La questione gender
Una sfida antropologica
Aristide Fumagalli
Queriniana, Brescia 2015, pp. 108, € 9
Il 10 novembre scorso il dizionario d’inglese digitale più importante al mondo ha introdotto la parola Mx. Composta da M (come nei tradizionali Mr. o Mrs.) e da x (simbolo usato per indicare qualosa di sconosciuto), Mx è il titolo da premettere al cognome di una persona senza indicarne il genere. Negli USA Facebook permette di scegliere il proprio genere tra 56 diverse opzioni. In Italia alcuni Comuni hanno sostituito le parole padre e madre con genitore 1 e genitore 2. Questi sono alcuni esempi dell’impatto che le teorie del gender stanno avendo sulla società. La grande attenzione mediatica sul tema non aiuta però a comprendere di che cosa si tratti e quale sia la posta in gioco, andando oltre gli slogan, comodi e riduttivi. Per addentrarsi in modo consapevole nella nebulosa del gender, caratterizzata da «confusione semantica e indeterminatezza concettuale» (p. 10), Aristide Fumagalli, teologo morale, offre una guida preziosa per la sua chiarezza.
Innanzi tutto non esiste una teoria del gender, ma diverse impostazioni succedutesi a partire dal primo femminismo degli anni ’50, che rivendicava la parità tra donne e uomini, fino alle posizioni recenti di individualizzazione del gender, visto come «un progetto, una traiettoria data dalla congiunzione di molteplici scelte che l’individuo opera» (p. 34). Il tratto comune alle diverse formulazioni è dato dalla distinzione tra sesso biologico (sex) e identità sessuale (gender) e dalla preminenza della dimensione socioculturale su quella psicofisica: «la definizione dell’identità di genere non è più agganciata al sesso biologico, maschile o femminile, ma ad altri riferimenti» (p. 35).
Questa prospettiva – sparigliando la concezione consueta di famiglia («legame di due legami: il legame di due generi, tra uomo e donna, e il legame di due generazioni», p. 36) – costituisce una vera sfida antropologica. Stimola, infatti, a pensare «una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare il potere dell’uno sull’altra» (p. 7) e solleva interrogativi sulla famiglia, la generazione e la genitorialità.
A partire dal magistero e dal dibattito interno alla Chiesa, l’A. avanza la proposta di un’antropologia relazionale, controcorrente rispetto alla «tendenza disgregativa» della cultura sessuale contemporanea, promuovendo «l’integrazione delle dimensioni costitutive dell’essere umano, vale a dire la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e, last but not least, la libertà personale» (pp. 78-79). Di fondo vi è la convinzione che non si possa pervenire a definire la propria identità sessuale se non nella relazione originaria tra uomo e donna e nella loro differenziale specificità.
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