La gestione della globalizzazione

Lo scorso 10 maggio la Commissione europea ha pubblicato un documento per aprire il confronto su come l’Unione Europea (UE) può gestire la globalizzazione, prospettando le sfide future e interrogandosi sulla possibilità di orientare i cambiamenti in funzione dei valori e degli interessi ritenuti irrinunciabili per i cittadini europei. In poche pagine il documento si chiede se la globalizzazione sia un percorso da approfondire o da abbandonare; quali valori e fini vadano perseguiti; quali strumenti attivare (cfr <https://ec.europa.eu/commission/publications/reflection-paper-harnessing-globalisation_it>). Scelte da compiere in base alla fotografia dei processi in atto e di alcune ipotesi di scenari futuri. Nel 2025 si potrà avere un ordine mondiale multipolare con potenze politiche, tecnologiche, economiche e militari diverse; allo stesso tempo, le nuove tecnologie rivoluzioneranno il nostro modo di produrre, lavorare, spostarci e consumare.

Il documento richiama alcuni elementi costitutivi delle comunità politiche europee: la UE vanta le società più egualitarie e inclusive al mondo, riconosce e tutela diritti su questioni quali la dignità umana, le condizioni di lavoro, la sicurezza alimentare, la pubblica sanità, la tutela dell’ambiente, lo sviluppo sostenibile. Alla luce di questo patrimonio comune, per molti cittadini e studiosi la globalizzazione è sinonimo di perdite di posti di lavoro, progressiva scomparsa delle tradizioni e delle identità, ingiustizia sociale e diritti non riconosciuti in materia di ambiente, sanità e tutela della vita privata.

Sulla base di alcuni dati e considerazioni macroeconomiche, la Commissione propone una terza via tra l’autoregolazione dei mercati, con le attuali regole, e il protezionismo: due percorsi che, alla luce di vari fattori, vengono considerati incapaci di realizzare un vero sviluppo nel medio e lungo periodo. Nell’intraprendere questa terza via l’obiettivo dichiarato è quello di individuare le modalità per conciliare i mezzi della globalizzazione, ritenuta come un’opportunità, con alcuni fini specifici: la maggiore protezione dei diritti e l’aumento del benessere delle persone. In questo modo la UE può svolgere un ruolo guida a livello internazionale, nell’attuare i propri valori e nell’individuare gli strumenti istituzionali e cooperativi necessari a sostenere la capacità delle istituzioni europee e nazionali di conseguire gli obiettivi legittimi di politica pubblica, senza rinunciare alle proprie conquiste costituzionali in tema di cittadinanza democratica e solidale e di sostenibilità.

Uno dei primi esempi in questa direzione è lo Strumento interpretativo comune sull’accordo economico e commerciale globale (CETA) tra il Canada e la UE e i suoi Stati membri (<http://data.consilium.europa.eu/doc/document/ST-13541-2016-INIT/it/pdf>). È possibile approfondire tale accordo, che è stato approvato il 15 febbraio dal Parlamento europeo e che ora è oggetto di discussione e ratifica nei Parlamenti degli Stati membri, per verificare quale modello di sviluppo e di tutela è proposto, al fine di rigettarlo, consolidarlo, modificarlo. Procedere a riguardo della globalizzazione in questo modo richiede una stretta collaborazione tra i vari livelli di governo – europeo, nazionale, regionale e locale – secondo il principio della governance multilivello.

Come cittadini europei siamo i principali destinatari di tali scelte. È importante attivarsi usando i canali esistenti per approfondire e portare i propri contributi alle istituzioni politiche: se la prospettiva dichiarata è quella di gestire la globalizzazione e di anticipare gli scenari futuri al fine di rimettere al centro le persone, a partire dai più vulnerabili, è fondamentale verificare se la direzione e gli strumenti proposti siano effettivamente indirizzati a superare un modello di sviluppo che emargina e produce scarti, in cui le ragioni del mercato spesso prevalgono sulle istituzioni e sui diritti individuali e collettivi.

Il Libro bianco sul futuro dell’Unione Europea

In seguito al referendum del Regno Unito per il recesso volontario e unilaterale dalla UE (art. 50 TUE, cosiddetta Brexit) la Commissione europea ha ritenuto di rilanciare con vigore un confronto diffuso e a 360 gradi sulla UE, prendendo atto dell’affievolirsi di una visione comune sul futuro, a cui si accompagna la consapevolezza del fatto che molti cittadini europei avvertono l’Unione come distante e priva di un significativo valore aggiunto per le proprie vite quotidiane, oppure al contrario come troppo invasiva. Ciò avviene anche per una insufficiente chiarezza sul complesso delle politiche della UE e relativi risultati, così come sul riparto di responsabilità, meriti e colpe, tra istituzioni europee e Stati membri e relative scelte politiche e amministrative.

Il 1° marzo la Commissione ha dato il via a tale dibattito presentando un Libro bianco sul futuro dell’Europa che delinea cinque differenti scenari per l’evoluzione della UE: “avanti così”, “solo il mercato unico”, “chi vuole di più fa di più”, “fare meno in modo più efficiente”, “fare molto di più insieme”. L’Unione monetaria, che riguarda solo alcuni degli Stati membri della UE, è oggetto di un successivo documento specifico (<https://ec.europa.eu/commission/publications/reflection-paper-deepening-economic-and-monetary-union_en>). Al Libro bianco ha fatto seguito anche la proposta di un insieme di documenti relativi al Pilastro europeo dei diritti sociali.

La discussione di questi scenari è oggi una delle priorità dei lavori della UE. Ogni istituzione vi contribuisce portandovi le proprie visioni e la rappresentanza dei distinti interessi che ha il compito di proteggere e promuovere: quello generale della UE, affidato alla Commissione (art. 17 TUE); l’interesse dei singoli Stati membri, tutelato dagli esecutivi nazionali nel Consiglio della UE (art. 16 TUE); l’interesse dei cittadini, che trova una rappresentanza nel Parlamento europeo (art. 14 TUE) e nelle forme di democrazia diretta; l’interesse delle collettività regionali e locali nel Comitato delle Regioni (art. 13 TUE). Per stimolare la discussione la Commissione europea organizzerà, insieme al Parlamento europeo e agli Stati membri interessati, una serie di incontri che avranno luogo nelle città e nelle regioni.


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