Netflix mette a segno un altro
film che fa pensare. È la storia vera delle sorelle Sarah e Yusra
Mardini, giovani nuotatrici siriane
che, allo scoppio della guerra civile nel loro Paese, nel 2015, fuggono da Damasco alla volta della
Germania per poter continuare a
inseguire il sogno di partecipare ai
Giochi Olimpici di Rio 2016 e nel
contempo salvare l’intera famiglia
dalla guerra incalzante.
La trama del film è semplice, ma
il viaggio che affrontano Sarah e
Yusra per arrivare in Germania è
pieno di pericoli e insidie. La regista
Sally El Hoseini riesce a prendere
per mano lo spettatore e a fargli
compiere il medesimo viaggio della
speranza compiuto dalle protagoniste, con una narrazione pulita che
non indulge nel particolare cruento
o nel compiacimento per la sofferenza, senza però nascondere nulla
dei traumi, delle paure e dei rischi
che le due giovani devono affrontare per sopravvivere e arrivare in
Europa. Il viaggio di Sarah e Yusra
parte dalla Siria, passa per la Turchia chia, dove le due ragazze insieme
ad altri venti compagni pagano la
traversata per raggiungere le coste
dell’isola di Lesbo, in Grecia, su
un rattoppato gommoncino che
si guasta in mezzo al mare, dove
rischiano di affogare. Sarà proprio
l’abilità natatoria delle ragazze,
che affrontano mezza traversata in
acqua per spingere la fragile imbarcazione, a salvare tutti i migranti
e a farli sbarcare sulle coste greche.
Da qui il viaggio continua con altre
drammatiche tappe attraverso la rotta balcanica, fino
all’arrivo in Germania.
Una volta in Europa,
dopo mesi trascorsi
in un centro di accoglienza, Sarah e Yusra
riescono a riprendere
l’attività atletica grazie all’incontro con Sven
Spannekrebs, un allenatore
di nuoto che lavora nella piscina
adiacente al centro e che si rende
conto subito del loro talento, soprattutto della più giovane, Yusra.
Selezionata per partecipare alle
gare di Rio 2016 per la squadra dei
rifugiati, Yusra corona il sogno di
partecipare alle Olimpiadi, ma ancora di più di diventare ambasciatrice delle drammatiche storie di
tutti coloro che si trovano a dover
affrontare un duro viaggio che li
sradica dalla patria per sfuggire a
un destino di povertà e di morte.
Il viaggio geografico delle sorelle
Mardini si accompagna al loro percorso interiore: il film è particolarmente attento a raccontare le relazioni e a mettere in luce come solo
attraverso di esse diventa possibile
salvare l’essenza dell’umano, anche nelle circostanze meno favorevoli.
Il rapporto tra le due sorelle e con
la loro famiglia; il rapporto con i
vari compagni di strada; quello con
l’allenatore e con le persone del
centro di accoglienza, ci portano
all’interno di un viaggio personale
che consente alle due ragazze,
ognuna secondo la sua personalità, di crescere e diventare una
giovane donna protagonista della
propria vita.
Se infatti Yusra incarna lo spirito olimpico, Sarah diventa
invece una paladina di
giustizia e si dedica ad
aiutare tutti i migranti
che come lei sono
sbarcati sull’isola di
Lesbo nel tentativo di
raggiungere l’Europa.
Come ha affermato Yusra in un’intervista
rilasciata in qualità di ambasciatrice dell’UNHCR, «Non c’è da
vergognarsi nell’essere un rifugiato
se ricordiamo chi siamo. Siamo
ancora i medici, gli ingegneri, gli
avvocati, gli insegnanti, gli studenti
che eravamo quando ci trovavamo
nelle nostre case. Siamo ancora
madri e padri, fratelli e sorelle.
Sono state la guerra e le persecuzioni a costringerci ad abbandonare le nostre case per cercare la
pace. Questo vuol dire essere un
rifugiato. Ecco chi sono io. Ecco chi
siamo tutti noi, quella popolazione
senza patria che cresce di giorno in
giorno. Sono una rifugiata e sono
orgogliosa di battermi per la pace,
l’onore e la dignità di tutti coloro
che fuggono dalla violenza. Unitevi
a me. State dalla nostra parte».