A dispetto del suo nome anonimo,
che non lascia presagire
nulla di importante, l’Ufficio 84
svolge un ruolo fondamentale nei
meandri burocratici dell’immaginario
Paese descritto dal fumettista
italoargentino Daniel Cuello nel suo
ultimo graphic novel, Le buone maniere.
A questo ufficio è infatti affidato
dal Partito, che da anni si trova
al potere, il compito di «applicare
un piccolo, piccolissimo… come direre… filtro, ecco. Per impedire che
vengano diffuse notizie false, idee
tendenziose… pericolose!» (p. 44).
Nonostante la scelta ponderata
delle parole usate, la frase rivolta
da Matilde, una delle impiegate
dell’ufficio, a una signora che
chiedeva spiegazioni sul rifiuto
opposto alla pubblicazione di un
suo testo, rivela in modo chiaro
che cosa fa l’Ufficio 84: passare al
vaglio ogni scritto (dai romanzi ai
testi di canzoni, dai libri scolastici
ai giornalini parrocchiali) e censurare
quanto ritenuto inopportuno.
Un dettaglio che rende più chiaro
anche la scelta del nome, che è
un omaggio indiretto al romanzo
1984 di George Orwell. Nel compiere
questo lavoro, gli impiegati
seguono fedelmente le regole
contenute in un fantomatico Vademecum,
che viene aggiornato
al forsennato ritmo di una nuova
edizione ogni settimana, limitando
sempre più gli spazi di libertà su
ciò che si può scrivere, sulle idee
che possono circolare.
Ancora una volta, dopo i suoi
precedenti lavori Residenza Arcadia
e Mercedes, Cuello conduce i lettori
in un mondo distopico per affrontare
temi importanti e attuali, con
il suo solito e apprezzato stile, in
grado di tenere insieme leggerezza
e profondità. La narrazione in questo
caso si concentra negli spazi
ristretti e abbastanza malmessi di
un ufficio, dove lavora un piccolo
gruppo di persone, che per il
modo in cui sono state tratteggiate
potrebbero tranquillamente essere
i personaggi di una riuscita sitcom:
Teo, il capo mite e accomodante,
bloccato dai ricordi di un passato
non felice, Sonia esuberante e un
po’ invadente, il lavativo Sandro, Gianluigi l’arrivista sposato con
Antonietta che occupa un ruolo di
primo piano nel Partito, Matilde
precisa e sempre sulle sue…
Le brevi finestre che si aprono
sulle vite del tutto normali e un po’
grigie di chi lavora nell’Ufficio 84
fanno apparire ancora con più forza
il contrasto con ciò che quotidianamente
svolgono come lavoro,
ossia l’applicazione rigorosa della
censura per conto di chi detiene
il potere, e trasmettono in modo
vivo la sensazione di soffocamento
che questo produce in loro, così
come nell’intera società.
Raccontando quanto accade
nell’Ufficio, Le buone maniere offre
una sorta di meditazione sul controllo
della società esercitato da
un’entità oppressiva e senza volto:
i vertici del Partito, infatti, non sono
mai raffigurati, mentre lo sono gli
uomini e le donne, ambiziosi o
impauriti, che occupano gli anelli
inferiori della catena di potere. Ma
non c’è solo questa dimensione,
perché vi sono anche i resistenti
che da una radio libera trasmessa
da una nave pirata «hanno trovato
il coraggio di dire, scrivere, cose!
Idee piene di speranza, che noi gli
abbiamo sempre… revisionato!»
(p. 138). Sono coloro che sono
scappati dalla “gabbia” delle buone
maniere, imposta dalla società
senz’altro, ma anche dall’autocensura
a cui ci sottoponiamo, un
aspetto importante per Cuello. È
quello che alla fine riuscirà a fare
anche Teo, dopo essersi riconciliato
con la sua storia, e aver compreso
che gli è data la possibilità di agire
per custodire la libertà e lottare per
ciò che gli sembra giusto per sé e
per gli altri.