di Piero Loredan SJ e Marius Taloș SJ, JRS Romania
Il conflitto tra la Russia e l’Ucraina ha inevitabili ripercussioni sulla scena politica rumena. Nonostante la frammentazione esistente e le divisioni tra gli schieramenti, vi è stata una risposta comune dinanzi alla minaccia esterna: è unanime la condanna nei confronti dell’attacco russo, così come la vicinanza nei confronti del popolo ucraino. Le iniziative di solidarietà si traducono concretamente nell’invio di beni di prima necessità come alimenti e schede telefoniche o per la difesa personale, come giubbotti antiproiettile, oltre all’accoglienza dei cittadini ucraini che giungono in Romania.
Si tratta di una posizione politica importante, anche perché alcune ferite, rimaste aperte nel corso delle complesse vicissitudini storiche tra Ucraina e Romania, sono passate in secondo piano di fronte all’urgenza della crisi attuale. È il caso, ad esempio, delle politiche nazionalistiche ucraine che si traducono nel mancato rispetto dei diritti delle minoranze etniche rumene che vivono in Ucraina, delle operazioni di sfruttamento del delta del Danubio ai danni del territorio rumeno oppure del contenzioso sull’Isola dei Serpenti, che si trova nel Mar Nero, controllata attualmente dagli ucraini nonostante la decisione della Corte internazionale dell’Aia del 2009.
Le conseguenze del conflitto in Transnistria
Dal punto di vista geopolitico non mancano apprensioni per la Romania. Benché nessuno lo desideri, un possibile coinvolgimento attivo del Paese nel conflitto è un’eventualità da considerare: le autorità rumene al momento stanno discutendo l’adozione di un progetto di legge per arruolare gli uomini di età compresa tra i 18 e i 60 anni in caso di escalation del conflitto.
Una delle preoccupazioni principali è costituita dalla prospettiva inquietante dell’estensione della guerra nei Paesi vicini. In particolare, desta preoccupazione quanto può accadere in Moldavia, ex Stato sovietico geograficamente situato tra Romania e Ucraina, tra i Paesi più poveri d’Europa e possibile obiettivo delle mire espansionistiche del Cremlino. Sono già moltissimi i cittadini moldavi ad aver richiesto la cittadinanza rumena. Ancor prima dell’attuale conflitto in Ucraina, la situazione nel Paese era delicata a causa della tensione che esiste nel territorio della Transnistria, governato da un’amministrazione autonoma, che confina con l’Ucraina ed è abitato da una maggioranza di cittadini russofoni. Pur essendo considerato una parte integrante della Moldavia dal punto di vista del diritto internazionale, la Transnistria è di fatto uno Stato indipendente.
A seguito della richiesta formale da parte della Moldavia di adesione all’Unione Europea (UE), sulla scia della domanda presentata dalla stessa Ucraina e dalla Georgia, i separatisti in Transnistria hanno nuovamente chiesto il riconoscimento dell’indipendenza di questa regione, manifestando una pericolosa vicinanza alla Russia e un evidente antagonismo nei confronti delle autorità moldave e dell’UE. Nonostante si tratti di un procedimento lungo e laborioso, l’ingresso dei tre Stati nell’UE potrebbe destabilizzare ulteriormente la zona.
Proprio dalla Transnistria sarebbero partiti alcuni missili contro l’Ucraina. Quali potrebbero essere le conseguenze di uno spostamento via terra dell’esercito russo per supportare l’imminente assedio di Odessa? La prospettiva potrebbe essere quella di un ripetersi di quanto visto a Kiev1.
I timori per le azioni di guerra
Le notizie che giungono dall’Ucraina hanno risvegliato preoccupazioni da tempo sopite. In particolare, dopo l’attacco del 4 marzo che ha colpito una struttura della centrale nucleare di Zaporizhzhia, la più grande d’Europa, è ritornato drammaticamente attuale l’incubo della minaccia nucleare, molto sentito in Romania per la sua vicinanza geografica e per il ricordo di quanto accaduto a Chernobyl, nel non troppo lontano 1986.
Un altro motivo di preoccupazione è la presenza nel territorio rumeno di due basi militari Nato. La base aerea Mihail Kogălniceanu di Costanza, sulla costa del Mar Nero, è stata di recente visitata dal capo di stato maggiore dell’esercito americano Mark Milley. Secondo quanto affermato dai vertici militari rumeni, i colloqui si sono concentrati sul rafforzamento del fianco orientale del territorio della Nato alla luce del conflitto in Ucraina. In questa direzione, presso la base Kogălniceanu, la Romania ha recentemente accolto mille soldati statunitensi, cinquecento soldati francesi e se ne attendono trecento belgi. In aggiunta, a Deveselu, una ex base dell’Unione Sovietica a circa 180 chilometri da Bucarest messa a disposizione dalla Romania a Usa e Nato a scopo meramente difensivo, è operativo da alcuni anni lo scudo antimissile voluto da Stati Uniti e Nato.
Prospettive economiche
Vista l’evoluzione attuale del conflitto nessuno crede più in una guerra lampo: ci si aspetta un notevole incremento del flusso dei profughi in Romania e in Europa e la situazione complessiva potrebbe aggravarsi con il deteriorarsi dello scenario economico, con conseguenze notevoli soprattutto sul fronte degli aiuti per l’accoglienza dei rifugiati.
A livello economico, si prevede che l’inflazione in Romania potrebbe raggiungere il 9,4% a fine anno, con un picco del 10,6% ad aprile. Una nota positiva per l’economia del Paese è il limitato scambio commerciale con la Russia: solo l’1,4% delle esportazioni della Romania sono verso la Federazione Russa, mentre le importazioni rappresentano solo il 3,2%, e nella maggior parte riguardano il settore energetico. Di conseguenza la crisi russo-ucraina potrebbe influenzare l’economia rumena soprattutto attraverso i prezzi del carburante e dell’energia, il cui impatto si ripercuote soprattutto nel costo delle merci sugli scaffali dei negozi.
Foto: Romanichthys Valsanicola, ritaglio, CC BY-SA 4.0. Punto informazioni e coordinamento attivo 24 ore su 24 presso la stazione dei treni di Bucarest, dedicato all'accoglienza e al supporto dei rifugiati ucraini.