LEADER: lo sviluppo locale di tipo partecipativo

Fascicolo: gennaio 2020

Quando si percorre a piedi o in bici uno dei tanti itinerari delle campagne italiane, non è raro imbattersi in un cartello in cui si menziona lo Sviluppo locale Leader o un Gruppo di azione locale (GAL). Lo stesso può accadere visitando una nuova attività economica del settore agricolo o dei servizi in un piccolo o medio Comune, oppure partecipando a qualche iniziativa espressione di innovazione sociale. In tutti questi casi ci troviamo di fronte ad attività che hanno ricevuto un finanziamento attraverso LEADER, lo strumento per il sostegno dello sviluppo locale di tipo partecipativo (cfr box in fondo all'articolo), che nel corso degli anni ha acquisito un ruolo importante nell’ambito delle politiche per le zone rurali grazie alle esperienze realizzate.

Il suo rilievo è oggi ancora maggiore, perché costituisce uno degli strumenti con cui potrà essere data attuazione a uno specifico obiettivo delle politiche di coesione per il periodo di programmazione 2021-2027 (cfr Simonato A., «Politiche di coesione economica, sociale e territoriale», in Aggiornamenti Sociali, 4 [2017] 343-344). Nella proposta presentata nel maggio 2018 (COM[2018] 375 Final), la Commissione europea ha concentrato l’azione dei sette fondi europei (tra i quali il Fondo europeo di sviluppo regionale-FESR, il Fondo sociale europeo Plus-FSE+, il Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca-FEAMP) su cinque obiettivi strategici, e cioè un’Europa: 1. più intelligente; 2. più verde; 3. più connessa; 4. più sociale; 5. più vicina ai cittadini attraverso la promozione dello sviluppo sostenibile e integrato delle zone urbane, rurali e costiere e delle iniziative locali. L’inserimento di quest’ultimo obiettivo tra i temi centrali per le politiche di coesione e i relativi fondi rappresenta di sicuro una novità. Altre decisioni recenti vanno nella stessa direzione, come la proposta della Commissione (COM[2018] 392 Final) sulla futura Politica agricola comune (PAC) e i relativi fondi, in cui è confermata la previsione che ogni Stato membro deve assicurare una dotazione minima allo sviluppo locale di tipo partecipativo nell’ambito dei Piani strategici nazionali per la PAC.

Tali scelte non sono messe in discussione né da parte del Parlamento né da parte del Consiglio dell’UE, ora impegnati nel processo decisionale che riguarda le proposte della Commissione: è interessante, pertanto, comprendere meglio quali siano alcuni elementi costitutivi dell’approccio territoriale integrato e, in tale contesto, dello strumento denominato “sviluppo locale di tipo partecipativo”, che nel prossimo futuro potrà essere utilizzato per attuare una pluralità di politiche europee, interne o esterne ai fondi strutturali (per un esempio cfr Simonato A., «Villaggi intelligenti», in Aggiornamenti Sociali, 11 [2019] 779-780).

Prima di entrare nel merito dello strumento, va ricordato che a livello europeo l’importanza della dimensione territoriale nelle politiche di sviluppo socioeconomico si è progressivamente affermata negli ultimi tre decenni. L’approccio territoriale (o locale) prende le mosse dall’idea che le risorse sociali, economiche, ambientali, culturali e istituzionali che caratterizzano i singoli luoghi non possono essere considerate neutre, ma rivestono un ruolo fondamentale per i processi di crescita, vivibilità e sostenibilità. Sono, inoltre, integrate tra loro e non possono sempre essere comprimibili in “settori”, pur nella consapevolezza che ciascun ambito economico, sociale e ambientale presenta senza dubbio delle peculiarità e richiede specifici strumenti di azione e obiettivi. L’approccio territoriale fa propria una visione multisettoriale e integrata, attenta alle necessità di determinati territori urbani, rurali o costieri, che presentano una certa omogeneità interna, e mira a individuare le risposte più efficaci per le comunità che vi risiedono. Inoltre, presenta una certa flessibilità nel tipo di approcci, che possono anche essere combinati in modo differente, visto che può prevedere un ruolo centrale delle singole comunità coinvolte (bottom up) oppure basarsi su strategie elaborate senza un coinvolgimento attivo e responsabilizzante dei destinatari (top down).

Proprio tra gli approcci bottom up rientra lo strumento di sviluppo locale di tipo partecipativo (LEADER), introdotto a livello europeo a partire dai primi anni ’90, che ha permesso di conseguire risultati positivi tanto che, in vista del nuovo ciclo di programmazione per le politiche di coesione (2021-2027), si è confermata la strategia fin qui seguita, ampliando il novero degli strumenti utilizzabili, per tenere meglio in conto le specificità dei singoli contesti. In questo modo sarà possibile strutturare gli interventi partendo dal territorio di riferimento (un unico Comune o un territorio più ampio), dall’approccio più o meno di tipo partecipativo e dall’ente incaricato di progettare e attuare le azioni o strategie per lo sviluppo (enti pubblici o partenariati pubblico-privati). Per promuovere lo sviluppo sostenibile e integrato delle aree urbane, rurali e costiere si potrà fare ricorso perciò agli Investimenti territoriali integrati (ITI), allo sviluppo locale di tipo partecipativo (CLLD) e a ulteriori strumenti previsti a livello di ogni singolo Stato membro (ad esempio, Accordi di programma quadro per Strategia nazionale per lo sviluppo delle “Aree interne”).

Nello sviluppo locale di tipo partecipativo è cruciale il ruolo del Gruppo di azione locale (GAL), incaricato di programmare e attuare le scelte strategiche per il territorio di riferimento. I GAL sono partenariati pubblico-privato, strutturati in forma associativa o societaria, composti da rappresentanti degli interessi socioeconomici locali pubblici (come i Comuni) e privati (ad esempio associazioni di categoria, istituti di credito cooperativo, enti del terzo settore, ecc.). Tenendo in conto i bisogni e le potenzialità locali, i GAL amministrano nel rispetto delle norme europee le risorse di cui dispongono e hanno il compito di elaborare e attuare una strategia di sviluppo locale multisettoriale e integrata, che comprenda elementi innovativi nel contesto locale e attività di creazione di reti. Nell’attuale programmazione (2014-2020), si contano circa 2.600 GAL attivi in tutta l’UE, di cui 199 nelle aree rurali italiane: l’investimento complessivo dei PSR per Leader è pari a oltre 9.540 milioni di euro, dei quali 1.200 in Italia (cfr Rete Rurale Nazionale, LEADER nei Programmi di Sviluppo Rurale 2014-2020).

Lo sviluppo locale di tipo partecipativo presenta, come ogni strumento, punti di forza e di debolezza, che dipendono da vari fattori: il contesto preso in considerazione, gli attori locali coinvolti, le relazioni multilivello con altre istituzioni. Le strategie elaborate dal basso con il coinvolgimento della comunità possono infatti portare a identificare investimenti strategici per il territorio, che faranno da volano per ulteriori investimenti (pubblici e privati), oppure caratterizzarsi per una logica spartitoria delle risorse tra quanti prendono parte ai processi decisionali; l’animazione del territorio può creare reti e mobilitare le risorse (istituzionali, imprenditoriali, associative…) della comunità, oppure limitarsi a confermare la centralità di élite locali conservatrici; le strategie possono agire su ambiti che davvero intersecano i bisogni profondi della comunità, oppure solo su quelli “cari” ai portatori di interessi coinvolti. Ritroviamo, in altre parole, il rapporto tra autonomia e responsabilità che caratterizza ogni esperienza di gestione del potere, a tutti i livelli di governo. Le istituzioni nazionali e regionali italiane sono attualmente all’opera per elaborare le politiche di coesione 2021-2027, sulla base dei regolamenti in corso di approvazione. I dossier preparatori, che raccolgono la partecipazione di vari portatori di interessi, hanno fatto emergere l’attrattività degli strumenti territoriali. Assumere questa opzione fino in fondo implica una seria riflessione su una domanda fondamentale: di quale sviluppo hanno bisogno le nostre comunità?  

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Leader: uno strumento per lo sviluppo locale

La prima significativa esperienza europea di sviluppo locale di tipo partecipativo è stata LEADER (acronimo dal francese per Liaison entre actions de développement de l’économie rurale, Collegamento tra azioni volte allo sviluppo delle economie rurali), che nasce come “iniziativa comunitaria” dedicata all’economia delle aree rurali. Tra il 1991 e il 2006 si sono svolti tre cicli: Leader I (1991-1993), Leader II (1994-1999) e Leader+ (2000-2006). Nel periodo di programmazione 2007-2013 LEADER è stato inserito nell’ambito dei Programmi di sviluppo rurale (PSR) nazionali e regionali, cofinanziati dal Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale (FEASR). Nella programmazione attualmente in corso (2014-2020), l’utilizzo di tale strumento – la cui denominazione è stata cambiata in CLLD (Community-Led Local Development) – è stato esteso a tutti i fondi strutturali e di investimento europei (FESR, FSE, FEASR, FC e FEAMP), secondo le modalità previste dagli artt. 32-35 del Regolamento n. 1303/2013. Solo nel caso dei PSR, dove è stata conservata la denominazione “Sviluppo locale Leader”, è prevista una dotazione finanziaria obbligatoria: almeno il 5% delle risorse di ogni Programma di sviluppo rurale deve essere dedicato allo sviluppo locale di tipo partecipativo (<https://enrd.ec.europa.eu/leader-clld_it>).

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