Uscita già nel 2016 a titolo Ethics
in the Conflicts of Modernity. An
Essay on Desire, Practical Reasoning
and Narrative, l’opera del filosofo
scozzese Alasdair MacIntyre rappresenta
un testo significativo tanto
per i dibattiti etici quanto per quelli
di filosofia sociale e filosofia della
cultura, nonché uno snodo fondamentale
del suo itinerario intellettuale,
in cui confluiscono l’adesione
alla tradizione aristotelico-tomista, il
ricorso alla critica marxiana del liberalismo,
l’elaborazione del nesso tra
comprensione teoretica e comprensione
narrativa della vita umana.
La tematica principale del libro è
quella del desiderio e della sua giustificazione
razionale. Lo scopo di
MacIntyre è di «comprendere […] la
parte che i nostri desideri e il nostro
ragionamento pratico giocano nelle
nostre vite e nel loro andare bene o
male» (p. 251), e giunge alla conclusione
che «la forma che dà espressione
a una tale comprensione è
quella della narrativa e di un tipo di
narrativa che presuppone una concezione
neoaristotelica dell’attività
umana» (ivi).
Secondo la concezione aristotelica
della “fioritura umana” esiste un
bene oggettivo, indipendente e anteriore
rispetto ai vissuti soggettivi
di approvazione, e il conseguimento
di una vita felice da parte di un
soggetto dipende essenzialmente
dalla sua capacità di riconoscere
tale bene oggettivo e di orientare
i propri desideri e il proprio agire
verso di esso. Inoltre, a differenza
delle teorizzazioni morali moderne,
che muovono da premesse individualistiche,
una concezione aristotelica
della deliberazione razionale
non si chiede tanto «Che cosa devo
fare io?», quanto «Che cosa dobbiamo
fare noi?». Il protagonista
della deliberazione è sempre un io in relazione con altri, un soggetto
consapevole del fatto che solo dirigendosi
verso il raggiungimento
dei beni comuni sarà in grado di
dirigersi verso il conseguimento del
proprio bene autentico in quanto
individuo (p. 264).
Uno dei principali bersagli della
critica dell’A. è la nozione di diritti
umani, considerata alla stregua di
una «finzione filosofica» (p. 141),
dal momento che nessuna tra le diverse
concezioni dei diritti sarebbe
in grado di portare «solide argomentazioni
per affermare l’esistenza
di tali diritti» (p. 140). Si tratta di
una tesi presente da tempo nell’itinerario
del pensatore scozzese,
che già in Dopo la
virtù (1981) sosteneva
che credere nei
diritti umani «è
come credere
nelle streghe e
negli unicorni»,
posizione poi
ribadita in vario
modo.
Alla posizione
di MacIntyre si può
però ribattere con una
visione dei diritti umani
capace di sottrarsi ai limiti delle
teorizzazioni moderne, quali l’universalismo
astratto, mostrando
come l’universalità dei diritti sia
compatibile con la storicità propria
dell’itinerario di presa di coscienza
di tali diritti, e con la culturalità della
loro concretizzazione all’interno
del diritto positivo di diverse società.
Tale visione si trova delineata in
opere quali I diritti dell’uomo e la
legge naturale (1942) e L’uomo e lo
Stato (1951) di Jacques Maritain.
Oltre al rifiuto della nozione di
diritti umani, problematica appare
anche la critica complessiva mossa
da MacIntyre nei confronti di ciò
che egli definisce come “Moralità”
con la M maiuscola, intendendo
con tale espressione la «moralità
peculiare del mondo moderno» (p.
41), a cui è dedicato il terzo capitolo
dell’opera (p. 185 ss.). La sua disamina
delle contraddizioni interne
all’ethos della modernità e dei loro
riflessi nel discorso pubblico delle
società avanzate è certo in ampie
parti legittima e penetrante, ma il
misconoscimento di alcuni significativi
elementi di progresso morale
emersi nel corso della modernità
appare unilaterale, e rivela un limite
permanente dell’antimodernismo
dell’A.
Nonostante tali limiti,
la complessiva
proposta filosofico-
culturale di
«neoaristotelismo
sviluppato
in termini tomistici
contemporanei
» (p. 253 ss.)
di MacIntyre riesce
a mettere in luce
la piena rilevanza del
ricorso al pensiero di Aristotele
e Tommaso per la disamina
di questioni afferenti alle società
odierne, un elemento di grande valore
di quest’opera. Tra gli ulteriori
aspetti di particolare interesse va
menzionata l’interpretazione dello
sviluppo dei desideri nel corso della
vita umana e del nesso tra desideri
di beni finiti e apertura al fine
ultimo, tematiche rispetto a cui la
riflessione dell’A. sull’identità narrativa
offre spunti che potrebbero
rivelarsi utili anche per il discernimento
spirituale e vocazionale.