare ad esso una linfa che sia veramente nuova e calata in un mondo profondamente cambiato, consapevoli, come recitano le ultime parole del Manifesto di Ventotene del 1941 (considerato uno dei documenti fondanti del sogno europeo), che «la via da percorrere non è facile né sicura, ma deve essere percorsa e lo sarà» (p. 35).

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