Si può raccontare in modo attento
e rispettoso il lento trascorrere
del tempo segnato dalla speranza
di riabbracciare un familiare
di cui non si hanno più notizie?
Con questo compito non semplice
si è cimentata Keum Suk Gendry-
Kim, autrice sudcoreana di graphic
novel che ha ormai acquistato una
notorietà internazionale per i suoi
lavori. Attraverso i disegni e i testi
del suo ultimo libro, significativamente
intitolato L’attesa, l’A. racconta
la storia della sua famiglia,
che è un tassello della più ampia
storia del popolo coreano.
Il riferimento imprescindibile è
la firma della tregua nel 1953, che
non segna solo la fine del conflitto
e la divisione della penisola coreana
in due Paesi, ma anche una
sofferta separazione per migliaia
di famiglie. Improvvisamente e per
ragioni diverse, frutto tante volte
anche del caso, alcuni membri dello
stesso nucleo familiare rimasero
nella zona Nord, mentre altri si trovarono
nella zona Sud. Sono trascorsi
ormai settant’anni da questi
eventi, ma le conseguenze sono
ancora presenti e dolorose, perché
da subito i contatti tra nordcoreani
e sudcoreani non sono stati permessi
e l’unico canale possibile per
riabbracciare i propri cari è stato
quello dei ricongiungimenti ufficiali,
organizzati da due Governi. Si
tratta, però, di occasioni sporadiche
e del tutto insufficienti rispetto
alle numerose richieste che sono
presentate.
Questa pagina poco conosciuta
della storia coreana viene raccontata
da Gendry-Kim attraverso la
voce di Giw-Ja, il personaggio ispirato
a sua madre, che a distanza
di anni, quando è ormai anziana,
rievoca le vicende degli anni Cinquanta.
Al centro della narrazione
c’è in particolare il momento in cui,
dopo la fuga dal suo villaggio a
causa del conflitto, perse le tracce
del marito e del figlio, ritrovandosi
sola con la secondogenita al di qua
del nuovo confine tra le due Coree.
Il racconto prosegue descrivendo
la speranza forte nei primi anni
di poter ritrovare i propri cari, la
successiva frustrazione quando
fu chiaro che la frontiera era un
muro invalicabile, la scelta difficile
di sposarsi di nuovo con un uomo
con una storia simile, la cui moglie era rimasta in Corea del Nord, la vita della nuova famiglia, in cui non
si parla molto di quanto è accaduto
e dei familiari che sono lontani.
Con grande maestria, Gendry-
Kim apre una finestra su questi
eventi, sapendo intrecciare alla
perfezione le diverse linee temporali
del racconto. Si spazia, infatti,
dalle vicende del passato a un oggi
in cui dialogano, alle volte in modo
faticoso, una madre che non ha dimenticato
il figlio rimasto in Corea
del Nord e la figlia scrittrice nata
dal secondo matrimonio, che cerca
di ricostruire una storia che la precede
e ne influenza la vita.
La scelta dell’A. è stata quella di
sollevare il velo steso su un tema
complesso, difficile da affrontare
e che, proprio per questo motivo,
rischia di divenire una pagina
rimossa nella memoria collettiva
del popolo coreano. In una recente
intervista, l’A. parla infatti delle
“famiglie divise” nei termini di un
tabù di cui non si parla «non solo
perché è un tema sensibile ma
anche perché tutti portano dentro
di sé questa divisione. Quindi c’è
un trauma che non è solo generazionale
ma è un vero e proprio
trauma sociale» (Nannipieri L.,
L’Attesa, il nuovo graphic novel della
sudcoreana Keum Suk Gendry-Kim,
in <www.radiopopolare.it>). Per
parlare di questo trauma Gendry-
Kim fa appello alla delicatezza, che
traspare non solo nei dialoghi, ma
anche nelle tavole in bianco e nero,
disegnate con estrema cura e pulizia
di tratto e dotate di un grande
forza evocativa, capaci di trasportare
il lettore in un tempo e un luogo
lontano da quello in cui si trova,
permettendogli di confrontarsi
con l’orrore causato dalle guerre,
con i meccanismi di autodifesa che
come singoli e comunità facciamo
scattare di fronte a questi eventi e
facendo cogliere quanto sia preziosa
e terapeutica la possibilità di
dare voce a quanto si è vissuto e a
quanto si prova sia nelle relazioni
familiari sia a livello sociale.