La tutela europea dei consumatori

Fascicolo: maggio 2020

A novembre 2019, il Parlamento europeo e il Consiglio hanno approvato la Direttiva 2019/2161, che rafforza e aggiorna il diritto europeo in materia di tutela dei consumatori. Si tratta di uno degli ultimi provvedimenti adottati in questo ambito, a conferma del rilievo strategico che esso riveste per l’Unione Europea (UE) al fine di migliorare la qualità della vita dei cittadini.

L’impegno delle istituzioni europee per «assicurare un livello elevato di protezione dei consumatori» è sancito dagli atti normativi più rilevanti, come il Trattato sul funzionamento dell’UE (artt. 12, 114 e 169) e la Carta dei diritti fondamentali dell’UE (art. 38), e si è tradotto nell’adozione di un ampio ventaglio di provvedimenti giuridici, che hanno via via armonizzato a livello europeo le relative normative nazionali, fissando uno standard minimo comune e lasciando liberi i singoli Stati membri di mantenere o introdurre misure di protezione più rigorose, purché compatibili con i trattati. Le misure europee si propongono sia di tutelare i consumatori dell’Unione, ovunque essi vivano o facciano acquisti all’interno dell’UE, dai rischi alla loro salute, sicurezza e interessi economici, sia di promuovere il loro diritto all’informazione, all’educazione e all’organizzazione per la salvaguardia dei propri interessi. Si tratta di una legislazione in continua evoluzione: basti pensare alle recenti novità nell’ambito del commercio e della prestazione di servizi a seguito dell’avvento del commercio elettronico, che a maggio 2019 è stato disciplinato dalla Direttiva 2019/771. Questa attenzione prioritaria non si concretizza solo nei provvedimenti direttamente legati alla tutela dei consumatori, ma anche nel tenere in conto i loro interessi quando l’UE legifera in altri ambiti che possono coinvolgerli.

La decisione di intervenire di nuovo sul tema è frutto della verifica sull’efficacia dell’attuale legislazione nel proteggere i consumatori, svolta nel 2016 e nel 2017 dalla Commissione europea nel quadro della piattaforma REFIT (cfr riquadro). I risultati emersi hanno mostrato che le norme sono in genere adatte allo scopo, ma la loro attuazione è compromessa dall’insufficiente conoscenza della normativa e degli strumenti esistenti tra i consumatori e chi offre beni o servizi. Per questo si ricorre meno di quanto sarebbe possibile ai rimedi a disposizione.

REFIT: l’impegno per semplificare la legislazione europea

Dal 2002 l’Unione Europea si è posta l’obiettivo di semplificare, migliorare e rendere più comprensibile la propria legislazione con il programma “Legiferare meglio”. Nel corso degli anni questa iniziativa è cresciuta, sempre con l’intento di verificare che il diritto europeo assicuri i benefici previsti ai cittadini, alle imprese e alla società, eliminando nel contempo la burocrazia e riducendo gli oneri normativi. In questo quadro si inserisce la piattaforma REFIT, istituita nel 2015 dalla Commissione, per valutare l’efficacia della legislazione europea e formulare raccomandazioni sui suggerimenti espressi dai cittadini e dalle parti interessate. La piattaforma è presieduta da Frans Timmermans, primo vicepresidente della Commissione, ed è composta da due gruppi (rappresentanti dei Governi, rappresentanti del mondo imprenditoriale, delle parti sociali e della società civile, del Comitato economico e sociale europeo e del Comitato delle Regioni). Ogni anno la Commissione pubblica online il quadro di valutazione REFIT e, grazie a queste analisi, ha promosso dieci nuove iniziative legislative nel 2019.

Per far fronte alle problematiche emerse, la Direttiva 2019/2161, che deve essere recepita entro il 28 novembre 2021 dagli Stati membri, interviene modificando in parte la legislazione esistente. In particolare, sono modificate le direttive sulle pratiche commerciali sleali (2005/29/CE), sui diritti dei consumatori (2011/83/UE), sulle clausole abusive nei contratti (93/13/CEE) e sull’indicazione dei prezzi (98/6/CE). Gli aspetti su cui il legislatore è intervenuto sono soprattutto tre: le sanzioni previste in caso di infrazioni; i rimedi di cui possono benefeciare i consumatori; la tutela per le transizioni online.

La previsione di sanzioni adeguate è essenziale per scoraggiare le infrazioni e punire in modo debito quelle eventualmente commesse. Al riguardo è stata però registrata una difformità tra i diversi Stati membri, che non sempre garantiscono l’irrogazione di sanzioni pecuniarie effettive, proporzionate e dissuasive nei confronti di quanti commettono infrazioni diffuse o infrazioni aventi una dimensione unionale. Per superare questa situazione, la Direttiva 2019/2161 ha indicato criteri comuni non esaustivi per l’applicazione delle sanzioni da parte delle autorità nazionali competenti, amministrative o giurisdizionali (come, ad esempio, la natura, la gravità, l’entità e la durata dell’infrazione, la sua reiterazione, l’eventuale riparazione proposta al consumatore per il danno subito) e, inoltre, ha previsto che l’importo massimo della sanzione deve essere almeno pari al 4% del fatturato annuo dell’autore dell’infrazione.

L’altro fronte è dato dalla disponibilità di rimedi proporzionati ed effettivi per i consumatori danneggiati da pratiche commerciali sleali, come il risarcimento del danno subito e la riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto. Gli Stati membri possono mantenere o introdurre il diritto ad altri rimedi, come la riparazione o la sostituzione, per garantire ai consumatori danneggiati l’eliminazione totale degli effetti di tali pratiche.

Infine, vi sono le previsioni relative alle transizioni online con l’equiparazione della tutela nei casi di contratti per servizi digitali a pagamento e quelli in cui il consumatore fornisce i propri dati personali, e l’obbligo di una comunicazione chiara e comprensibile per i casi in cui un professionista ha pagato, direttamente o indirettamente, il fornitore di funzionalità di ricerca online per ottenere una classificazione migliore di un prodotto all’interno dei risultati della ricerca.

26 maggio 2020
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