Le otto montagne

regia di Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch
Italia, Francia, Belgio 2022, drammatico, 147 min.
Scheda di: 
Fascicolo: marzo 2023
Si può essere amici per sempre, anche quando le vite ci cambiano», cantavano i Pooh in un loro grande successo del 1996. È quanto succede a Bruno e Pietro, i due protagonisti del film Le otto montagne, tratto dal romanzo omonimo di Paolo Cognetti, le cui esistenze sono strettamente intrecciate l’una all’altra, pur nella profonda diversità dei caratteri e degli accadimenti che segnano le loro vite. L’amicizia tra i due inizia durante le vacanze estive di Pietro, torinese, a Grana, paesino della Val d’Ayas, dove Bruno è l’unico ragazzino rimasto nel paese, simbolo dello spopolamento delle zone interne e rurali del nostro territorio. Uniti dall’anagrafe e dal difficile rapporto con i propri padri, i ragazzi cementano negli anni della fanciullezza il loro rapporto, che si interrompe bruscamente quando Bruno è costretto a partire con il padre muratore, mentre Pietro cresce come un adolescente inquieto, appassionato di letteratura, che rifiuta di seguire le orme del padre ingegnere, che lo vorrebbe più concreto e simile a lui, al punto da allontanarsi drasticamente da casa e dalla famiglia fino a quando la morte del padre lo riporta in Val d’Ayas, dove riallaccia l’amicizia con Bruno. Ricevuto in eredità dal padre un rudere in montagna, grazie a Bruno, Pietro riesce a ristrutturarlo e la casa, solida e curata, diventa il simbolo dell’amicizia tra i due, nella quale tornano ad abitare insieme ogni volta che possono. Con l’età si sviluppano anche le diverse personalità dei protagonisti: apparentemente solido e deciso il montanaro Bruno, che non si allontana mai dalla sua valle, mette su famiglia e cerca di avviare un’impresa casearia in alpeggio, ma le difficoltà della crisi da una parte e la sua mancanza di istruzione e di competenze dall’altra lo costringono a rinunciare al sogno. Pietro, che torna in valle ogni volta che può, per trovare se stesso e il suo posto nel mondo arriva fino in Tibet, dove scopre la leggenda delle otto montagne che dà titolo al film, senza mai perdere di vista l’amico Bruno. In questo continuo e reciproco perdersi e ritrovarsi, dare e ricevere, ma soprattutto esserci, si trova il senso profondo del film, che fa della relazione autentica il centro della narrazione, ricordandoci che da soli non siamo in grado di fare nulla. È la parabola dell’esistenza della vita dei due amici, sullo sfondo di un paesaggio montano che visto con gli occhi cittadini di Pietro sembra essere talora un paradiso da favola, ma che in realtà cela le sue asperità, che è Bruno a mettere in luce: una natura difficile, dove nulla è scontato, dove le occasioni per guadagnarsi da vivere sono poche e le opportunità di avere un’istruzione adeguata ancora minori. Un film dove poesia e realismo sono sapientemente coniugati nel mettere in scena il valore salvifico della relazione con l’altro, elemento imprescindibile per la vita di ciascuno.
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